Una studentessa sui banchi - CC
Lo studio è da sempre considerato l’ascensore sociale in grado di aprire le porte a un futuro migliore. Oggi però, chi nasce in una famiglia povera un futuro spesso non lo immagina nemmeno. Dopo la pandemia, la quota dei giovani in povertà educativa ha superato il 14% e il disagio si riverbera soprattutto fra i ragazzi più grandi. Secondo i dati dell’Osservatorio Openpolis, nel 2023 il nostro Paese è stato terzultimo in Europa per numero di laureati e meno di uno studente non abbiente su due ha dichiarato di voler frequentare un corso universitario dopo la Maturità.
Una delle possibili alternative a un sistema di “caste”, dove chi parte svantaggiato sembra destinato a rimanerlo, sono i fondi studio che fanno credito agli studenti perché possano proseguire la carriera universitaria o professionalizzante. Quello istituito nel 2010 dall’allora governo Berlusconi - con Giorgia Meloni ministro della Gioventù- e ancora gestito dalla partecipata del Ministero dell’Economia e delle Finanze Consap per anni ha stentato a decollare, ma la Garanzia di Ultima Istanza aggiunta grazie a un emendamento sulla legge originaria potrebbe rilanciarlo. Offrendo ai più bisognosi l’opportunità di richiedere un prestito totalmente garantito dalle istituzioni. «In dieci anni, non abbiamo ricevuto più di duemila richieste e le banche aderenti sono state solo 23. Il motivo non era soltanto la sua scarsa conoscenza fra i giovani, bensì anche condizioni svantaggiose per gli istituti. Quest'ultimi, infatti, rischiavano molto di più in caso di insolvenza e il fondo si trovava a coprire tutto l’insoluto se falliva. Ora invece interviene sempre lo Stato, che investe sul suo avvenire mentre le banche guadagnano nuovi potenziali clienti. La percentuale di default non oltrepassa il 3%» spiega il presidente dell’ente Sestino Giacomoni.
Gli unici requisiti per poterne usufruire sono un’età compresa fra i 18 e i 40 anni e il merito (diploma liceale conseguito con punteggio non inferiore a 75/100 e almeno la metà degli esami universitari superati o e una laurea da minimo 100/110). Per il resto, basta fare domanda alla Concessionaria dei servizi assicurativi pubblici e attendere che venga approvata. Da lì in poi, la pratica passa nelle mani dell’ente finanziatore, ossia l’istituto di credito a cui lo studente si è rivolto, che può erogare una cifra massima di 25mila euro, da restituire in rate dai 3mila ai 5mila euro. «Ma stiamo lavorando per aumentare il plafond a 50mila euro da gennaio- annuncia- permettendo così agli studenti di far fronte anche al caro alloggi. Chiediamo nuovi fondi al governo e vogliamo coinvolgere nel progetto altri soggetti come le regioni e Cassa Depositi e Prestiti, specialmente in quei contesti, come le grandi città, dove le spese sono più alte della media nazionale». Corsi di laurea, di specializzazione professionale, di lingua, master i percorsi finanziati. «Ci piacerebbe ampliare anche il ventaglio dei progetti. Aggiungendo, per esempio, la possibilità di perfezionarsi in università straniere, luoghi nei quali ormai tanti giovani si recano» aggiunge Giacomoni. Qualora il beneficiario non riesca ad estinguere il debito, le casse del Fondo copriranno il 30% del non versato. La restituzione della somma comunque non dovrà avvenire prima di 30 mesi dall’ultima tranche del prestito, concedendo quindi tutto il tempo per concludere gli studi o trovare lavoro.
Fra le aule dei nostri atenei fatica però a radicarsi la cultura del prestito come investimento sulla propria persona. Come segnala la stessa Consap: «Solo l’1% dei giovani italiani ricorre a finanziamenti per studiare contro il 12% della Germania, eppure farlo non significa indebitarsi. Spingiamo verso questa soluzione e uno dei modi per riuscirci è digitalizzare il percorso, dalla domanda all’erogazione, migliorando la piattaforma che abbiamo creato con Habacus. Sarà necessario andare in banca solo per firmare il contratto. L’altro è mettere a punto una campagna pubblicitaria efficace per far conoscere il programma, specialmente sui social».