Tra meno di due settimane è Natale, poi ci ritroveremo in edicola a gennaio. Visto quanto è successo l’anno scorso, starei volentieri alla larga dai pandori, non vogliatemene, ma vado a scrivere più volentieri di panettoni per quest’ultimo pezzo dell’anno. Non tanto perché ce li siamo ritrovati in autogrill già al ritorno dalle vacanze estive, ma perché dentro le pubblicità sono tutti artigianali, fateci caso. I divani lo insegnano: con un rafforzativo nel tormentone la medaglia dell’artigianato non si nega nessuno, salvo più farsi comminare un’ammenda milionaria per pubblicità ingannevole e «pratica commerciale scorretta», per tutte le volte che quei poveri testimonial si sono ritrovati complici di un messaggio che per anni ha evocato artigianalità all’interno di una produzione più che industriale.
E siccome spesso le cattive pratiche impegnano meno delle buone, ecco che i panettoni sugli scaffali dei nostri supermercati strillano il «gusto artigianale», la «ricetta artigianale», ma anche la «tradizione artigianale» e qualsiasi altra amenità pur di affidare alle furbizie del marketing una nuova promessa pubblicitaria, dentro stabilimenti produttivi che nulla hanno a che fare con gli impasti delle nostre rinomate pasticcerie, queste sì, artigianali. Si faccia attenzione però, la vicenda viene qui evidenziata non per una difesa dell’onestà intellettuale nel mio mestiere, sono abbastanza disilluso al riguardo, ma se non vi sta a cuore la purezza semantica della pubblicità, spero vi tocchino più da vicino i settecento milioni di euro persi ogni anno da migliaia di micro e piccole imprese della nostra migliore tradizione manifatturiera.
Faccio riferimento a una ricerca condotta mesi fa tra le 90mila imprese artigiane tra Milano e la Brianza che lavorano su prodotti locali, come appunto, i panettoni. Nel presentare i risultati della ricerca il segretario generale di Unione Artigiani, Marco Accornero, evidenziava gli effetti di una concorrenza sleale che avrebbe «l’effetto di una bomba su incassi» delle nostra industria artigiana. Tra circa 500 aziende associate, nel solo settore della tradizione alimentare si stima un’erosione di fatturato di circa il 60%. La ricerca è stata presentata qualche mese fa insieme ai Carabinieri del Nas, con la Polizia Annonaria e le principali associazioni a tutela dei consumatori. Perché al momento non esistono normative in grado di contrastare le ipernarrazioni natalizie che magnificano l’artigianalità di ogni genere e tipo, ma si possono creare disciplinari, tracciati di filiera certificazioni e in generale si possono incentivare i controlli affinché venga difesa l’artigianalità pura della nostra migliore produzione locale. Ma serve anche orientare chi compra a riconoscere il valore di quello che acquista, che spesso va al di là del prezzo strillato sugli scaffali delle offerte promozionali intossicate da una presunta artigianalità.