A meno di due mesi dalla formazione dell’inedito governo lega-stellato, Sergio Mattarella cita Manzoni: «Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune», dice riferendosi alla psicosi collettiva legata alla peste a Milano, descritta nel 32° capitolo dei "Promessi sposi".
Per spiegare questa citazione, usata nell’incontro con la stampa parlamentare per la tradizionale cerimonia estiva della consegna del ventaglio, il presidente della Repubblica elenca una serie di pericoli che vengono dalla società, dagli «usi distorti del web» alle minacce sui dazi commerciali, dalle tensioni europee sull’immigrazione fino al recente fatto di cronaca che - racconta - l’ha «colpito», quello della bimba rom di un anno ferita da un proiettile vagante a Roma: «L’Italia non può assomigliare al Far West, dove un tale compra un fucile e spara dal balcone a una bambina, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione», scandisce.
Il capo dello Stato ovviamente non fa riferimento ai partiti della nuova maggioranza. Il suo è un discorso generale, su questo periodo travolto dagli effetti della globalizzazione, anche a livello di mass-media. Ma il pensiero di tutti corre lì. Specie quando parla del «dovere di governare il linguaggio. Con il coraggio, se necessario, di contraddire opinioni diffuse». Perché tutto questo contribuisce a intaccare la reputazione dell’Italia e dei suoi valori, il che è come ferire l’intera collettività nazionale.
Mattarella richiama tutti - governanti, istituzioni e cittadini, - all’«esercizio della responsabilità». Lo ricorda anche a se stesso cui spetta far notare «a ciascuno il rispetto del principio di concorrere all’ordinato funzionamento degli organi istituzionali»: frase, questa, che viene letta come un richiamo al tema delle nomine, dibattuto in questi giorni. Ma per partire il presidente ricorda «l’importanza primaria della libertà di informazione», che «non è un prodotto, ma fornisce sostanza alla democrazia».
Dal fenomeno web e dai media come sono oggi derivano, tuttavia, «i bacilli della divisione, del pregiudizio, della partigianeria, dell’ostilità preconcetta che puntano a sottoporre i nostri concittadini a tensione continua». È un vero «virus» che, a lungo andare, partendo dalla società civile arriva a minare anche la reputazione dell’Italia nel mondo, che è «un bene comune, collettivo, indisponibile, sottratto a interessi di parte». Tutto ciò che intacca questo patrimonio, mette in guardia Mattarella, «ferisce l’intera comunità».
Anche sullo scacchiere planetario si avvertono alcuni «segnali allarmanti, incrinature dell’ordine internazionale». Un ordine, afferma Mattarella, che va certo migliorato, ma «destrutturarlo, vanificandone i principi di convivenza, provocherebbe instabilità». Un capitolo di questo ordine riguarda il commercio mondiale e ancora una volta il presidente indica il rischio che il ritorno alle guerre commerciali porti «ad altro genere di guerre«.
Sempre senza citare le tentazioni sovraniste, l’inquilino del Quirinale nota però che tornano «concezioni e pulsioni proprie dell’Ottocento e del primo Novecento» che cancellano conquiste della storia. Al riguardo definisce come «emblematica la trasformazione del confine del Brennero da elemento di separazione ad anello di congiunzione, che improvvide iniziative rischiano di contraddire». Si tratta in definitiva, sentenzia, «di contrastare tendenze alla regressione della storia». Incalza, poi, il fenomeno «epocale» delle migrazioni. E qui, dopo aver ricordato che l’Italia «ha, tante volte, chiesto alla Ue di far fronte alla propria responsabilità», a differenza della Lega il presidente ricorda però che ci sono stati alcuni «segnali positivi». Ma sulle «grandi questioni, in realtà, l’Unione deve esprimere con vigore il suo ruolo», per scongiurare «il declino del continente rispetto ai grandi protagonisti della vita internazionale».