Regione che vai stage che trovi. È proprio il caso di dirlo osservando il lavoro di mappatura effettuato dal gruppo di ricerca di Adapt e pubblicato nel Rapporto di analisi e primo bilancio delle nuove regolamentazioni regionali implementazione delle linee-guida della riforma Fornero che verrà presentato al convegno internazionale Tirocini formativi: opportunità o sfruttamento? (25-26 ottobre a Bergamo). A distanza di ormai tre mesi dalla scadenza indicata nelle linee-guida nazionali, infatti, lo studio mostra una vera e propria Babele di regolamentazioni. Per prima cosa esiste una forte disomogeneità normativa: non tutte le Regioni hanno ancora recepito le linee guida, e, tra quelle che l’hanno fatto, non tutte dispongono di una normativa completa. Si sono dotate di una normativa completa, più o meno fedele alle Linee-guida: Abruzzo, Toscana, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Sicilia e Veneto. Solo formalmente adempienti, in quanto hanno emanato una legge di recepimento delle Linee-guida, ma rimandano a successivi documenti attuativi per la regolazione di aspetti fondamentali e/o per l’entrata in vigore e/o disciplinano in maniera incoerente con gli standard mimi nazionali invece: Basilicata, Bolzano, Liguria, Molise, Puglia, Umbria e Trento. Non è stata ancora pubblicata alcuna normativa in Sardegna e Valle d’Aosta. In assenza di una regolamentazione regionale antecedente il rischio è quello di un vuoto normativo, visto che la legge Treu pare a rischio illegittimità dopo la sentenza della Corte costituzionale.Inoltre, il lavoro di monitoraggio ha mostrato una forte disomogeneità economica. Lo stage, oltre ad affossare definitivamente l’apprendistato, rischia paradossalmente di trasformarsi in un contratto di inserimento a basso costo: un boomerang non solo verso chi lo aveva abrogato per fare spazio all’apprendistato – Legge Fornero – ma anche verso chi lo aveva fatto bersaglio della propaganda anti-abuso, riconducendo lo sfruttamento dello stagista alla mera mancanza di retribuzione. La disomogeneità fra le Regioni raggiunge infatti il suo massimo con riguardo agli importi minimi per le indennità di partecipazione (compensi) da corrispondere al tirocinante. La sperequazione è netta, con indennità minime che variano da 300 a 600 euro per prestazioni che possono essere di equo valore.Le Regioni più generose risultano essere l’Abruzzo e il Piemonte, dove gli stage devono essere pagati minimo 600 euro, a seguire Toscana e Friuli Venezia Giulia (500 euro), Emilia Romagna e Puglia (450 euro), Calabria, Campania, Lazio e Liguria (400 euro), Lombardia e Veneto (400 euro, o 300 euro più i buoni pasto), e, infine, Marche (350 euro), Basilicata e Sicilia, che si sono attestate sul minimo indicato dalle Linee-guida (300 euro). La sperequazione pare inoltre insensata. Se l’indennità era intesa come mezzo di sussistenza per coprire (parte dei) costi connessi alla effettuazione di un periodo di stage, magari in una città diversa da quella di residenza, non si comprende il motivo per il quale uno stagista in Lombardia dovrebbe essere pagato come in Calabria, mentre uno stagista abruzzese il doppio.In Piemonte e Friuli Venezia Giulia l’indennità è stabilita “a ore”: minimo 300 euro fino a 20 ore settimanali, aumentato fino a minimo 600 euro (in Piemonte) o 500 euro (in Friuli Venezia Giulia) per 40 ore. La corrispondenza fra indennità economica e impegno in termini di tempo è inoltre rilevabile nelle normative regionali del Lazio (dove l’indennità viene erogata per intero a fronte di una partecipazione minima ai tirocini del 70% su base mensile e, se inferiore, in modo proporzionale) e del Veneto (dove l’indennità è ridotta del 50% a fronte di un impegno orario mensile fino a 80 ore). Anche in Lombardia, il tirocinio potrà essere pagato meno - 300 euro invece di 400 euro - se l’impegno giornaliero del tirocinante sarà pari al massimo a 4 ore. Che il tirocinio si stia trasformando in un “contratto di primo ingresso” è inoltre visibile dall’esempio della Calabria, dove l’indennità, come accade per la retribuzione contrattuale, “è rivalutabile secondo indicizzazione Istat”. A ben vedere però, la scarsa centralità della formazione e lo snaturamento di un prezioso metodo dell’alternanza, rappresentano una minaccia maggiore per i giovani dell’aumento dei prezzi.
A tre mesi dalla scadenza imposta dalla riforma, regolamentazioni disomogenee e incomplete. Anche le indennità variano da 300 a 600 euro al mese.
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