Guerra aperta dentro la maggioranza sulla manovra. Il ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - nonché leader dei Forza del Sud - Gianfranco Miccichè rompono gli argini e agitano le acque. Che ieri un nuovo auspicio di concordia dal Colle più alto d’Italia aveva cercato di rasserenare. Ammonendo: è l’ora della responsabilità in un momento delicatissimo. Un’apertura arriva dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, a manovra varata, dà atto all’opposizione di essere stata responsabile ed esclude il voto di fiducia.Durante le convulsa giornata Miccichè tuona: se passassero i tagli alle energie rinnovabili - ipotesi che poi rientra - «non voteremo la manovra, nemmeno se a chiedercelo fosse Napolitano». Mentre Galan non tira in ballo il Colle, ma entrando al Consiglio dei ministri è categorico: «Se è una manovra che impone sacrifici ai cittadini, tipo tagli alle pensioni o patrimoniali, e neanche un soldo per gli investimenti, io non la voto». Tanto da prendersi, a quanto riferiscono i presenti, un fermo richiamo dal presidente del Consiglio: in questo momento è grave farsi vedere divisi.Nel giorno dell’annuncio delle decisioni necessarie per uscire dalla crisi, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano è tornato a esercitare la sua autorità morale, insistendo già dal mattino sul dialogo. Dapprima in una nota in cui ha chiesto che «prima e dopo le deliberazioni» dell’esecutivo «si sviluppi il confronto più attento, aperto alle proposte di tutte le forze politiche e sociali che, come già ieri in Parlamento, appaiono consapevoli delle comuni responsabilità nell’attuale delicatissimo momento». Parole cadute proprio mentre Berlusconi era impegnato in una difficile partita con gli enti locali, ai quali stava annunciando tagli draconiani. In seguito sul sito del Quirinale è apparso un dettagliatissimo resoconto dei più recenti interventi del Capo dello Stato sulla crisi. Quasi a dire: non potete dire che non ho parlato con chiarezza.In questo senso è andato il giro d’orizzonte compiuto tra giovedì e ieri con le forze politiche e i presidenti di Senato e Camera. Che ha visto l’altroieri l’incontro con lo stesso Berlusconi - insieme a Letta e Tremonti - dopo che questi aveva avuto un colloquio con il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Ieri, a completare queste consultazioni "sui generis" (che hanno investito quasi tutte le forze politiche, ma non la Lega Nord) sono saliti al palazzo del Quirinale il presidente della Camera Gianfranco Fini e il segretario del Pdl Angelino Alfano. Scopo di questo
tourbillon di colloqui è stato imprimere una accelerazione al varo del decreto per anticipare il pareggio di bilancio e sondare soprattutto la posizione delle opposizioni (tra i primi a salire al Colle sono stati il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani e dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, che ieri hanno mantenuto un silenzio assoluto fino all’approvazione delle misure, criticandole poi apramente) allo scopo di verificare se vi sia quella disponibilità al dialogo che ha consentito in luglio un rapido iter parlamentare della manovra.«Nel corso di tutti i colloqui», sottolinea la nota ufficiale, il Capo dello Stato «si è ispirato alle preoccupazioni ed esigenze più volte espresse negli ultimi tempi» ed «è ora in attesa delle deliberazioni che il Consiglio dei ministri adotterà per far fronte ai gravi rischi emersi per l’Italia in conseguenza delle tensioni sui mercati finanziari, e per corrispondere alle attese delle istituzioni europee». Nessuna dichiarazione al temine dell’incontro da parte della terza carica dello Stato. Mentre l’ex Guardasigilli, ora guida del partito berlusconiano, aveva già espresso la consonanza con la
moral suasion alle forze politiche espressa più volte da Napolitano nelle scorse settimane, auspicando in un’intervista televisiva giovedì sera «che le principali forze politiche la smettessero di litigare e guardassero insieme per il futuro degli italiani».