Un giovane alle prese con un simulatore di guida
La sicurezza innanzitutto. «I giovani muoiono sulle strade perchè non sanno guidare: serve una patente per salvarli dalle auto veloci». E poi fare pressioni per una mobilità più sostenibile, ma difendendo sempre il diritto di usare l’automobile. Questo il messaggio che lancia Angelo Sticchi Damiani, da poco rieletto presidente dell’Automobile Club Italiano, in un momento di grandi rivoluzioni per la mobilità.
Tremila dipendenti, un milione di associati, un utile di 30 milioni di euro nel bilancio del 2016. Eppure pochi sanno sa cosa fa di preciso l’Automobile Club d’Italia e perché esiste ancora. Presidente, poviamo a spiegarlo?
«Eroghiamo servizi, a iniziare dal soccorso stradale che è storicamente il più conosciuto. Ma il ruolo primario dell’Aci è quello di difendere i diritti degli automobilisti, cercando di rendere loro la vita più facile. Ma anche di difendere i loro interessi economici: oggi mantenere un’auto significa in media 3.500 euro l’anno, un costo troppo elevato. Noi ci battiamo affinchè diminuisca...».
Quella delle polizze assicurative è la voce più onerosa. Come affronta l’Aci questo problema?
«Innanzitutto denunciando il pericolo più grande: quando annunciammo che 4 milioni di veicoli in Italia viaggiavano senza copertura assicurativa, ci presero per matti. Invece era proprio così. Oggi per fortuna l’incidenza delle truffe sta diminuendo, primo passo per contenere il prezzo delle polizze».
La prima battaglia comunque resta quella sulla sicurezza stradale. La vostra campagna di sensibilizzazione è stata un segnale molto forte...
«Insistere sulla pericolosità dell’uso del telefono in auto è importante. Noi cominciamo dai bambini, con lezioni in piazza per far capire i rischi e il comportamento corretto al volante ma anche in moto, in bicicletta o a piedi. Fondamentale è far capire l’importanza del rispetto delle regole. Ai ragazzi delle scuole medie e superiori portiamo i campioni della pista per spiegare loro che se vogliono correre c’è la pista, non la strada».
I giovani sono la categoria più a rischio. Nella fascia 18-24 anni quella degli incidenti stradali è la prima causa di morte...
«Purtroppo è così, soprattutto perchè non sanno guidare. Intendo dire che non conoscono i loro limiti, o li sottovalutano, e non sanno reagire in situazioni di pericolo. Per questo la formazione è fondamentale».
Cosa propone di preciso?
«Va rivisto il sistema di concessione della licenza. Innanzitutto inserendo la partecipazione obbligatoria a corsi di guida sicura, dove si insegnano cose che con la semplice patente non si imparano. Inoltre sarebbe auspicabile una licenza supplementare per chi intende mettersi al volante di vetture di alta cilindrata: un anno di pratica non basta, servirebbe una doppia patente rilasciata dopo un esame accurato».
Una storia lunga 112 anni quella dell’ACI, e oggi una campagna che avete titolato “Uniti dalla passione per far muovere l’Italia”. Ma crede ancora che ci sia spazio per la passione al volante, in un Paese che fa di tutto per eliminare le auto?
«Quella c’è ancora, anche se scoraggiata dalla crisi economica e dai provvedimenti delle amministrazioni cittadine. Molte famiglie hanno rinunciato alla seconda auto ma il mercato da due anni è tornato a crescere. Per fortuna, perchè lo svecchiamento del nostro parco circolante, che è il più anziano d’Europa, è determinante anche per la sicurezza».
Resta il fatto che gli automobilisti rappresentano un "partito" trasversale da 38 milioni di utenti, con problemi simili ma incapaci di farsi rispettare da un sistema che dalle auto ottiene il 17% del gettito fiscale ma poi non ha abbastanza fondi da investire nella sicurezza...
«Le risorse per mettere in sicurezza la rete stradale urbana ci sono e sono già disponibili: dal 50% delle multe nei soli 20 Capoluoghi di Regione emerge un "tesoretto" di 500 milioni di euro che per legge dovrebbe essere speso a favore della sicurezza stradale. Senza però un intervento normativo, che introduca strumenti di controllo e di sanzione per le Amministrazioni inadempienti verso l’art. 208 del Codice della Strada, questi soldi non saranno mai spesi efficacemente nella riduzione degli incidenti stradali. Ridurre gli incidenti stradali significa risparmiare vite umane, dolore e patimenti, ma anche una montagna di soldi. L’incidentalità stradale costa alla collettività oltre 17 miliardi di euro, pari a una corposa Finanziaria. Numerosi studi evidenziano che 1 euro speso in sicurezza stradale permette fino a 20 euro di risparmi in costi sociali».
La mobilità resta un asset fondamentale per l’economia. Eppure l’Italia sul fronte della mobilità non investe. Sbandiera un finto ecologismo di facciata e tartassa solo gli automobilisti con provvedimenti inutili. Qual è la posizione dell’ACI su questo argomento?
«Quella di premere per ottenere una politica seria sulla rottamazione e investimenti veri per le vetture elettriche e le infrastrutture. La tecnologia delle auto sta facendo molto: entro poco avremo vetture a batteria pronte anche per le lunghe distanze e con tempi rapidi di ricarica. Il Ministero sta spingendo per l’elettrificazione delle autostrade: qualcosa si sta muovendo, la volontà per una mobilità davvero più sostenibile ora c’è».
L’introduzione del reato di omicidio stradale compie un anno tra poche settimane. Cosa ne pensa?
«Che è una legge importante e che ci voleva. È stata studiata bene, ma resta un difetto che spero venga corretto e che sta facendo aumentare i casi di pirateria: sono troppi i conducenti che, contravvenendo al più ovvio dovere civile e morale, dopo aver provocato un incidente vengono sopraffatti dalla paura delle conseguenze e optano per la fuga. Non è pensabile che per chi si ferma a prestare soccorso, scattino automaticamente le manette».
Altro argomento ricorrente: la proposta di abolire il bollo auto tornata in auge per qualche giorno durante il governo Renzi. Che posizione ha sull’idea di spostare la tassazione dal semplice possesso all’utilizzo, trasferendone l’onere sulle imposte dei carburanti?
«Lo stato incassa dai 7 agli 8 miliardi l’anno dal bollo: impensabile che possa rinunciarci. Recuperare altrove questa somma significherebbe penalizzare chi usa molto l’automobile per lavoro, e questo non mi pare socialmente giusto».
Lo scorso dicembre l’Antitrust ha multato l’ACI per 3 milioni di euro con l’accusa di aver riscosso commissioni indebite sul pagamento del bollo con carta di credito e Bancomat, provvedimento poi sospeso dal Tar del Lazio. Può chiarire quanto è successo?
«Siamo un ente pubblico, non possiamo evitare di far pagare la commissione di 20 centesimi a operazione che finisce poi alle banche. Il Tar con la sospensiva ha accolto le nostre ragioni: vedremo quale sarà il giudizio finale».
Fra treni veloci e aerei low-cost, considerando quanto costa acquistare un’auto, il prezzo della benzina, delle autostrade e dei parcheggi, il vero lusso oggi è viaggiare in macchina. Esiste un modo per evitare che lo sia sempre di più?
«L’unica via è spingere per una politica accorta per il contenimento dei costi del carburante e per un’offerta di mobilità flessibile, moderna e più ecologica possibile. Occorre però pensare anche a chi abita fuori città, o lavora in campagna dove muoversi è più difficile: usare l’auto è un diritto che va comunque difeso».
Il ruolo dell’ACI in ambito sportivo resta molto forte. Secondo il presidente del Coni, Malagò, senza il prezioso lavoro diplomatico di Sticchi Damiani, Monza avrebbe perso il suo GP di Formula 1…
«È stata una trattativa difficilissima quella del rinnovo del contratto, durata due anni e mezzo, che ha coinvolto molti soggetti. Ecclestone è un interlocutore durissimo e le cifre in questione erano molto impegnative. Ma l’ACI aveva le competenze per mediare e trovare la soluzione. La disponibilità economica della Regione Lombardia e del governatore Maroni poi è stata decisiva per arrivare al traguardo».
Ora servirebbe fare di più per sfruttare il potenziale dell’autodromo...
«Questa è la vera scommessa. Monza è una grande opportunità per l’Italia, e non solo durante il Gran Premio, soprattutto dopo Expo. Servono risorse per dare un senso compiuto all’esborso fatto per conservare la gara di Formula 1».
Intanto il progetto ACI Team Italia ha portato un giovane pilota italiano, Antonio Giovinazzi, a diventare la terza guida della Ferrari per la prossima stagione. Come funziona il vostro percorso federale?
«Abbiamo un grande movimento, che parte dal basso. L’80% dei kart venduti nel mondo sono costruiti in Italia e quasi tutti i piloti di F1 arrivano dal kart e hanno imparato a correre in Italia. Oggi le nostre scuole hanno un vivaio straordinario, dai ragazzi della Formula 4 al rally. Essere la culla delle future stelle dell’automobilismo sportivo ci riempie d’orgoglio».