giovedì 12 maggio 2016
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Raffica di esplosioni nei quartieri sciiti Il Daesh rivendica, oltre 80 le vittime Tornano le autobomba e gli attentati a raffica Baghdad in una giornata che lascia sul terreno più di 80 vittime. In mattinata a Sadr city, il sobborgo sciita della capitale, sono state 64 le vittime, e almeno 87 i feriti in un attacco rivendicato dal Daesh. L’attentato è stato sferrato con un’autobomba in un mercato nella zona a maggioranza sciita di Sadr City a Baghdad. In un comunicato di rivendicazione, circolato sui social media, gli uomini del Califfato affermano di aver utilizzato un’auto con l’esplosivo per colpire una riunione di miliziani sciiti in corso nella stessa Sadr City. Il bilancio potrebbe aggravarsi perché molti feriti sono in condizioni definite «disperate». Ad entrare in azione, secondo la ricostruzione di al-Jazeera, è stato un kamikaze identificato con il nome di battaglia di Abu Suleiman al-Ansari. In tutta la città sono stati intensificati i controlli per verificare la presenza di altri ordigni esplosivi. Altre due autobomba sono esplose nel primo pomeriggio sempre nella capitale uccidendo almeno 22 persone. Una delle due nuove esplosioni è avvenuta all’entrata del quartiere di Kadhimiya, anch’esso sciita, con un bilancio di 18 morti, tra cui tre poliziotti, e 33 feriti. L’altra in un distretto a maggioranza sunnita nell’ovest della capitale, con un bilancio di 7 morti e 20 feriti. Nelle ultime due settimane il Daesh ha rivendicato la responsabilità di due attentati contro la comunità sciita a Baghdad. Il 30 aprile un’esplosione ha devastato un mercato in zona sciita a Nahrawan, vicino a Baghdad, uccidendo almeno 23 persone e ferendone 38. Due giorni dopo un’autobomba ha colpito pellegrini sciiti nell’anniversario della morte dell’imam Musa Kadhim uccidendo 18 persone. Sono 70 le persone uccise in un duplice attentato rivendicato dal Daesh a Sadr City a febbraio. La tensione a Baghdad è ora altissima anche per la debolezza del premier sciita Haider al-Abadi, alle prese con riforme ed un difficile rimpasto del governo, in cui deve garantire il rispetto delle diverse anime in cui è suddivisa la popolazione irachena. La crisi paralizza da settimane la vita istituzionale del governo e del parlamento con inevitabili ripercussioni sulla capacità delle autorità di far fronte alle emergenze umanitarie e di sostegno allo sviluppo della società civile che resiste alle violenze. Il portavoce del governo iracheno, Saad al-Hadithi, in un intervento trasmesso dalla tv di Stato, ha però affermato che la campagna militare dell’esercito iracheno, sostenuto dalla coalizione internazionale a guida Usa, ha permesso la riconquista di circa due terzi del territorio che era finito nel 2014 nelle mani del Califfato islamico. «La presenza di Daesh nelle città e nelle province irachene è diminuita. Dopo aver occupato il 40% del territorio iracheno, ora gli resta solo il 14%», ha dichiarato al-Hadithi. Dall’inizio dell’offensiva contro il Califfato, l’esercito iracheno, con il supporto anche dei peshmerga curdi, delle milizie sciite e delle tribù sunnite, ha riconquistato diverse città, tra cui Ramadi, Tikrit e Beiji. Gli uomini del Califfato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi controllano Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq. © RIPRODUZIONE RISERVATA NELLA CAPITALE. I resti di un’autobomba esplosa a Sadr City (Ansa/Ap)
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