Una giovane orafa all'opera - Archivio
Dal record di esportazioni alla difficoltà a trovare personale qualificato
Il comparto è diviso in vari distretti, con una concentrazione nelle province di Vicenza, Arezzo e Valenza, che copre il 69,3% delle vendite italiane all’estero. Va poi aggiunta Milano, che vanta origini antichissime e rimane una vetrina internazionale unica. Mentre il distretto orafo campano è strutturato su tre poli: Napoli, Marcianise e Torre del Greco, conta oltre 2mila imprese coinvolte nell’indotto, fra produzione, ingrosso e commercio. Inoltre le imprese del commercio al dettaglio di orologi, articoli di gioiellerie e argenteria sono circa 13.296. Dal 2013 al 2021 hanno chiuso circa 4mila gioiellerie. Il fatturato complessivo delle gioiellerie in Italia è stimato in poco meno di circa cinque miliardi di euro. Oltre il 40% del fatturato complessivo è prodotto dagli operatori delle regioni del Nord Ovest. Il fatturato è in crescita rispetto al 2020, ma non ha ancora raggiunto i livelli pre-pandemia. Gli occupati delle gioiellerie in Italia sono 33.890. Il comparto conferma una buona dinamica di fatturato e produzione, trainati dagli ottimi risultati sui mercati internazionali. Nel periodo gennaio-settembre le esportazioni di gioielli hanno realizzato una crescita del 26,6% in valore e del 30% in quantità. Complessivamente le esportazioni di gioielli in preziosi a settembre 2022 si sono attestate a 6,7 miliardi di euro con un pieno recupero dei livelli pre-Covid (+41,6% in valore e +9,3% in quantità). Dal punto di vista geografico, gli Stati Uniti con oltre un miliardo di euro restano il primo mercato di riferimento, per effetto anche del rafforzamento del dollaro, ma la crescita delle esportazioni di gioielli made in Italy risulta diffusa ai principali mercati come Svizzera e Francia ed Emirati Arabi Uniti. Lo scenario in cui le imprese del comparto si troverannno ad operare è condizionato da forte complessità e incertezza e sarà importante proseguire lungo la strada del rafforzamento competitivo per reagire velocemente alle continue sfide che si presenteranno. Le statistiche e le rilevazioni contenute nella III edizione dell’inchiesta congiunturale realizzata dal Club degli Orafi, in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo - realizzata a dicembre 2022 su oltre 40 imprese attive nel comparto produttivo e distributivo - confermano la buona tenuta del settore. A supportare questa visione anche le statistiche Istat ufficiali che indicano una variazione dell’indice di fatturato nel periodo gennaio-ottobre del +25%, meglio dei settori della filiera della moda e del manifatturiero. Anche dal punto di vista della produzione industriale il settore conferma una buona tenuta dell’operatività con una crescita tendenziale nel periodo gennaio-novembre sia rispetto al 2021 (+15%), sia nel confronto con il 2019 (+28%). Si conferma centrale la capacità del comparto di competere anche nel contesto internazionale con una forte spinta delle esportazioni: nei primi nove mesi del 2022 le vendite all’estero di gioielli in oro sono cresciute del 30% in valore e dell’11% in quantità; anche nel confronto con il pre-Covid il settore mostra il pieno recupero dei livelli, con una crescita del 40% in valore e del 16% in quantità. Il settore orafo italiano è riuscito a consolidare il proprio posizionamento nei principali sbocchi commerciali e in particolare ha guadagnato posizioni negli Stati Uniti dove ha raggiunto una quota di mercato del 12,7% a novembre 2022. Per il 2023 l’indagine evidenzia attese di rallentamento e di maggior prudenza generalizzate tra le diverse classi dimensionali; per le imprese di maggiori dimensioni resta però un sentiment a maggioranza positivo sia per il mercato interno (56% dei rispondenti), sia per il mercato estero (61%). In termini di prospettive, le attese degli operatori si concentrano sulle opportunità derivanti da una risoluzione del conflitto e dalla ripresa dei flussi turistici internazionali che è stata indicata soprattutto dai rispondenti di micro-piccole dimensioni con una percentuale del 60%; per le imprese più grandi la prima opportunità è rappresentata invece dalle operazioni di acquisizione e crescita dimensionale (44%) a dimostrazione di un’elevata sensibilità alle opportunità di rafforzamento che il mercato può offrire. Le sfide competitive sono concentrate soprattutto nel confronto con gli altri operatori nazionali o europei, mentre le difficoltà maggiori sono rappresentate dal problema di reperire manodopera, indicato da un rispondente su due (si sale all’87% dei casi per le imprese specializzate nella produzione) e che, per effetto di un progressivo ridimensionamento delle problematiche legate alla gestione delle materie prime e degli approvvigionamenti si colloca al primo posto; rispetto alla rilevazione effettuata a inizio anno la percentuale che ha indicato difficoltà a reperire manodopera è passata dal 27% al 51%. Per il 2023 l’indagine evidenzia attese di rallentamento e di maggior prudenza generalizzate tra le diverse classi dimensionali; per le imprese di maggiori dimensioni resta però un sentiment a maggioranza positivo sia per il mercato interno (56% dei rispondenti), sia per il mercato estero (61%). Secondo le proiezioni della multinazionale americana McKinsey, entro il 2025 prospererà la gioielleria di marca con un tasso di crescita annuale previsto dall’8% al 12%. Questo andamento vale sia per i grandi marchi che per quelli emergenti. Similmente le vendite on line segneranno un progresso totale atteso tra il 13% e il 21%. Tuttavia, lo sviluppo digitale dovrà essere adeguatamente strutturato perché i consumatori si aspetteranno lo stesso servizio in termini di attenzione rispetto all’esperienza fisica del negozio. Si punterà perciò sempre di più a esperienze ibride o phyghital per incrementare le vendite. Infine, la sostenibilità (intesa come tracciabilità delle materie prime e trasparenza sull’origine del prodotto naturale o sintetico) svolgerà un ruolo chiave nell’orientare la scelta degli acquirenti, aumentando gli acquisti relativi ai gioielli dal 20% al 30% fino alla metà del decennio in tutto il mondo (specialmente in Europa e negli Usa).