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L’ultima pagella è quella che conta: per l’Italia, o meglio per il suo debito pubblico, arriverà questa sera dopo la chiusura dei mercati internazionali. A pubblicarla sarà Moody’s, ultima agenzia di rating in ordine di tempo a esprimersi sul debito di Roma, dopo che l’Italia nelle ultime settimane ha già superato indenne gli esami di S&P, Dbrs e Fitch. Nel caso di Moody’s un’eventuale bocciatura avrebbe però conseguenze più serie a partire dall’impatto sul mercato. L’agenzia americana infatti assegna al nostro Paese un rating Baa3, un gradino sopra il livello non investment grade, mentre l’outlook è negativo, dopo che Moody’s lo aveva tagliato da stabile nell’agosto 2022. L’Italia balla dunque sull’orlo del cosiddetto territorio “junk” o spazzatura: un taglio avrebbe conseguenze nefaste per sui titoli di Stato e a cascata su banche e imprese. La buona notizia è che le previsioni sono discretamente positive.
Non solo non ci dovrebbe essere alcun taglio del rating, ma a giudicare dell’ottimismo del mercato non viene nemmeno escluso un ritocco dell’outlook da negativo a stabile. Anche per questo lo spread è calato ieri ulteriormente sotto quota 180 punti. Se invece Moody’s dovesse calare la scure, secondo una stima di Barclays, il differenziale di rendimento tra Btp e Bund a 10 anni, potrebbe schizzare fino a 250 punti base. In ogni caso gli esperti della banca britannica stimano che «l’economia italiana eviterà una profonda recessione, ma anche che il rapporto debito pubblico/Pil aumenterà nel 2024 per poi stabilizzarsi». Tornando al verdetto di questa sera, esiste «una leggera possibilità di una modifica dell’outlook da negativo a stabile», preannunciano gli strategist di Unicredit Research, e la recente discesa dello spread sembra andare in questa direzione, almeno nelle aspettative del mercato. «Non ci aspettiamo azioni sul rating da parte di Moody’s venerdì 17 e crediamo che un downgrade sia altamente improbabile; piuttosto vediamo un cambio a “Neutral” (da “Negative”) dell’outlook», si legge in una nota di Alessandro Pellegrino, credit portfolio manager di Arcano Partners. Un eventuale downgrade avrebbe tuttavia «ripercussioni significative in Europa», prosegue il gestore, citando per esempio i rischi di contagio a danno degli altri Paesi periferici della zona euro. «Ovviamente, un declassamento del rating dell’Italia metterebbe sotto stress il differenziale di rendimento Btp/Bund, spingendolo probabilmente a 250 punti base. Questo livello è tipicamente considerato il livello di guardia degli investitori in Btp, quando si percepisce che la Bce non ha la situazione interamente sotto controllo».
In caso di downgrade, a farne le spese «sarebbero naturalmente tutte le società italiane, perché difficilmente le aziende possono avere un merito di credito superiore a quello del proprio paese di origine. Il contagio sarebbe immediato, soprattutto a partire da banche e assicurazioni». Ad essere penalizzate sarebbero in particolare le banche. Questo innanzitutto perché gli istituti di credito Italia hanno un business prevalentemente domestico e hanno a bilancio quote significative di titoli di Stato. «Inoltre il loro costo di finanziamento aumenterebbe rapidamente, impattando i profitti», aggiunge Pellegrino, secondo cui proprio le banche sono oggi «altamente dipendenti» dal mercato per finanziarsi. Viene invece stimato un impatto più limitato per le utilities grazie a business più stabili, con ricavi ricorrenti, tipici delle società anticicliche, che non le metterebbe tuttavia al riparo da un ulteriore aumento dei costi di finanziamento.