La Commissione Europea torna ad avvertire Donald Trump sul fronte dei dazi, nel giorno in cui annuncia la conclusione dei negoziati commerciali con Giappone e Singapore. La sigla di questi accordi di libero scambio è un chiaro messaggio, «con Giappone e Singapore – ha affermato il commissario europeo al Commercio Cecilia Malmström – facciamo una netta dichiarazione a favore di un commercio aperto ed equo basato sulle regole».
Sul fronte Usa, in vista della scadenza della sospensione dei dazi su acciaio e alluminio, il 30 aprile, Bruxelles insiste: «Prima servono esenzioni permanenti – sottolinea Malmström – poi, quando queste verranno confermate, siamo pronti a parlare di qualsiasi cosa vogliano discutere ». Messaggio analogo anche dal presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk. «Se l’Unione europea non sarà esentata dai dazi Usa – ha detto di fronte al Parlamento Europeo a Strasburgo – non abbiamo altra scelta che reagire». Bruxelles è invece molto soddisfatta dell’accordo raggiunto con Giappone e Singapore, che, ha detto il vicepresidente della Commissione Europea Jyrki Katainen, «porterà benefici ai nostri esportatori, lavoratori e consumatori, ad esempio eliminando dazi del valore di un miliardo di euro l’anno sulle esportazioni Ue in Giappone». A proposito di Tokyo, partner di primissimo piano, l’Ue aveva già raggiunto un preaccordo nel vertice bilaterale a Bruxelles il 6 luglio scorso, per poi arrivare a conclusione l’8 dicembre, adesso è pronto il testo legale. L’accordo sopprime dazi giapponesi del 10% per le auto europee e del 3% sulla componentistica. Eliminati anche dazi del 30% sui formaggi prodotti nell’Ue e del 15% sui vini. Complessivamente, sa- ranno soppressi il 90% dei dazi al primo anno di entrata in vigore e il 97% al termine di un periodo di transizione di sette anni. Il Giappone riconosce inoltre oltre 200 denominazione di origine europee (tra cui solo 18 italiane, segnala critica Coldiretti), e apre le gare d’appalto nel settore ferroviario.
L’accordo dovrebbe avere vita facile: sulla base di una sentenza della Corte Ue dello scorso anno, e per evitare proteste e stalli come accaduto con il Ceta con il Canada, la Commissione ha evitato di inserire elementi (anzitutto la protezione degli investimenti) che richiederebbero l’approvazione anche dei singoli parlamenti nazionali e regionali: basterà il via libera del Consiglio Ue (che rappresenta gli Stati membri) e del Parlamento Europeo. L’obiettivo è arrivare all’entrata in vigore dell’accordo al più tardi a inizio 2019. Più complesso il caso di Singapore, per il quale sono previsti due accordi: uno puramente commerciale (che non richiede l’assenso dei parlamenti nazionali), rimuovendo la quasi totalità dei dazi sulle importazioni dall’Ue. Un secondo accordo, separato, riguarda invece la protezione degli investitori, e in questo caso serviranno le ratifiche nazionale. Se non ci saranno, potrà comunque entrare in vigore l’altro accordo. È la nuova via di Bruxelles per salvare la politica commerciale Ue.