Il 2015 è stato un anno "eccezionale per il Mezzogiorno": ha interrotto sette anni di cali del prodotto e "ha realizzato una crescita maggiore di quella del Centro-Nord", il +1% contro il +0,7%. Lo afferma lo Svimez nelle anticipazioni del rapporto 2016. "Purtroppo le condizioni che hanno portato a questi risultati appaiono difficilmente ripetibili nei prossimi anni", per l'associazione che prevede nel 2016 una crescita del Pil italiano dello 0,8%, come nel 2015, con il Sud che frena al +0,3% e il Nord che accelera al +0,9%. Per il 2017, invece, Svimez prevede che la crescita nazionale toccherà l'1%, raggiungendo il +0,9% al Sud e l'1,1% nel resto del paese. Questi dati dimostrano, secondo l'associazione, che "la Grande recessione ha certamente colpito ma non ha fatto venire meno la capacità del Mezzogiorno di rimanere agganciato, com'è accaduto, pur con fasi alterne, dal Dopoguerra ad oggi, allo sviluppo del resto del Paese". Il risultato del 2015, "ha solo in misura molto parziale ridotto il depauperamento delle risorse del Mezzogiorno e il suo potenziale produttivo causato dalla crisi", dal 2007 il prodotto in quest'area si è ridotto del -12,3%, quasi il doppio della flessione registrata nel Centro-Nord (-7,1%). "Non sarà quindi - afferma Svimez - solo un anno positivo dopo sette di continue flessioni a disancorare il Mezzogiorno da questa spirale di bassa produttività, bassa crescita, e quindi minore benessere". Del resto la crescita del prodotto nelle regioni del Sud ha beneficiato nel 2015 di alcune condizioni peculiari: l'annata agraria particolarmente favorevole, la crescita del valore aggiunto nel turismo, "che ha beneficiato anche crollo del turismo nella sponda Sud del Mediterraneo", la chiusura della programmazione dei Fondi strutturali europei 2007-2013, che ha portato ad un'accelerazione della spesa pubblica.
Infatti il dato positivo nel 2015 nella crescita dell'occupazione grazie all'espansione del lavoro in agricoltura (+5,5%) e nel turismo (+8,6%). Il Meridione rimane comunque al di sotto del livello del 2008 di quasi mezzo milione di occupati (482 mila) mentre il resto del paese è quasi al livello pre-crisi. Altri elementi di preoccupazione, secondo Svimez, sono il calo del lavoro nella manifattura in senso stretto (-1,6%), che porta il rapporto a parlare di "crescita senza industria", e il 'downgrading' (letteralmente degrado) dell'occupazione, sempre più concentrata su impieghi a bassa qualificazione. Le professioni cognitive altamente qualificate hanno perso, tra il 2008 ed il 2015, oltre 1,1 milione di unità in Italia (-12,8%), un calo che nel Mezzogiorno è stato molto più accentuato (-18,7%) rispetto al Centro-Nord (-10,8%).