Un laboratorio di accoglienza e condivisione reso impresa, attraverso un lavoro che consiste nella trasformazione e commercializzazione di prodotti biologici: un lavoro svolto insieme ad handicappati, tossicodipendenti, dimessi dal carcere, ragazze ridotte in schiavitù, quegli 'ultimi' non di rado scartati dal mondo del lavoro, come un’allegoria in chiave economica di quella «pietra scartata dai costruttori e divenuta testata d’angolo» cui fa riferimento il Salmo 117. È l’esperienza imprenditoriale della 'Pietra Scartata', laboratorio protetto sorto quasi 30 anni fa a San Giovanni Marignano, nel Riminese, da Daniela e Pino Pasolini, che trasforma e commercializza prodotti alimentari biologici con il marchio commerciale 'La Madre Terra'. 'Era il 1987 quando mio padre Pino, responsabile di una casa famiglia dell’Associazione Papa Giovanni XXIII insieme a don Oreste Benzi, il 'prete dalla tonaca lisa', ebbe un’intuizione profetica: realizzare un luogo dove le persone 'scartate' dalla società potessero ritrovare la propria dignità attraverso il lavoro e la relazione» testimonia Francesco Pasolini, dell’Associazione Papa Giovanni XXIII. È la storia di un’impresa economica iniziata a partire dagli ultimi, «rispettando la natura come Dio l’ha creata»: un brand ormai affermato che oltre ad identificare prodotti biologici di alta qualità, racchiude l’impegno di quanti, diversamente abili e non, riscattano la propria dignità proprio attraverso il lavoro. «Non sono mancate difficoltà», aveva già raccontato, interpellato sul tema, Pasolini al Polo Lionello Bonfanti di Figline Incisa in Val d’Arno a marzo dello scorso anno, in occasione del convegno 'Verso un’economia per il bene comune', organizzato dalla rete di movimenti cattolici ed evangelici di 'Insieme per l’Europa'. «Spesso sono arrivate difficoltà che avrebbero anche potuto soffocare l’attività, ma è lì che abbiamo sentito la spinta a continuare con fede ». Oggi sono inserite nel ciclo produttivo 35 persone, di cui 20 accolte in relazione al disagio psico-fisico, un’équipe di 10 operatori con diverse funzioni di responsabilità, alcuni ragazzi dimessi dal carcere con forme alternative, ragazzi che stanno svolgendo il programma terapeutico di recupero dalla tossicodipendenza e, periodicamente, gruppi di giovani che desiderano sperimentare la ricchezza della diversità nella condivisione sul lavoro. Eterogeneità di presenze e un intreccio di relazioni: ecco il reale 'capitale sociale' della Pietra Scartata, la cui proposta economica si pone in evidente alternativa ad alcuni assurdi modelli per i quali in nome della logica del profitto tutto è sacrificabile o comunque consentito. La scelta di lavorare 'dando speranza a chi non ha speranza' si accompagna a quella di trasformare prodotti biologici di qualità: l’esigenza di proporre prodotti buoni e sani nasce dal desiderio di realizzare 'cieli nuovi e terra nuova', tenendo conto appunto che il Creatore dell’uomo è anche quello dell’ambiente in cui l’uomo vive e che entrambi gli sono cari. Il laboratorio rappresenta una risposta alternativa allo strapotere di certi standard di produzione e consumo: «Siamo consapevoli delle difficoltà di questo progetto, ma allo stesso tempo testimoni, nel corso degli anni, della sua fattibilità. Per questo siamo orgogliosi di essere 'sopravvissuti' e, malgrado l’arrivo di grossi gruppi economici per i quali noi non possiamo che essere 'piccola pietra di inciampo', nella fiducia che, lavorando per una società migliore e più giusta, riusciamo sempre a vivere di questo lavoro», scrivono Pasolini e gli operatori sul sito di riferimento, www.lamadreterra.it .