Oggi, dopo 52 anni di guerra, è il primo giorno di pace per la Colombia. Il via libera della Camera all’accordo tra governo e Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) ha messo fine, dopo un sofferto tira e molla, a oltre mezzo secolo di conflitto. L’intesa è passata con 130 voti a favore e nessuno contrario: gli oppositori, guidati dall’ex presidente Álvaro Uribe, hanno disertato la seduta, in segno di protesta. Una mossa simbolica ma di scarso effetto pratico: il partito del leader Juan Manuel Santos ha la maggioranza assoluta. Il Parlamento ha, così, colmato il vuoto aperto dal referendum del 2 ottobre, in cui i cittadini hanno bocciato, per un pugno di 50mila schede, il primo accordo.
L'incertezza post-referendum
Le parti non si sono, però, arrese. Sono tornate al tavolo negoziale, all’Avana, per “correggere” alcuni dei punti più contestati del patto. In particolare, pur fermo restando l’impiego della giustizia ripartiva per i responsabili di crimini di guerra, sono state rese più stringenti le restrizioni della libertà per i condannati. Questi ultimi, inoltre, sono obbligati a dichiarare i loro beni per provvedere ai risarcimenti delle vittime. In pratica, il nuovo testo ha incluso 56 delle 57 obiezioni avanzate dai promotori del no all’intesa al referendum. Eppure, questi hanno l’hanno ugualmente respinto. La loro intransigenza non è, però, riuscita a frenare il processo di pace cominciato quasi quattro anni fa. Anche grazie al forte sostegno della comunità internazionale.
In tempo per il Nobel
Cinque giorni dopo la “batosta” del referendum, il comitato di Oslo ha assegnato al presidente Santos il Nobel per la Pace. Alla consegna, il prossimo 10 dicembre, il leader potrà presentare un iter di approvazione finalmente concluso. E l’inizio del lungo percorso di implementazione. Il primo passo, la smobilitazione e il disarmo delle Farc, si svolgerà nei prossimi 180 giorni.