È il settore più rivoluzionato dalla manovra: a conferma che, quando serve, la previdenza rimane uno dei serbatoi più 'gettonati' a cui attingere. Con il decreto si ottengono, in un colpo solo, i seguenti effetti: viene frenata o azzerata la rivalutazione annua delle pensioni medio-alte, si introduce un taglio almeno del 5% per quelle sopra i 90mila euro annui, si anticipa l’innalzamento dell’età di ritiro che farà lasciare a tutti il lavoro più tardi, si obbligano i pensionandi con 40 anni di contributi ad andarsene un mese dopo e si stabilisce dal 2020 l’aumento dell’età di pensione anche per le donne che lavorano nel privato. Un ricco carnet , dunque. La misura che ha provocato più polemiche (oggi protesterà lo Spi-Cgil) è quella sulle indicizzazioni che ogni anno, il 1° gennaio, fanno salire un po’ l’importo degli assegni (per il 2012, a esempio, a oggi è prevedibile che la percentuale di adeguamento sarà di circa il 2%). Questa percentuale nel biennio 2012/13 resterà ora applicata al 100% per le pensioni più basse, fino a 1.428 euro mensili lordi; nell’ultima versione calerà invece dal 90 al 70% (in un primo tempo si era ipotizzato il 45%) per quelle fino a 5 volte gli assegni minimi, ovvero dai 1.428 fino a 2.380 euro. Ma attenzione, l’aumento ridotto varrà solo per la fascia di pensione sopra i 1.428 euro: in pratica, la perdita sarà al massimo di 6 euro. Resta confermato l’azzeramento degli aumenti annui per quelle sopra i 2.340 euro lordi al mese, sempre nella parte eccedente tale soglia. Ben più netto è invece il taglio per chi percepisce lauti assegni previdenziali: da agosto e fino a tutto il 2014, i livelli sopra i 90mila euro lordi l’anno saranno tagliati del 5%, quelli sopra i 150mila del 10%. Un’altra sorpresa finale in negativo riguarda l’anticipo della norma approvata nel 2010 (e presentata allora da Tremonti come «la vera riforma delle pensioni») che fa salire in automatico per tutti l’età di pensione in rapporto all’allungamento delle aspettative di vita. Per i trattamenti di vecchiaia e per l’assegno sociale l’età dovrebbe salire di 3 mesi dal 1° gennaio 2013 (doveva scattare dal 2015). Per i successivi interventi triennali, dal 2016 al 2030, la stima è di successivi innalzamenti di 4 mesi, che si ridurranno a 3 mesi dal 2030. A conti fatti nel 2050, rispetto a oggi, si dovrebbe andare in pensione 3 anni e 10 mesi più tardi. Un’altra novità introdotta nelle battute finali si rivela spiacevole per i lavoratori con 40 anni di contributi, che vengono 'toccati' per la prima volta: per il 2011 in corso non cambia nulla, ma da gennaio 2012 dovranno comunque aspettare un mese in più per lasciare il lavoro; poi quest’attesa si prolungherà a 2 mesi dal 2013 e a 3 per chi matura i 40 anni nel 2014. Le donne, infine: è confermata la partenza nel 2020 dell’aumento, dagli attuali 60 anni, dell’età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore privato (il processo è già in corso nel pubblico impiego). Il meccanismo è graduale e si arriva a 65 anni nel 2032.