mercoledì 15 novembre 2023
Il movimento della Guerrilla Gardening si è diffuso anche in Italia. Molti i gruppi che si prendono cura di giardini, aiuole e spazi un tempo grigi per regalare bellezza alle nostre città
Mettete dei fiori nei vostri cannoni
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Esiste una rivolta che non fa rumore e non prevede prigionieri, che non lascia sul terreno feriti e proiettili e non contempla incendi o esplosioni. È una rivolta pulita, che si svolge in piccoli spazi cittadini grigi e desolati, in giardini e aiuole deturpate dall’incuria, in piazzette soffocate dal cemento, più spesso di giorno ma non di rado di notte. A condurla, in maniera organizzata o spontanea ma sempre e rigorosamente non autorizzata, sono cittadini “armati” di particolari bombe di semi e accomunati da uno scopo: far germogliare la bellezza, capace di sanare il tessuto urbano sfregiato dal degrado e di aiutare la comunità a riappropriarsi di quegli spazi collettivi che la politica trascura. Parafrasando la definizione di “rivolta” data da T. E. Lawrence nel libro I sette pilastri della saggezza, si potrebbe quasi dire che questa, sbocciata senza violenza dal basso, dalla terra e dalle radici, «non è una guerra, semmai un gesto da tempo di pace». Il suo nome è «Guerrilla Gardening».

Coloro che la attuano fanno più o meno ciò che il giovane guerrigliero di Banksy fa nel suo famoso stencil pacifista: lanciano fiori. Anziché, però, racchiuderli in bouquet, questi giardinieri un poco anarchici li spargono sui terreni dimenticati sotto forma di semi biologici (di fiori di campo, di alberi da frutto, erbe, verdure) precedentemente impastati con argilla, acqua e compost e modellati come piccole bombe sferiche. Partendo anche da qui, il maestoso ciclo della natura (favorito da un terreno idoneo e da corrette innaffiature) permette ai fiori di sbocciare, alle piantine di germogliare, agli ortaggi di maturare e ai preziosi insetti impollinatori di nutrirsi. Nata a New York negli anni Settanta, quando la metropoli americana stava attraversando il peggior momento della sua storia, grazie ad un gruppo di cittadini, di ambientalisti, urbanisti e orticoltori, questa pratica di giardinaggio “radicale” e di “ri-semantizzazione” degli spazi pubblici si è diffusa poi in tutto il mondo, approdando in Italia agli inizi del Duemila. Grazie alle “ecoazioni” di gruppi come “Badili badola”, “Friarielli ribelli”, “Terra di Nettuno”, “Ammazza che piazza”, da Milano a Torino, da Bologna a Roma, da Napoli a Taranto sono nati tanti giardini, parchi e orti urbani ricchi di biodiversità. “Fante di fiori”, al secolo Andrea Giordani, 48 anni (tredici dei quali vissuti da giardiniere “non autorizzato”), medico palliativista romano trapiantato a Granarolo dell’Emilia, nel Bolognese, ricorda l’entusiasmo che ha caratterizzato quel periodo.

«Parliamo del 2010 o giù di lì: in molte città italiane nacquero gruppi di cittadini e attivisti e si formò persino un movimento. Fu allora che capii che esistono modi diversi di intendere il Guerrilla Gardening: mille giardinieri non autorizzati corrispondono a mille modi di fare giardinaggio. C’è chi dà un taglio politico o di protesta, chi sociale, chi lo mette in atto perché ama il giardinaggio ma non ha un proprio giardino davanti casa. Io, che sono una specie di lupo solitario, l’ho fatto e continuo a farlo come atto gentile perché credo che seminare gentilezza faccia germogliare la gentilezza e che un seme trovi sempre il posto giusto in cui germogliare». E ancora: « Ho passato questa visione della vita, e non solo del giardinaggio, ai miei figli. Anche loro hanno compreso l’importanza di coltivare le piante per coltivare le persone e le relazioni e anche loro, come me, hanno capito che far sbocciare la bellezza, prendendosi cura della natura, ha la capacità di risvegliare le coscienze». Sebbene, almeno in Italia, il movimento abbia da tempo esaurito la propria spinta, sono molti i giardinieri che continuano ad uscire dal proprio cancello di casa con cesoie, zappe, vanghe, rastrelli, innaffiatoi e sacchi di terra per abbellire angoli, pulire piazzole e creare piccoli giardini comunitari. Uno di questi è Mario Prestianni, l’artigiano originario di Castelbuono (Palermo) che a Canegrate, in provincia di Milano, dove da molti anni vive, è conosciuto come l’“Uomo dei fiori”. « Dicono che grazie a me in paese sia nata la rivoluzione della bellezza: io, però, non faccio nulla di straordinario se non riempire di colore le vie grigie e anonime e pulire dove vedo sporcizia e bruttezza».

Anche alla base del suo giardinaggio “illegale” c’è la gentilezza: « Ingentilendo le menti, ingentilisci anche le persone», è il suo motto. Prestianni spiega che fiore dopo fiore, il loro comportamento è cambiato: «Hanno cominciato ad avere rispetto per il bene comune e ad attivarsi per curarlo, senza più bloccarsi davanti ad un “queste cose le deve fare il Comune” o discorsi simili». Diverso (ma in fondo non troppo) è lo spirito che ha animato i “Giardinieri Sovversivi”, gruppo romano fondato nel 2010 dall’attivista Vanessa Scarpa «per risvegliare nei cittadini un desiderio di bellezza e coltivare un nuovo modo di intendere la città e le comunità». Le loro “azioni” hanno interessato tutti i quadranti della città, dalle periferie al centro, dove hanno contribuito «a costruire riflessioni sull’importanza del mondo vegetale nelle vite della città », afferma Scarpa. « Roma, infatti, è una delle capitali più verdi d’Europa, e tuttavia il verde viene mal gestito dalle amministrazioni; i romani, dal canto loro, si stanno abituando a vivere in ambienti degradati e a non percepire più lo spazio pubblico come bene comune». Il gruppo ha lasciato un’eredità importante: « A Centocelle, per esempio, molti residenti hanno dato vita al giardino di via dei Noci in un’area dove prima c’era solo una discarica a cielo aperto: la comunità “resistente” che si è creata continua a difendere questo pezzettino di cuore coltivato con passione. Anche la rete degli orti urbani è nata dai “Giardinieri Sovversivi” ed è viva ancora oggi».

A loro e agli altri gruppi che hanno dato vita al movimento ma, anche, ai tanti giardinieri solitari che continuano a mettere le mani nella terra «per farci capire che i nostri spazi sono casa nostra», il 46enne regista cagliaritano Angelo Camba ha dedicato il film-documentario “Giardinieri d’assalto”, selezionato per l’ultima edizione del Festival Cinemambiente di Torino e premiato al Festival Crossing the Screen 2023 a Eastbourne, in Inghilterra. Il filo rosso che unisce tutte le storie è, secondo Camba, «la consapevolezza che certi cambiamenti devono arrivare dal basso, che non bisogna stare fermi ad aspettare che siano i potenti a risolvere la situazione. L’esempio dei ragazzi di Taranto è significativo: nessuno, come loro, è riuscito a raccontarci una città diversa da quella ammalata, sporca e rassegnata che conosciamo dai media. A loro spese hanno ripristinato le zone verdi e invitato i cittadini ad unirsi alla lotta», conclude il regista. Il Guerrilla Gardening rappresenta anche un modo intelligente di fare attivismo climatico e migliorare la vita delle (e nelle) città. Gli studi hanno dimostrato come gli alberi e le piante siano in grado di ridurre l’impatto delle onde di calore e assorbire la Co2: certamente la piantumazione di diversi ettari di bosco rappresenterebbe una risposta molto più efficace al riscaldamento globale ma anche un giardino, nel suo piccolo, sa “fare bene”. Richard Reynolds, dal 2004 il più famoso guerrilla gardener inglese, ha suggerito quali piante scegliere allo scopo: tra queste la lavanda, il rosmarino, i girasoli, le calendule, i nontiscordardime, i narcisi, le margherite.

Le tante “azioni” che, da solo o in gruppo, ha condotto in tutta l’Inghilterra – circa un centinaio, venticinque delle quali concentrate su Londra dove, nel 2011, ha portato in “tour” l’allora duchessa di Cornovaglia e attuale regina consorte, Camilla –, sono diventate giardini, aiuole spartitraffico, bordature di alberi, orti comunitari. « Alcune creazioni sono durate qualche settimana, ma la gran parte continua a vivere grazie ai residenti». Detto ciò, anche il nostro Paese ha ancora (e sempre di più) bisogno di questa forma di resistenza dal basso perché, come lo stesso Reynolds ha scritto, nel 2008, nel suo libro “On Guerrilla Gardening”, «è una battaglia per le risorse, contro la scarsità di terra, contro gli abusi ambientali e le opportunità sprecate. È una lotta per la libertà di espressione e per la coesione della comunità. È una battaglia in cui i proiettili vengono sostituiti dai fiori».

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