Il governo ordina la «pausa di riflessione» sul nucleare. E la sensazione è che sia il primo passo verso un addio soft all’energia atomica, almeno fino a quando sarà forte l’onda emotiva scatenata dalla crisi dei reattori giapponesi. Ad annunciare la nuova linea è il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, che pure dopo le prime notizie dal Giappone aveva assicurato che il piano dell’esecutivo andava avanti senza incertezze. Ma c’è un altro elemento a confermare che qualcosa è cambiato nei convincimenti del governo: un dialogo captato ieri a Montecitorio tra la titolare dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il portavoce del premier Paolo Bonaiuti e lo stesso Romani. «È finita – avrebbe detto la Prestigiacomo –, non possiamo rischiare le elezioni per il nucleare, bisogna uscirne ma ora non dobbiamo fare nien- te, si decide tutto tra un mese. Non facciamo ca.....», avrebbe chiuso con linguaggio esplicito. Il concetto, più o meno, è lo stesso manifestato da Berlusconi mercoledì sera all’ufficio di presidenza Pdl: la gente ora ha troppa paura, il referendum di giugno contro le nuove centrali potrebbe essere molto partecipato, con effetto- traino sugli altri quesiti (in particolare quello sul legittimo impedimento) e, soprattutto, sulle amministrative di maggio. Da qui la raccomandazione ai parlamentari e ai ministri interessati: «Massima prudenza, facciamo riferimento a quanto si deciderà in Europa». Occorre poi considerare che quasi tutti i governatori hanno chiuso alla possibilità di ospitare siti sul loro territorio, e che la Lega è completamente dalla loro parte. Bossi, ieri, è stato lapidario: «È il territorio che decide. Il Veneto non vuole il nucleare, sull’energia è autosufficiente». Romani ha comunicato lo stop da Latina, dove si trovava per inaugurare un supercavo sottomarino che unisce il Lazio con la Sardegna: «Quanto accaduto in Giappone è eccezionale, dobbiamo tutti fermarci un attimo».La palla, dice, passa all’Ue, all’incontro di lunedì tra i ministri dell’Energia, e i passi futuri del governo dipendono dagli stress-test ordinati sui 143 siti presenti nel Vecchio Continente. Insomma, ora il tema è la «sicurezza». Romani ha poi confermato quanto già anticipato dal sottosegretario Saglia: anche se il parere delle Regioni, nel testo di legge, è obbligatorio ma non vincolante, sarà necessario «fare scelte condivise da tutti». Nonostante il ministro si affretti a ribadire che mettere in discussione la scelta nucleare è «fuoritempo e inappropriato», le frasi 'rubate' alla Prestigiacomo e il niet di Bossi sono il sintomo di un passo indietro. E ulteriore prova ne è l’intervento di Umberto Veronesi, convinto nuclearista e presidente dell’Agenzia nazionale: per l’oncologo adesso bisogna «porsi degli interrogativi» e «decidere con coscienza e senza fretta».Se si aggiungono i dubbi interni alla maggioranza e la previsione del commissario Ue all’Energia, Ghunter Oettinger, per il quale «non tutte» le centrali europee supereranno i test di sicurezza, l’opposizione ha gioco facile a rilanciare. Di Pietro attacca Veronesi («non voleva addormentarsi sotto le centrali?») e apre di fatto la campagna referendaria. Il Pd considera «tardivo ma positivo» il ripensamento del governo, auspica il ritiro del piano nucleare e la «fine del boicottaggio alle rinnovabili».