domenica 27 marzo 2016
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pianeta verde P iù qualità e più quantità. Traguardo ambizioso per molti comparti dell’agroalimentare e ancora di più per uno di quelli che da sempre hanno fatto l’eccellenza produttiva italiana. Ma è la sfida che governo e produttori sembra si siano dati con il Piano olivicolo nazionale. Partendo dai 32 milioni di euro messi a disposizione dal ministero per le Politiche agricole che serviranno per l’incremento della produzione nazionale di olive e olio extravergine di oliva, per la promozione e valorizzazione dei prodotti e per una più forte organizzazione della filiera nazionale. Una cosa seria a quanto pare, che ha fatto dire al ministro Maurizio Martina che «con l’approvazione per la prima volta del piano olivicolo nazionale» si inizia a «definire una strategia produttiva che mancava da troppi anni in Italia». Per ora i produttori aspettano le mosse del Piano che sono sostanzialmente quattro. Prima di tutto ciò che serve per l’incremento della produzione nazionale senza però accrescere la pressione sulle risorse naturali, in modo particolare l’acqua, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e l’introduzione di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica. Il governo vuole poi spingere l’acceleratore sulla ricerca per accrescere e migliorare l’efficienza dell’olivicoltura italiana così come sulle iniziative di valorizzazione anche attraverso l’attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato interno e su quelli internazionali. L’ultima serie di azioni riguarda il recupero varietale delle cultivar nazionali di olive da mensa in nuovi impianti olivicoli integralmente meccanizzabili. In gioco non solo uno dei migliori prodotti che contribuiscono alla creazione del buon nome dell’agroalimentare nostrano nel mondo, ma anche un comparto che economicamente significa un giro d’affari di circa tre miliardi di euro (il 3% del fatturato agroalimentare nazionale), qualcosa come 900mila imprese e una produzione che nell’ultima campagna anche con le difficoltà che vi sono state è arrivata a superare le 300mila tonnellate con 42 oli a denominazione di origine protetta. Se tutto funzionerà come deve, l’Italia farà un consistente passo in avanti verso il miglioramento della qualità agroalimentare. Basta pensare che – parlando solamente di prodotti a marchio Dop e Igp – il nostro Paese è già forte di 805 denominazioni iscritte registro Ue, di cui 283 Food e 523 Wine, per un valore complessivo di 13,4 miliardi, pari al 10% del fatturato totale dell’industria alimentare. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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