Voucher baby-sitting anche alle lavoratrici autonome. Dopo le dipendenti e parasubordinate, anche le madri commercianti, artigiane, coltivatrici dirette, mezzadre, colone, imprenditrici e pescatrici hanno la possibilità di richiedere un contributo di 600 euro, in cambio di un mese di congedo parentale, per acquistare servizi di baby-sitting o pagare gli oneri della rete pubblica o privata dei servizi all’infanzia. A stabilirlo è il decreto 1° settembre 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 252/2016, in attuazione alla legge di Stabilità 2016. L’Inps ha dettato le istruzioni operative con circolare n. 216/2016, stabilendo che le domande si presentano on line entro il prossimo 31 dicembre, salvo chiusura anticipata per esaurimento risorse pari a due milioni di euro.
Si tratta di una misura introdotta dalla legge n. 92/2012 (la riforma Fornero), allo specifico scopo di aiutare le famiglie a sostenere le spese per l’acquisto di servizi per l’infanzia. Consiste di uno scambio: rinuncia a un mese di congedo parentale in cambio del contributo di 600 euro (è una sorta di “monetizzazione” del congedo parentale). Ne possono beneficiare le lavoratrici madri e, originariamente, solo quelle dipendenti, cioè titolari di un rapporto subordinato, sia nel settore pubblico sia in quello privato, nonché le lavoratrici autonome iscritte alla gestione separata Inps. La legge di Stabilità 2016, poi, l’ha estesa alle altre lavoratrici autonome, cosa che è praticamente avvenuta col citato decreto 1° settembre, che ha individuato queste categorie di beneficiarie: imprenditrici agricole; coltivatrici dirette, mezzadre e colone; artigiane ed esercenti attività commerciali; pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne.
La monetizzazione è utilizzabile alternativamente:
a) per acquistare servizi di baby-sitting, mediante i cosiddetti «buoni lavoro» («voucher»);
b) (oppure) per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, direttamente pagati dall’Inps il pagamento diretto del bonus.
La prima via è praticata mediante i cosiddetti «buoni lavoro» («voucher»), attraverso cui è possibile acquistare prestazioni di lavoro accessorio; la seconda via, invece, è attuata direttamente dai servizi accreditati che ottengono dall’Inps il pagamento diretto del bonus.
La monetizzazione (lo scambio) avviene al valore di 600 euro a mese per congedo parentale cui si rinuncia, per un periodo massimo di tre mesi (quindi 1.800 euro totali), in base alla richiesta della lavoratrice. La monetizzazione opera in ragione di ogni singolo figlio; quindi, in presenza di più figli è possibile accedere a più bonus.
La domanda, come accennato, va presentata all’Inps esclusivamente in modalità telematica, accedendo al sito tramite Pin dispositivo oppure tramite Patronato. Nella domanda, tra l’altro, la lavoratrice deve indicare e dichiarare:
a) a quale dei due benefici intende accedere e, in caso di scelta del contributo per far fronte agli oneri della rete pubblica o privata dei servizi per l’infanzia, indicare anche la struttura per l’infanzia (pubblica o privata accreditata) nella quale la lavoratrice stessa ha effettuato l’iscrizione del minore (questa scelta non può essere variata, salvo la presentazione di una nuova domanda, che comporta revoca della precedente, entro i limiti temporali di presentazione);
b) il periodo di fruizione del beneficio, specificando il numero di mesi;
c) la rinuncia al corrispondente numero di mesi di congedo parentale;
d) di aver presentato la dichiarazione Isee valida.