Il Po in secca - Ansa
Che impatto può avere, nella vita di tutti, l’economia civile? Ma, soprattutto, quanti sanno che cos’è? Queste e altre domande sono state oggetto di un questionario che Brunswick, società internazionale di consulenza strategica, guidata in Italia da Alessandro Iozzia, e Hokuto, network di consulenza sull’uso strategico di dati, hanno somministrato ad un campione della popolazione maggiorenne residente in Italia e i cui risultati sono stati presentati nel corso del convegno “L’economia che fa il Bene”. Una platea di mille soggetti, diversi per sesso, età e provenienza geografica ha risposto a sei domande nel periodo fra il 9 e il 23 ottobre scorsi mediante web panel.
Il primo quesito posto ha messo gli intervistati di fronte alla scelta sulle sfide più rilevanti che l’Italia si trova oggi ad affrontare. Più della metà (58%) ha risposto che la prima questione su cui il Paese deve concentrarsi è lo sviluppo economico e l’occupazione lavorativa, seguita, con solo quattro punti percentuali in meno, dalla gestione dell’immigrazione. La questione ambientale, che sembra la cifra di questo secolo, ricopre i posti successivi, rispettivamente tutela del territorio e lotta all’inquinamento con il 27%, cambiamento climatico e transizione energetica con il 26% e fonti e costo dell’energia con quattro punti in meno. Fanalini di coda donne e giovani: solo il 16% del campione pensa che l’Italia si debba concentrare sulle opportunità per i giovani, mentre il 5% ha parlato di parità di genere.
Alla questione immigrazione fa riferimento la seconda domanda posta: «Quanto è importante l’inclusione lavorativa per gestire bene i flussi migratori?». La risposta è quasi unanime perché fra chi ha detto « Molto» e chi « Abbastanza» si raggiunge il 77%. A questo punto, l’indagine si è concentrata su chi potrebbe, secondo gli intervistati, risolvere le questioni sollevate. Primo posto con il 73% per le istituzioni politiche, quasi pari merito (33% e 30%) le imprese nazionali e i cittadini. Sulla questione, Elisa Lavagna, director di Brunswick, ha dichiarato: «Le aziende oggi possono giocare un ruolo critico nel contribuire a risolvere le grandi sfide sociali, economiche e ambientali. La ricerca mostra tuttavia un importante gap fra come il pubblico percepisce le azioni di imprese, istituzioni e soggetti finanziari rispetto alle aspettative diffuse. Per poter essere parte della soluzione è fondamentale quindi saper raccontare in maniera attenta il proprio impegno per uno sviluppo sostenibile e coinvolgere continuativamente i pubblici di riferimento».
Chi si avvicina di più ad uno sviluppo sostenibile (quarta domanda) sono, secondo gli italiani, le piccole e medie imprese. Secondo posto per le grandi aziende nazionali, terzo per quelle straniere; solo a questo punto le istituzioni politiche. « Per gli italiani affrontare le sfide della sostenibilità significa partire dall’economia, dalle risorse e dal lavoro che rendono praticabili gli altri interventi sociali ed ambientali, in un’ottica di complementarietà e non di alternativa. La ricerca mostra, inoltre, come la comunicazione delle azioni dei diversi attori sociali ed economici per la sostenibilità e l’economia civile rispondono anche ad un bisogno di fare insieme. Una comunicazione che agisce, unendo» ha dichiarato Simone De Battisti, co-ordinatore di Hokuto. Come potrebbe il Terzo settore, a questo punto, avere maggiore impatto? Professionalizzando di più responsabili e operatori, hanno risposto 4 intervistati su 10; migliorando la collaborazione con il settore pubblico per il 38% e con le aziende per il 30%. L’ultima questione è quella che ha dato il nome al sondaggio: «Quanto impatto può avere l’economia civile?». Quello che è emerso è che il concetto di economia civile, cioè una nuova forma di economia che mira al benessere comune, è compreso e gradito dai più: per il 44% può avere «abbastanza» impatto, per il 28% può averne «molto».