Anziché essere un momento che portava serenità e speranza sulla vicenda Alitalia, quella di ieri ha finito coll’essere una giornata di confusione e di scontro tra ministeri. Perché il vice premier Luigi Di Maio dipingeva, durante la riunione con i sindacati al Mise, un’operazione non «per salvarla ma per rilanciarla», salvaguardando l’occupazione, perché il vettore deve essere la compagnia di bandiera, aspettandosi un’offerta vincolante da potenziali partner entro fine mese e 'evocando' una quota pubblica nel capitale della compagnia aerea senza precisare l’ammontare. Il possibile coinvolgimento dello Stato, resta però da definire, ha detto Di Maio, che ha parlato di una newco con una dotazione di «almeno 2 miliardi» dove ci siano Cdp e Ferrovie dello Stato. Queste ultime in serata hanno emesso una stringata nota precisando che «FS Italiane ha presentato oggi (ieri, ndr) pomeriggio una manifestazione di interesse per Alitalia. Tale manifestazione, necessaria per analizzare al meglio il dossier relativo all’azienda, non è in questa fase vincolante». Ammontare 'individuato' in serata dal sottosegretario ai trasporti, Armando Siri: «Non immaginiamo uno Stato con una quota su- periore al 15-20%, staremo in linea con le partecipazioni». Aggiungendo: «L’importante è che ci sia un piano industriale sostenibile che dia prospettive per il futuro: non vogliamo soluzioni posticce, ma una soluzione seria e industriale». E il ministro ha pure precisato che una parte del prestito-ponte da 900 milioni – in scadenza a dicembre – concesso ad Alitalia potrebbe essere convertito in una quota di capitale, detenuta dal ministero dell’Economia.
Ma l’entusiasmo di Di Maio è stato raffreddato a distanza dal titolare del dicastero dell’Economia, Giovanni Tria: «Penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlare il ministro dell’Economia. Io non ne ho parlato», ha affermato il ministro, a margine dei lavori del Fondo monetario internazionale in svolgimento a Bali, in merito all’ipotesi di un ingresso del Tesoro nel capitale del vettore. Un evidente segnale che tra ministeri non si parlano. L’operazione, però, potrebbe non piacere all’Europa, con un portavoce della Commissione che ha precisato che «gli interventi pubblici devono rispettare le regole degli aiuti di Stato che si assicurano che, per restare sul mercato, le aziende competano sul merito piuttosto che sul sostegno dello Stato». Resta il fatto che i sindacati si sono subito detti soddisfatti: «Non mi scandalizza per niente una partecipazione» dello Stato in Alitalia, «ad esempio attraverso Cdp, o ancora meglio attraverso aziende di proprietà pubblica che possono essere interessate anche in termini di sistema: credo che però vada innanzitutto cercato un partner industriale internazionale per rafforzarla davvero», ha dichiarato la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan. «Credo che Alitalia – ha aggiunto – sia un’azienda assolutamente importante nell’economia del Paese. Siamo un Paese turistico: avere una grande compagnia è importante. Ci vuole, quindi, un progetto». Giudizio positivo anche da parte del segretario confederale Cgil, Susanna Camusso. Soddisfatti pure i piloti di Anp, l’Unione sindacati di base e Unipresa. Ma non sono mancate le voci contrarie e, addirittura, l’Osservatorio nazionale sulle liberalizzazioni e sui trasporti ha chiesto il parere degli italiani attraverso un referendum.