«Voterò e sto facendo campagna per Pedro Sánchez: solo lui può garantire stabilità a noi migranti. Con Vox, le cose si possono mettere molto male come in Andalusia». Paloma arrivò 12 anni fa dalla Repubblica Dominicana per fare la babysitter, con tanto di contratto, poi cancellato dalla crisi. Da 8 anni ha la nazionalità spagnola, ma non si è mai sentita tanto inquieta. «L’altro giorno, un tipo sul bus ha cominciato a insultare gli immigrati, gli ho chiesto se sapesse che anche noi votiamo», ricorda mentre è in coda alle poste di Vallejas, ex cintura operaia di Madrid, per la consultazione rogada, per corrispondenza, ammessa fino a ieri.
In Spagna risiedono 6,2 milioni di stranieri, dei quali oltre 2 milioni con nazionalità spagnola, nati all’estero, per oltre la metà in Paesi dell’America Latina. Sono fra i 34,8 milioni di elettori chiamati alle urne domani, per la terza volta in tre anni. La recente comparsa del neo-franchista Vox, stampella del governo dei Popolari e del liberale Ciudadanos nello storico feudo socialista, agita il sonno. E invita al voto utile in uno scenario mai così incerto e frammentario. Se le proiezioni saranno confermate, né l’alleanza fra il Psoe e la sinistra radicale di Podemos, né una coalizione fra Partido Popular, Ciudadanos con Vox supererebbe i 176 seggi della maggioranza assoluta. I sondaggi – fermi a lunedì – che danno la vittoria ai socialisti (29,2 per cento), di lunghezza sul Pp (20,1, per cento) davanti a Ciudadanos (15,5 per cento) e Podemos, (13,6 per cento) con l’affermazione di Vox (10,7 per cento), sono superati dagli ultimi rilevamenti interni.
Un risultato del partito di Santiago Abascal in linea con le previsioni di circa 29 seggi nel Parlamento di 350, consentirebbe a Pedro Sánchez di restare al potere, con il supporto degli alleati di sinistra e i partiti nazionalisti baschi e catalani, che a giugno votarono la sfiducia a Rajoy per affondare dieci mesi dopo la legge di bilancio. Ma un exploit di Vox spianerebbe la strada a una riedizione della coalizione andalusa con il Pp e Ciudadanos, portando alla Moncloa il 38enne erede di Aznar, Pablo Casado, seppure col peggiore risultato della storia dei Popolari.
È il motivo dell’allarme lanciato dal premier uscente per mobilitare il voto progressista: «È reale la minaccia che la destra sommi con l’ultradestra», ha ammonito in chiusura di campagna. Sánchez, inoltre, ha aperto la porta all’ingresso di Podemos, il partito del leader col codino, Pablo Iglesias, nel futuro esecutivo. Ma è cosciente del rischio di restare ostaggio dei separatisti catalani, anche se il candidato di Esquerra Republicana in carcere, Oriol Junqueras, ha assicurato che non favorirà «né per attivo né per passivo un governo delle destre». «Non ci si può fidare», assicura il leader socialista. «Sono prigionieri di un labirinto creato sulle menzogne. Non possiamo affidare la stabilità del Paese agli indipendentisti», ha rincarato la dose. Per cui, non preclude un dialogo con Ciudadanos, se dovesse coagularsi una maggioranza socialdemocratica e liberale, nonostante il «cordone sanitario» imposto da Rivera.
Nel rush finale sembra inarrestabile l’ascesa del partito di Abascal (Vox), il 42enne basco con la pistola, che rivendica ai suoi il coraggio di urlare quello che molti spagnoli temono di dire ad alta voce su nazionalismo, immigrazione o femminismo. Le associazioni di migranti sono mobilitate per frenarne l’auge. «Facciamo appello a votare partiti che difendono la democrazia e i diritti umani nella Costituzione», dice Vladimir Pascual, presidente dell’Asociación rumiñal.
In realtà, l’immigrazione è stata solo sfiorata nei comizi contro «la dittatura progre», progressista, coi quali il partito postfranchista ha conquistato i feudi mediterranei del Pp a Valencia, Murcia, Palma di Maiorca o Alicante. «Non è lo stesso un immigrante proveniente da un Paese fratello ispanoamericano con stesse cultura e lingua e una stessa cosmo visione che l’immigrazione proveniente dai Paesi islamici», ragionava Abascal in Gran Canaria, ammiccando al voto latino. Per poi ribadire che innalzerà «i muri a Ceuta e Melilla». E il messaggio è passato. «Orden y mando» si sono imposti anche nel giro a destra di Pp e Ciudadanos, che agitano lo spettro dell’aumento del 197 per cento degli sbarchi di illegali in un anno. Oltre che nella propaganda contro i «traditori i quali hanno venduto il Paese ai golpisti» martellata su Facebook contro i socialisti, colpevoli di lasciare aperto uno spiraglio al dialogo con i catalani, nei limiti della Costituzione. Il commissariamento della Catalogna è il primo atto promesso da Vox, Pp e Ciudadanos.
«Abbiamo già vinto, perché grazie a noi tutti i partiti voteranno per la continuità storica della nazione spagnola», celebrava Abascal a Valencia, davanti a 4mila persone nel Museo delle Scienze- «Io ero un’elettrice del Pp e ora voterò Vox per i valori», assicura Amparo, 44 anni. «Sono pro-vita, cattolica e difendo la famiglia e mi sento difesa da Abascal, che vuole l’ergastolo per chi uccide le donne». Amparo, come Maite, 22 anni, o Rocío, vuole l’abolizione delle leggi sulla violenza di genere e sull’aborto, come sostenuto da Rocío Monasterio, la coriacea candidata alla presidenza di Madrid, che dal palco scandisce: «È incoerente parlare di natalità se non revochiamo una normativa che impedisce a 100mila bimbi l’anno di nascere. Non vogliamo l’utero in affitto, come dice Rivera. Non vogliamo il burka ideologico femminista, ci difendiamo da sole».
La replica, nel gremito comizio di chiusura ieri sera nella madrilegna Plaza Colón, al grido di «Arriba España» e sulle note dell’inno dei legionari franchisti “El novio de la muerte”. Mentre Casado ha dovuto riparare nel più contenuto Palasport in Goya. Ma non prima di aver steso il tappeto rosso ai contendenti: «Vox o Ciudadanos, con 10 o 40 seggi avranno l’influenza che vorranno per entrare nel governo o decidere investitura o legislatura. Il mio progetto può essere sottoscritto dalla Spagna dei balconi», ha giurato.