
L’informazione è come l’acqua, è un bene pubblico essenziale per tutti, di tutti e, dunque, da proteggere. «Fino a 40 anni fa compagnie petrolifere come Bp potevano sversare petrolio in mare o pulire le loro petroliere al largo della Francia e non succedeva nulla. Oggi se una compagnia come Bp, Shell o Exxon lo facesse, non sopravvivrebbe perché ci sarebbe una massiccia reazione contro l’attacco a un bene pubblico come l’acqua. Ora, se si guarda ai social media: possiamo pretendere, come per l’acqua, che i social media non vengano inquinati? Possiamo ragionare sull’inquinamento della sfera dell’informazione, della sfera pubblica, come la chiamerebbe Habermas?». Sono alcune delle domande su cui ha riflettuto Patrice Schneider, ospite a Milano per il Simposio 2025 delle Fondazioni di famiglia di Assifero, l’associazione che rappresenta 180 enti filantropici in Italia. L’esperto di media e finanza, ha ragionato, nella sede storica della fondazione Luigi Rovati, su come si possa proteggere l’indipendenza dei media attraverso modelli di finanziamento innovativi e potenziando il ruolo della filantropia. Quella consigliata da Schneider è una “terza via” per il supporto e la gestione dei media, tra pubblico e privato, con l’attivazione di risorse diverse, come le fondazioni, le banche, gli investitori, cittadine e cittadini stessi, per garantire pluralismo, imparzialità e accesso all’informazione in tempi in cui le minacce alla libertà di stampa diventano sempre più sofisticate.
«La sfida più difficile è distinguere la buona dalla cattiva informazione» anche a fronte di un arretramento della democrazia che coinvolge non solo quei Paesi governati da regimi repressivi, ma anche l’Europa. Per riuscirci, secondo Schneider, occorre spostare lo sguardo dal giornalismo alla funzione del giornalismo, che è l’informazione di interesse pubblico. Ma anche «spostare l’attenzione dalla libertà di parola che è garantita quasi ovunque, all’uso che ne viene fatto, come fosse un’arma, al limite della bugia. E questo è un problema diffuso in Europa, ma anche in Italia», ha aggiunto Schneider che dopo una lunga carriera da giornalista, oggi ricopre il ruolo di Chief Strategy Officer per il Media Development Investment Fund (MDIF), un fondo d’investimento che fornisce finanziamenti a basso costo alle aziende di informazione indipendenti. «Noi siamo un’organizzazione non profit che eroga capitale accessibile alle voci più indipendenti nelle democrazie emergenti. Lo facciamo da oltre trent’anni: se sei indipendente dal punto di vista finanziario lo sarai dal punto di vista editoriale, se sarai libero dal punto di vista editoriale avrai un impatto sulla società. Ora, però, dobbiamo guardare ai prossimi trent’anni e a come stanno cambiando la società e l’informazione: crediamo che come tutte le altre istituzioni il giornalismo finirà sotto attacco. Il secondo obiettivo, dopo il giornalismo, sarà lo Stato di diritto. Come in Ungheria, come in Polonia, o qui in Italia – ha proseguito il Chief Strategy Officer di MDIF –. A questo si aggiunga l’intelligenza artificiale che cambierà tutto: dobbiamo essere preparati. Nel giornalismo l’Ia sarà solo un modo per tirare giù i costi, e forse ci sarà anche un modo per difendere il giornalismo, ma al di fuori c’è un mondo in cui l’intelligenza artificiale cambierà la domanda di informazione di pubblico interesse. Inoltre, credo che non possiamo non vedere che ci sarà anche un nuovo ordine mondiale. Penso che avrà un grosso impatto sulla società e sul giornalismo perché la demonizzazione che funziona in un ambito funzionerà anche negli altri».
A chi vorrebbe cercare di salvaguardare il giornalismo, Schneider ha ricordato che nella realtà sta accadendo già qualcos’altro e ha citato un concetto caro allo scienziato Ilya Prigogine, Nobel per la Chimica nel 2020: «Quando un sistema è lontano dall’equilibrio, piccole isole di coerenza in un mare di caos hanno la capacità di portare l’intero sistema a un ordine più elevato». Le isole di coerenza si vedono già all’orizzonte dell’informazione di interesse pubblico: basti pensare agli influencer e ai giovani content creator che in Serbia hanno creato in poche ore una stazione televisiva perché non apprezzavano la narrativa dei conservatori, ma nemmeno quella dei progressisti. «Come ha detto anche Harrison Ford: abbiamo deluso questi ragazzi, il minimo che possiamo fare ora è toglierci di mezzo».
«Un tempo quotidiani, informazione e media generavano molto profitto, ma questo mercato è stato derubato dall’online – ha riflettuto ancora Schneider –. È rimasto il supporto pubblico. Ma noi tutti sappiamo che anche questo modo ha molte debolezze», serve dunque una terza via che mobiliti fondi per l’informazione da altri soggetti come imprese, banche, cittadini «ai quali spieghiamo che non avranno mai un guadagno del 20% dei loro investimenti, magari un 3%, ma il delta sarà valore sociale». A beneficio di tutti. La politologa Elinor Ostrom vinse il premio Nobel per l’Economia studiando una governance policentrica per l’acqua come bene comune. «Questo è il terreno che dobbiamo approfondire: nel 2025 l’informazione di pubblico interesse – non solo i giornali, i tg, i media – va considerata un bene comune. Dobbiamo cambiare la prospettiva: a livello di contenuti è possibile colmare l’asimmetria che c’è anche nei social media (con le Big tech che dominano con gli algoritmi il modo in cui l’informazione viene diffusa, ndr). Solo se rinunciamo a quel 20% di interessi sugli investimenti guardiamo al futuro dei nostri figli», facendo sì che la forza del capitale sociale possa tenere in piedi l’informazione di interesse pubblico.