giovedì 10 aprile 2025
La garante per l’infanzia Marina Terragni spiega in Commissione Giustizia del Senato la sua contrarietà al ddl 832. Ma il giurista Maglietta replica: critiche ingiuste, la proposta dice cose diverse.
“Perché dico no a questa riforma dell’affido condiviso”

Lev Dolgachov - Icp online

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“Nel disegno di legge sull’affido condiviso pare registrarsi un arretramento rispetto a un’attenta valutazione dei diritti dei bambini, con il rischio che prevalga una prospettiva di tipo adultocentrico”. È l’opinione di Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ascoltata ieri mattina in audizione dalla Commissione giustizia del Senato a proposito del contestato ddl 832 di cui abbiamo già scritto nei giorni scorsi (vedi qui), il disegno di legge, primo firmatario Alberto Balboni (FdI), che punta a riformare la legge 54 del 2006 sull’affido condiviso.

La proposta all’esame del Parlamento elimina il concetto di “residenza abituale” e prevede l’obbligo che il bambino viva in due domicili: alternativamente in quello del padre e in quello della madre e con identici tempi permanenza. Questa soluzione, secondo Terragni, nega il diritto del minorenne di godere della casa come centro degli affetti e delle consuetudini. “A maggior ragione ciò è impensabile per i bambini più piccoli: oltre che per l’allattamento, la bigenitorialità non può essere intesa come ‘paritarismo’ che occulta la differenza tra il ruolo materno e quello del padre”.

Quanto alla sostituzione dell’attuale assegno di mantenimento con il mantenimento diretto da parte del padre e della madre, questo potrebbe provocare – secondo Terragni – differenti tenori di vita del figlio a seconda del genitore con il quale si trova in quel momento. “Questa oggettiva disparità, quasi sempre a svantaggio della madre potrebbe comportare anche il rischio in prospettiva che diventi sempre più rara la disponibilità alla maternità”.

In caso di disaccordo tra i genitori, il ddl inoltre introduce l’obbligo di ricorrere alla mediazione familiare prima di procedere in tribunale. Sul punto Marina Terragni – che ha anticipato l’imminente pubblicazione di uno studio sul tema – ha affermato che perché possa funzionare servono almeno due requisiti essenziali: l’assoluta volontarietà del percorso e la certezza che non vi sia un pregresso di violenza.

In conclusione, Terragni ha fatto riferimento alla norma del ddl con la quale si prevede che il giudice “per gravi motivi” possa disporre il collocamento dei figli presso una terza persona o, nell’impossibilità di farlo, in una casa-famiglia. Rispetto a tale previsione l’Autorità garante ha evidenziato che la norma non chiarisce quali siano i gravi motivi, ma Terragni ha individuato nella relazione introduttiva il riferimento a “situazioni ostative costruite ad arte”. “Un’espressione – ha denunciato – dietro la quale continua ad aleggiare il fantasma della cosiddetta Pas, la cosiddetta Sindrome da alienazione parentale, costruzione più volte stigmatizzata dalla Cassazione come ascientifica e vietata dalle Nazioni unite”.

Insomma, una bocciatura totale della proposta di legge sulla riforma dell’affido condiviso che ha indotto Marino Maglietta, il giurista autore delle ricerche nell’ambito del Dipartimento di diritto privato dell’Università Statale di Milano su cui è costruito il ddl 832, a puntualizzare alcuni aspetti messi in luce da Marina Terragni.

A partire dal problema della “residenza abituale” evocato dalla garante che, spiega il giurista, “è concetto introdotto a livello internazionale per individuare il tribunale competente in caso di sottrazione di minore sulla base del radicamento – già avvenuto - in un determinato territorio. Non c’entra nulla quindi con la domiciliazione dei figli di genitori separati, che guarda al futuro e non al passato”. Perché allora il ddl prevede una duplice residenza? “Perché con l’affido condiviso – riprende Maglietta che ha già espresso il suo parere in modo più ampio sul nostro sito (vedi qui) - i genitori sono entrambi affidatari e per Costituzione e legge gravati da uguali responsabilità. La questione del modello mono o bigenitoriale fu discussa per 5 anni prima di varare l’affidamento condiviso e fu deciso che contrario all’interesse dei figli era proprio il modello sbilanciato. Al quale evidentemente si vuole tornare”.

Secondo il giurista il ddl offre, in considerazione di una paritetica assunzione di responsabilità e impegni, pari opportunità per la frequentazione tra genitori e figli, “il che implica flessibilità nei casi specifici e soprattutto restituzione ai figli (implicitamente gli adolescenti) della possibilità di modulare la presenza in funzione delle proprie esigenze, senza i limiti di calendarizzati “diritti di visita”.

Qualche considerazione anche sulla critica espressa alla forma diretta del mantenimento che comunque, ricorda Maglietta, già oggi è prioritaria, secondo quanto affermato dalla Cassazione (sentenza 26997/2023). “Questa – riprende il giurista - attribuisce al figlio standard economici valutati sulla base delle risorse globali dei suoi genitori, non di uno solo (collocatario o no). E su tale base avrà abbigliamento, istruzione, vacanze, mezzi di trasporto ecc. Curiosamente, è proprio oggi che si osservano paurosi sbalzi di benessere, con genitori (anche prescindendo dalle testimonianze della Caritas) che non sono in grado di ospitare i figli perché privi di un alloggio idoneo”.

Anche la collocazione presso una terza persona – prosegue Maglietta - esiste da sempre nel nostro ordinamento. “Precisare che ciò può farsi solo per gravi motivi è, caso mai, aggiunta prudente per evitarne l’uso eccessivo”. E come mai avete dimenticato i casi di violenza? “Non sono presi in considerazione perché già esclusi dalla disciplina attuale dell’affidamento condiviso (art. 337 quater c.c.), che è l’oggetto dell’intervento. E si confonde la mediazione con la pre-mediazione, ossia con l’obbligo di consenso, o dissenso, informato; richiesto ovunque”.

Secondo il giurista, infine, il ddl 832 presenta numerose novità che dovrebbero essere oggetto di valutazione positiva, come gli interventi a favore dei figli (parità nella filiazione, potenziamento dell’ascolto, rispetto della dignità dei maggiorenni ecc.), come delle madri (a partire dal grande passo avanti sulla via delle pari opportunità e della conciliazione casa-lavoro almeno per quelle separate).

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