L'arrivo di un missile russo su Kiev - Reuters
Ci sono almeno tre aziende italiane dietro i caccia russi che bombardano l’Ucraina. I loro nomi compaiono nella lista delle 244 società di ventidue Paesi occidentali che hanno permesso a Mosca di costruire i loro velivoli da combattimento. È quanto emerge dai dossier di Nako, sigla che sta per “Commissione indipendente anticorruzione”. L’organizzazione ucraina sta passando al setaccio dall’inizio del conflitto i rottami bellici targati Cremlino per «mostrare come la Russia aggiri le sanzioni varate nei suoi confronti in questi oltre mille giorni di guerra», spiega Viktoriia Vyshnivska, ricercatrice della Ong nata come argine alle storture nella rete della sicurezza nazionale e riconvertita in censore delle coperture internazionali di cui gode l’apparato bellico di Mosca. Le tre ditte della Penisola, che sono state scoperte attraverso i codici numerici lasciati sui materiali di sei aerei bombardieri abbattuti da Kiev, hanno fornito «macchine per il ciclo di produzione dei jet e dei missili», sostiene l’esperta. E subito aggiunge: «Molto probabilmente le apparecchiature sono arrivate prima dell’invasione. Ma occorre capire se sia stato autorizzato o meno l’aggiornamento dei software per continuare a usarle: se sì, sarebbe un esempio di elusione delle restrizioni», chiarisce Viktoriia. Secondo le indagini della Ong, una delle imprese italiane ha collaborato con “Signal”, colosso russo dell’elettronica militare a servizio dell’aviazione di Putin che è stato messo al bando da Usa, Unione Europea, Giappone.
La polizia ucraina mentre porta via i resti di un missile russo caduto a Kiev - Ansa
Negli attacchi del Cremlino l’apporto occidentale è fondamentale, ha certificato Nako. Perché «l’industria militare russa non dispone di una tecnologia così avanzata, a cominciare dalla microelettronica», avverte la studiosa. In vetta alla tabella dei Paesi che producono la gran parte degli elementi usati da Mosca, ci sono gli Stati Uniti, il Giappone, la Svizzera e l’Olanda. Una graduatoria valida anche per i missili balistici nordcoreani che Putin fa partire verso l’Ucraina (adesso sono uno ogni tre) e che Pyongyang fabbrica con materiale dell’Occidente “nemico”.
I componenti elettronici occidentali trovati nei missili nordcoreani lanciati dai russi in Ucraina - Nako
Circuiti integrati, schede, alimentatori trovati nei razzi che hanno una matrice legata agli alleati di Kiev. «Quelli di aziende statunitensi, però, possono essere realizzati anche negli stabilimenti asiatici dislocati fra Cina, Thailandia o Malesia». E in molti casi sono recentissimi: del 2022 o del 2023. «Il che testimonia la rapidità di fabbricazione della Corea del Nord e la sua velocità di consegna. Il Paese di Kim Jong-Un è sotto sanzioni da anni ma dispone di chip che hanno pochi mesi di vita e sono giunti dall’estero - afferma la ricercatrice -. Invece i missili russi fanno spesso parte dell’arsenale sovietico che è stato modernizzato con l’aggressione del nostro Paese: ne è la prova la tipologia del missile più usato in Ucraina che risale ai tempi dell’Urss. Tuttavia non è un mistero che siano allo studio nuove armi o nuovi aggiornamenti».
La polizia ucraina mentre raccoglie i resti di un missile russo caduto a Kiev - Ansa
La Cina è il grande “connettore” che consente al Cremlino di aggirare i blocchi internazionali. «Abbiamo avuto accesso a dati doganali che confermano il passaggio di componentistica occidentale dalla Cina alla Russia. È presumibile che sia lo stesso canale impiegato dalla Corea del Nord», dice l’esperta. Ecco perché l’organizzazione chiede alle aziende di Ue e Nord America di «ampliare i meccanismi per la verifica degli utenti finali». Proposta non facile da recepire. Come dimostra il fatto che la microelettronica sbarca a Mosca anche con le valigie. «Negli Usa sono stati fermati cittadini russi che avevano bagagli pieni di materiale industriale elettronico. Lo stesso accade lungo le frontiere con l’Europa che vengono attraversate da persone con passaporto russo» che svolgono il ruolo di importatori clandestini.
Il frammento di un missile russo nelle mani di un investigatore ucraino - ANSA
Viktoriia parla di «un’asse del male» che fa leva anche sulla «tecnologia di qualità». Un patto di mutuo aiuto che comprende l’Iran da cui provengono i droni kamikaze “Shahed” che terrorizzano e distruggono l’Ucraina. «Nonostante l’embargo in vigore da quarant’anni, l’Iran riesce a produrli senza problemi. E i motori sono austriaci», sottolinea la studiosa. Per Vladyslav Vlasiuk, commissario presidenziale alla politica delle sanzioni, Russia, Corea del Nord e Iran non si scambiano solo armi ma anche conoscenze. Una cooperazione scientifica che, ad esempio, ha consentito a Pyongyang di migliorare la precisione dei suoi missili attraverso i dispositivi istallati dai russi sui loro razzi rigenerati. Nako riferisce che nei quasi tre anni di guerra le forniture hi-tech occidentali alla Russia non sono diminuite. Anzi, «diverse imprese hanno persino visto crescere le loro vendite». I rapporti della Ong hanno scosso alcune nazioni: è il caso dei Paesi Bassi che, dopo aver saputo di proprie società prestate alla produzione di missili nordcoreani, hanno convocato a gennaio in Parlamento i ricercatori ucraini per riferire sulle loro inchieste.