lunedì 22 luglio 2024
Nella cabina di regia la premier Meloni torna a rivendicare: «Primi in Ue per avanzamento del piano». La capacità di spesa però appare ancora non sufficiente. Il ministro: «La scadenza resta il 2026»
La spesa sale solo di due miliardi. Fitto: «Sul piano escludo problemi politici»

ANSA

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Dopo l’assenza alla precedente riunione, Giorgia Meloni torna a presiedere la cabina di regia per il Pnrr (aperta ad Anci, Upi e Conferenza delle Regioni) celebrando di nuovo la capacità di attuazione del Paese. Difficile dire se l’obiettivo della premier sia anche quello di arginare l’eco delle beghe interne alla maggioranza sulla nuova Commissione Ue, sta di fatto che i toni usati per salutare la relazione sull’avanzamento da inviare a Bruxelles sono piuttosto altisonanti. Il capo dell’esecutivo torna a rivendicare con «orgoglio» il record dell’Italia, «al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti e avanzamento del Piano». Anche se, «a meno di due anni dal traguardo finale del 30 giugno 2026», l’impegno richiesto «non consente pause».

«Abbiamo fatto un buon lavoro e dobbiamo esserne fieri», spiega la presidente del Consiglio che, numeri alla mano, sciorina con entusiasmo i risultati raggiunti dalla sua squadra: «Siamo lo Stato membro che ha ricevuto finora l’importo economico maggiore: 113 miliardi e mezzo di euro, a fronte dei 194,4 previsti dal Piano, il 58,4% del totale. I primi a ricevere il pagamento della quinta rata da 11 miliardi e a inoltrare la richiesta per la sesta, da 8 miliardi e mezzo», ma «siamo a buon punto anche per quanto riguarda la settima rata». La premier non manca di sottolineare che quanto ottenuto si deve al decreto-legge con cui il governo ha introdotto «un pacchetto di norme per accelerare l’attuazione del Piano», oltre che alla «riforma delle politiche di coesione» contenuta in un altro decreto ed «espressamente prevista» dal nuovo Pnrr. Poi, forse con un po’ troppo entusiasmo, ricorda anche che la spesa complessiva sostenuta «è salita a oltre 51 miliardi di euro». Cioè, in realtà, di appena 2 miliardi rispetto ai 49,5 risalenti alla relazione del febbraio scorso, ma di circa 8-9 miliardi sul dato di dicembre 2023 (raffronto migliorato anche per il fatto che alcune misure sono state spostate fuori dal piano). Ci sono infine i «122 miliardi di euro di affidamenti attivati» dalle amministrazioni rispetto ad una previsione iniziale di 132 miliardi di euro e «gli investimenti per i quali sono state espletate tutte le procedure di gara», pari a 111 miliardi, «ovvero il 91% delle misure attivate».

Insomma, si rallegra Meloni, non resta che «l’ultimo miglio», quello che «determina una vittoria o una sconfitta». Ecco perché bisogna «rimanere tutti estremamente concentrati e continuare a fare gioco di squadra».

A dare rassicurazioni ulteriori sulla direzione univoca del governo, nonostante le liti tra Lega e FI, è invece il ministro competente, Raffaele Fitto, convinto che «il rischio di problemi nel rapporto tra governo italiano e istituzioni Ue, Consiglio e Commissione, in funzione a valutazioni politiche è distante anni luce». Anche perché «non c'è mai stata una valutazione politica» e tutto ciò che l’esecutivo ha fatto «è trasparente e oggetto di una valutazione che è determinata da fattori esterni». Per quanto riguarda la possibile proroga oltre il 2026, Fitto preferisce non esprimersi, visto che la materia «è politica» e sarà affrontata eventualmente in Consiglio Europeo. Per ora, quindi, si ragiona al 2026 («Per me la scadenza è quella»). Il titolare degli Affari europei dribbla pure le domande sul suo possibile futuro da commissario Ue, ma si dice «fiducioso» sulla possibilità di trovare un accordo su un altro dossier importante, quello che riguarda il ddl concorrenza, molto caro all’Ue. Più in generale, è il caso di vedere il bicchiere mezzo pieno: il quadro «di avanzamento della spesa che emerge dalla relazione è molto positivo», pari a «10 miliardi in più da dicembre», arrotonda Fitto. Senza contare che «questo piano non è solamente spesa, ma anche riforme», talmente «importanti» che la relazione in arrivo a Bruxelles non mancherà di «evidenziarle».

Un quadro reale degli eventuali ritardi sarà più chiaro nelle prossime settimane, comunque prima della pausa estiva: entro oggi, infatti, vanno aggiornati i dati delle amministrazioni attuatrici sui vari progetti, dopodiché si capirà se e in quanti casi il governo dovrà intervenire con i poteri sostitutivi.

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