Con quasi tre miliardi e mezzo di euro tirati fuori ieri, all’improvviso, Lactalis conta di chiudere l’operazione Parmalat. La società francese di proprietà della famiglia Besnier, che da marzo ha il 29% delle azioni di Collecchio, ha messo sul tavolo 3,375 miliardi per lanciare un’offerta pubblica di acquisto sull’altro 71%. I francesi offrono 2,6 euro ad azione, un prezzo superiore del 13% a quello dell’ultima quotazione di Parmalat e del 21% sopra la media degli ultimi tre mesi. In Borsa le azioni hanno guadagnato il 10,7% portandosi a 2,56 euro, a un passo dal valore a cui i francesi le vogliono comprare. L’Opa valuta l’intera Parmalat 4,75 miliardi. Ed è più o meno questa la cifra che adesso deve riuscire a mettere assieme la cordata italiana – formata dalle banche Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit e Bnl e dallo Stato, tramite la Cassa depositi e prestiti – se vuole rispondere con un’eventuale contro-Opa. Fino a ieri gli italiani ragionavano su un investimento di gran lunga inferiore per rilevare il 60-70% delle azioni. La mossa a sorpresa dei francesi li costringerebbe a fare un’offerta sull’intero capitale e a un prezzo superiore ai 2,6 euro ad azione. La costruzione della trincea che deve evitare che la Parmalat diventi la
Parmalait appare troppo costosa. A meno che non si trovi una soluzione politica.Certo «è singolare» che l’offerta di Lactalis sia stata presentata proprio nel giorno in cui Nicolas Sarkozy è arrivato in visita a Roma. Lo ha ammesso lo stesso Silvio Berlusconi, che si è trovato spiazzato nel dovere affrontare il tema Parmalat con il collega francese in condizioni ben diverse dal previsto. I due hanno ribadito la loro fiducia nel libero mercato, ma nello stesso tempo hanno aperto a una soluzione pilotata dai governi per la casa di Collecchio. «Mi auguro che imprenditori italiani possano avanzare proposte perché si possa raggiungere un accordo di partecipazione italiana insieme a Lactalis» ha spiegato Berlusconi, che non ritiene "ostile" l’Opa dei francesi. «Dobbiamo trovare una soluzione e i ministri Lagarde e Tremonti la troveranno» ha confermato Sarkozy, arrivato in Italia anche per assicurare che, nonostante i casi di Lvhm-Bulgari ed Edf-Edison, «non c’è ragione che ci facciamo la guerra». Dal ministero del Tesoro però è filtrata rabbia e forte preoccupazione per l’Opa. L’idea su cui già lavorano i tecnici dei due governi è quella di fare convivere in Parmalat soci italiani e francesi per rendere l’azienda di Collecchio uno dei «grandi gruppi franco-italiani e italo-francesi che possano stare insieme nella competizione globale» invocati ieri sia da Sarkozy che da Berlusconi.Lactalis, con i suoi 9 miliardi di fatturato, è già un grande gruppo. Con l’acquisto di Parmalat diventerebbe grandissimo, il primo al mondo nel settore del latte e dei suoi derivati, con un giro d’affari da 14 miliardi di euro. «Noi abbiamo un progetto di crescita ambizioso per Parmalat: farne il gruppo italiano di riferimento nel latte confezionato a livello mondiale, con sede, organizzazione e testa in Italia» hanno scritto i francesi presentando la loro offerta. Lactalis parla di future espansioni in Brasile, India e Cina, assicura il rispetto dell’italianità della società fondata da Tanzi, promette che la filiera non sarà danneggiata. Il 16 maggio potrà spiegare le sue ragioni anche ai sindacati, che chiedono chiarezza ma non sono affatto ostili.Per finanziare la sua offerta la società dei Besnier, che non è quotata in Borsa, riceverà i soldi dalla finanziaria di famiglia, la Bsa Finance, che a sua volta avrà un prestito da Crédit Agricole (che in Italia controlla Cariparma), Hsbc France, Natixis e Société Générale. I francesi considereranno l’offerta valida se l’adesione raggiungerà il 55% e progettano di lasciare Parmalat quotata a Piazza Affari, e quindi di rimettere sul mercato parte delle azioni acquistate. Una soluzione che consentirebbe anche l’ingresso di soci italiani.