Il caso di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia, è “un caso troppo sensibile e di alto profilo: l’amministrazione dell’Alta Corte di Lahore – dove dovrebbe iniziare il processo di appello – ha ricevuto “ordini superiori di non calendarizzarne le udienze per il momento e non si sa per quanto altro tempo”. E’ quanto comunica all’Agenzia Fides l’avvocato
Sardar Mushtaq Gill, che negli ultimi giorni è stato in stretto contatto con l’amministrazione del tribunale, affiancato dall’altro avvocato S.K. Choudhry, il legale che ha firmato il ricorso presentato alla corte d’appello nel novembre 2010. Ecco spiegati, dunque, i continui rinvii della prima udienza dell’appello, l’ultimo dei quali avvenuto il 27 maggio, quando l’udienza, fissata in precedenza, è sparita improvvisamente dalla lista dei casi in discussione.
Come riferito a Fides, gli avvocati stanno cercando una via legale per sbloccare il caso e stanno esaminando la possibilità di chiedere un chiarimento ufficiale al Presidente dell’Alta Corte, per garantire che sia fatta giustizia alla donna. Una strada percorribile, riferiscono a Fides, è quella di appellarsi all’art. 561/del Codice di procedura penale, che conferisce “poteri speciali” a una Corte, per impedire o correggere abusi ed evidenti ingiustizie commesse da altri tribunali. In tal caso si può chiedere che sia fissata un’udienza del processo prima delle vacanze estive. Un’altra possibilità è, invece, l’applicazione dell’art. 426 del Codice di Procedura penale, chiedendo la sospensione della pena, in attesa dell’inizio dell’appello, e il rilascio della ricorrente su cauzione. “Faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità perché ad Asia sia assicurata la giustizia”, afferma una nota dei due avvocati inviata a Fides.