venerdì 6 maggio 2016
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«Agli esponenti del governo venezuelano chiedo di uscire dalle stanze del Palazzo e andare in strada. Per ascoltare il dolore della gente e vedere con i propri occhi che disastro è il Paese. A tutte le forze politiche, poi, dico di ascoltare la voce della Chiesa e di trovare una forma di dialogo prima che sia troppo tardi e scoppi il caos». Questo l’appello di Leopoldo López Gil, padre del detenuto più “famoso” dell’era Maduro. Il figlio, anche lui Leopoldo, sta scontando 14 anni nel carcere di Ramo Verde, con l’accusa di aver istigato le proteste del febbraio 2014, in cui morirono 43 persone. López Gil è arrivato ieri a Mi- lano, seconda tappa italiana del suo un tour europeo per sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma del Venezuela. Merco-ledì, a Roma, è stato ricevuto da papa Francesco e, poco dopo, ha incontrato il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. «Il Pontefice sta seguendo con grande attenzione la situazione del Paese – racconta il padre dell’oppositore ad Avvenire –. Gli ho potuto chiedere la benedizione per me, per la mia famiglia, mio figlio, tutti i dissidenti detenuti e l’intera nazione. Ha promesso di pregare per noi. Siamo preoccupati soprattutto per tre studenti, incarcerati da oltre un anno in attesa di giudizio e tenuti in pessime condizioni. Li hanno messi in un braccio sotterraneo che noi chiamiamo “la tomba”...». Secondo López Gil la disponibilità della Chiesa a offrirsi come mediatrice tra chavisti e anti-bolivariani rappresenta un’opportunità concreta per sbloccare la politica del «muro contro muro». «Perché non è un partito politico e ha un’autorità morale incontestabile fra le parti. Non so, però, se il presidente Nicolás Maduro sia davvero disposto al dialogo. Non ci resta che confidare nel buon senso di una parte degli uomini del suo schieramento». Finora, tuttavia, l’esecutivo resta arroccato nelle sue posizioni. Anzi, sembra addirittura aver fatto marcia indietro. Il capo dello Stato, nei giorni scorsi, aveva aperto uno spiraglio sull’ipotesi del referendum per la sua destituzione. Ieri, però, il vicepresidente, Aristóbolo Isturiz, e il numero due del chavismo, Diosdado Cabello, hanno affermato che la consultazione sarebbe di fatto «impossibile». «Non ci sono i tempi e le modalità – hanno ribadito –. E l’opposizione lo sa. Sta solo truffando la gente». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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