Ambiente e bambini, stiamo sbagliando tutto. Invece di spiegare, sollecitare attenzione, raccontare quello che sta capitando in modo sereno ed equilibrato, abbiamo investito il cuore dei piccoli con una valanga di preoccupazioni, di tristezza, di rabbia che, come è evidente, o bambini non sono in grado di gestire. E così, quando si parla di ambiente, loro, i piccoli, manifestano il disagio di chi, non riuscendo bene a comprendere quanto sta capitando intorno a loro, si lasciano sommergere dalla preoccupazione. Non è un aiuto, è un grave errore educativo. Così il 95% tra bambine e bambini si dichiara preoccupato per il futuro dell’ambiente, racconta di provare ansia, tristezza, rabbia. Non solo, 4 su 10 riferiscono di aver fatto un brutto sogno sul cambiamento climatico o sull’ambiente in pericolo e di aver fatto fatica a dormire o mangiare a causa di questo pensiero. Non si tratta, al momento di un disturbo codificato, ma di un malessere su cui è opportuno riflettere.
È quanto emerge dai risultati di un recente studio italiano, unico nel panorama scientifico internazionale, nato nel contesto del progetto educativo di Scuolattiva Onlus “A Scuola di Acqua” sostenuto da nove anni dal Gruppo Sanpellegrino e dedicato alla sensibilizzazione dei più giovani sui temi dell’idratazione e della sostenibilità ambientale.
La ricerca condotta sotto la supervisione scientifica del Laboratorio di Psicologia della Salute del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia, ha coinvolto un campione di circa mille bambini tra i 5 e gli 11 anni.
Diverse ricerche internazionali hanno suggerito una suddivisione in tre categorie per comprendere come i cambiamenti climatici influenzino la salute mentale: impatti diretti, indiretti e vicari. Finora, gran parte della ricerca scientifica ha focalizzato l'attenzione sugli impatti diretti, quelli che si manifestano dopo eventi climatici estremi come alluvioni, terremoti o uragani. Tuttavia, sempre più persone stanno vivendo un senso di angoscia legato alla crisi climatica globale anche senza essere direttamente o indirettamente colpite. Questo emerge chiaramente anche nello studio di ScuolAttiva: l’ecoansia nei bambini non è necessariamente correlata a esperienze realmente vissute, ma piuttosto è frutto della comunicazione e informazione sui temi del climate change che influenzano la percezione del problema da parte dei più piccoli. In altre parole, solo conoscere le conseguenze dei cambiamenti climatici attraverso i media può influenzare la salute mentale.
Nonostante lo stato di marcata preoccupazione, i bambini si sentono strettamente connessi all’ambiente (nel 78% dei casi) e il loro approccio al fenomeno non è passivo ma, al contrario, connotato da un forte spirito di protagonismo e di motivazione ad agire: la quasi totalità del campione – e questa è la parte positiva di quanto emerge dalla ricerca - si percepisce infatti direttamente responsabile della situazione (95.6%) e pensa che il proprio contributo possa fare la differenza (97.2%). Non solo, agli occhi dei bambini, la soluzione sta nella partecipazione di tutti: anche gli adulti, nei quali è riposta la fiducia del 72% dei più piccoli, devono contribuire attivamente alla salute del Pianeta. Lo studio sottolinea quindi l'importanza di promuovere l’engagement delle nuove generazioni – ma senza toni allarmistici e senza scatenare stati ansiosi - nella tutela dell'ambiente e nel contrasto ai cambiamenti climatici attraverso iniziative formative e di sensibilizzazione.
“Assistere alle conseguenze del cambiamento climatico può generare sofferenza e preoccupazioni per il futuro, insieme a senso di impotenza e frustrazione per l’incapacità di arrestare questo fenomeno o di fare la differenza. Per questo diventa sempre più necessario investire su iniziative formative e di sensibilizzazione che favoriscano l’empowerment dei cittadini e, soprattutto delle nuove generazioni, in merito al valore dei comportamenti di ciascuno di noi nel contrasto agli effetti del cambiamento climatico. Ciò può proteggere le persone dall’esperienza di eco-ansia, che non è ovviamente una patologia ma rappresenta tuttavia un fattore di rischio per disturbi della salute mentale. È infatti un fattore di stress che può spingere gli individui a reagire all'ansia cambiando non solo il loro comportamento quotidiano, ma anche la loro prospettiva sul mondo e le aspettative per il futuro”, sottolinea la professoressa Serena Barello, direttrice del laboratorio di Psicologia della Salute del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia coordinatore scientifico dello studio.
Una letteratura specialistica sta rapidamente emergendo sull’eco-ansia negli adulti, ma si sa molto poco su come i giovani e, in particolar modo i bambini, vivano la consapevolezza dei cambiamenti climatici. Questo vuoto di evidenze scientifiche rende difficile lo sviluppo di interventi preventivi volti a contrastare questo fenomeno nei più piccoli.
In sintesi, lo studio ha evidenziato un profondo legame emotivo dei più piccoli con il futuro del pianeta, contraddistinto da preoccupazione, tristezza e rabbia. Nonostante questo stato di marcata preoccupazione, i bambini si sentono coinvolti e responsabili, credendo fermamente che il loro contributo possa fare la differenza. La ricerca sottolinea l'importanza di coinvolgere attivamente le nuove generazioni nella tutela dell'ambiente e nel contrasto ai cambiamenti climatici.
“Il progetto A Scuola di Acqua – Sete di Futuro da sempre si propone di sensibilizzare i giovani sui temi dell'ambiente e della sostenibilità, fornendo loro strumenti per affrontare le sfide legate al cambiamento climatico”, sottolinea Simona Frassone, presidente di ScuolAttiva Onlus, “ma come è nel nostro stile siamo sempre attenti all’emergere di nuove necessità e criticità di docenti e studenti italiani. Per questo abbiamo ritenuto imprescindibile indagare un fenomeno, l'eco-ansia, che ad oggi non è ancora così famoso ma di cui nelle aule italiane si possono già notare alcuni effetti. Abbiamo toccato con mano una profonda sensazione di disagio e paura cronici legata agli effetti del riscaldamento globale, che può influenzare la salute mentale dei bambini. Siamo molto orgogliosi di essere, insieme a Sanpellegrino, all’Università di Pavia e Triplepact, i primi in Europa a dare un contributo scientifico sul fenomeno per il target dei bambini delle scuole primarie. Da vent’anni sosteniamo l'importanza di sostenere la scuola italiana con investimenti privati in iniziative educative volte a sostenere i giovani. E questa ricerca conferma questo nostro impegno”.
“ Lo studio realizzato dall’Università di Pavia aggiunge, quindi, un nuovo tassella a questa iniziativa mostrando la preoccupazione dei bambini per il futuro del Pianeta, insieme alla convinzione che il loro contributo possa fare la differenza. Siamo, infatti, convinti che i progetti di formazione ricoprano un ruolo fondamentale nel creare consapevolezza su questi temi perché, attraverso l’informazione e la formazione dei più piccoli, si possono gettare le basi per costruire un futuro più sostenibile” – ha dichiarato Fabiana Marchini, Head of Sustainability del Gruppo Sanpellegrino.