Riveste un particolare interesse per il mondo delle Società Benefit, e la riflessione che attorno ad esso si sta conducendo, la notizia di stampa secondo la quale l’ospedale Bambino Gesù di Roma avrebbe rifiutato la donazione di 1,5 milioni di euro ad opera di Leonardo, con l’indiscrezione verosimile che riporterebbe tale decisione in capo a papa Francesco. Lo scambio di comunicati tra i consiglieri del Papa e l’azienda rivelerebbe un possibile imbarazzo per il Pontefice e una perplessa contrarietà dell’azienda, che ricorda di non fornire alcun sistema offensivo nelle guerre in corso e dunque di operare esclusivamente per la sicurezza e la difesa.
In questa “semplice complessità” si potrebbe riassumere la fase attuale delle vicende normative e di mercato che vanno sotto il nome di “finanza sostenibile” e, più in generale, ricerca di un modello di sviluppo sostenibile. Da una parte tutti gli operatori sinceramente motivati sentono di dover imprimere a questo movimento una spinta di sostanza e radicalità, dall’altra si avverte il rischio di uno scarto verso l’idealità e l’intransigenza ideologica che può dar luogo a isolati movimenti di protesta, ma nei fatti allontana soluzioni condivise e reali. Il discorso si farebbe lungo (complesso, appunto), ma occorre riportarlo alla semplicità. Può un sistema il cui unico driver sia il profitto allinearsi lungo la direzione auspicata da chi desidera una spinta sostanziale e radicale? Sono sufficienti le importantissime misure che stanno entrando sul mercato a seguito del recepimento della direttiva CSRD che imporrà in misura crescente la misurazione formale degli impatti? Le Società Benefit in Italia, le Entrepris à mission in Francia, le Sociedades de Beneficio e Interés Común in Spagna offrono una concreta possibilità di andare oltre la dialettica sul dilemma etico: mentre tanti chiacchierano, altri fanno affari, migliaia di imprenditori hanno scelto di abbandonare ogni indugio e percorrere con le proprie imprese la via del beneficio comune, finalità aggiuntiva al profitto, che rimodella le loro aziende, ridefinisce progetti, senza attendere il placet di pensatori e investitori né la conferma di autorevoli certificatori.
Consapevolezza e protagonismo sono componenti irrinunciabili di questa fase in cui è bene che ciascuno svolga la propria parte, sui piani etico, tecnico, giuridico e finanziario; ma è nella natura dell’uomo che dovremmo annoverare l’azienda che sperimenta giorno dopo giorno la reale volontà e capacità di agire ciò che la ragione e la coscienza indicano. Serve una rivoluzione radicale dal basso operata secondo una guida concettuale condivisa: le Società Benefit hanno fin qua mostrato di attivare questa dinamica ed entrano ora in una fase in cui sono chiamate ad uscire dalla propria “comfort zone” confrontandosi apertamente con il mercato per mostrare come la scelta del duplice scopo incida positivamente sui territori in cui operano e sia in grado di cambiare le dinamiche economiche nel senso atteso.
Sarà un confronto difficile ed aspro in quanto gli strumenti normativi e operativi a loro disposizione non sono ancora pienamente maturi né definitivi, ovviamente, ma necessario pena l’affermarsi di modelli alternativi e fuorvianti, ma più forti perché sospinti da mentalità e capitali vecchia maniera.
*presidente di Assobenefit