giovedì 13 ottobre 2011
I contributi diretti agli agricoltori italiani sono destinati a diminuire progressivamente fino ad arrivare, nel 2019, a essere del 6% inferiori rispetto a quelli del 2013.
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L’Europa volta pagina sugli aiuti all’agricoltura. La proposta di riforma della Pac presentata ieri dalla Commissione Ue, li slega definitivamente dal tipo di prodotto e dalla quantità raccolta. Cambia radicalmente l’impostazione data alla politica agricola europea sessant’anni fa e cambia nella direzione voluta dalla Wto. Gli aiuti pubblici non influenzeranno più i mercati anche se l’Europa continuerà a sostenere il reddito degli agricoltori per garantirsi una produzione sufficiente e sicura ma soprattutto perché il mondo rurale in questi anni si è assunto importanti funzioni ambientali. Per la prima volta, però, i comportamenti "ecovirtuosi" non si limiteranno a condizionare l’assegnazione del contributo ma daranno diritto a un aiuto aggiuntivo.La nuova politica agricola sarà dunque più verde ma anche più equa: l’incidenza della spesa agricola sul bilancio comunitario passerà dal 39 al 33% e sarà ridotto di un terzo del divario esistente tra gli aiuti percepiti dai diversi Paesi. I pagamenti diretti tra il 2013 e il 2020 passeranno da 42,17 a 43,75 miliardi ma quelli destinati alle aziende italiane, superiori alla media europea, scenderanno del 6% (da 4,128 a 3,841 miliardi). Agli olandesi andrà anche peggio (- 7%), mentre i francesi, -3%, sono stati "graziati". Sorridono, ovviamente, i "nuovi" europei. Questa riforma, oltre a riscrivere le regole, rappresenta una gigantesca redistribuzione di denaro: Bruxelles fa i conti con la necessità di armonizzare gli aiuti tra vecchi e nuovi Stati membri e coglie l’occasione per semplificare erogazioni e conrolli, anche a prezzo di qualche contraddizione, di cui si occuperanno dal 27 ottobre i ministri dell’Ue. Poi la riforma passerà all’Europarlamento. Per il commissario Ciolos la riforma consta di questi punti chiave: aiuti al reddito più mirati per dinamizzare la crescita e l’occupazione; strumenti di gestione delle crisi più reattivi e adeguati alle nuove sfide; un pagamento verde per conservare la produttività a lungo termine e tutelare gli ecosistemi; ulteriori finanziamenti per la ricerca e l’innovazione; una filiera alimentare più competitiva ed equilibrata; sostegno alle iniziative agroambientali; facilitazioni all’insediamento dei giovani agricoltori; stimoli all’occupazione rurale e allo spirito d’impresa; maggiore attenzione alle zone fragili e una Pac più semplice ed efficace. La realtà del provvedimento è più complessa: spariscono gli aiuti concessi in base a quel che si produce e anche quelli già "disaccoppiati" non verranno più calcolati in base alle produzioni storiche ma solo alla superficie coltivata. Ci sarà un tetto di 300mila euro ma gli aiuti potranno essere assegnati a chiunque ricavi almeno il 5% del proprio reddito dalla terra: questa scelta, oltre al fatto che i piccolissimi produttori potranno optare per un sistema forfettizzato, semplificherà i controlli, ma disperde le risorse. Al pagamento diretto potranno sommarsi l’aiuto all’imprenditoria giovanile e il pagamento verde, la novità della riforma, accordato a chi si impegna a conservare pascoli permanenti e riserve ecologiche oppure a diversificare le colture: protestano le aree monocolturali e quelle dove il clima rende impossibile la rotazione; è stato calcolato che un quarto delle imprese lombarde sarà tagliato fuori.Toccherà invece ai singoli Stati - che potranno "redistribuire" parzialmente i pacchetti nazionali - istituire contributi per le aree svantaggiate e i settori strategici. Ancora da dettagliare i finanziamenti per lo sviluppo rurale, che valgono il 10% della spesa agricola.
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