Madrid Ha radici a San Juan, in Argentina, è esperta in modelli di business con impatto socioeconomico positivo, e ha due passioni: la docenza e l’investigazione. Maria Fernanda Figueroa Herrera, 35 anni, insegna alla Facoltà di Scienze Imprenditoriali dell’Università di Buenos Aires. Ed è dottoranda in amministrazione (UBA) con una borsa del Conicet (il principale organismo per la promozione della scienza e la tecnologia in Argentina) e dell’Università Australe. «Nel mio progetto di tesi analizzo la gestione e le strategie di crescita delle imprese sociali in Argentina, gli elementi che contribuiscono al loro consolidamento, quali sono le facilitazioni o le barriere al loro sviluppo », spiega ad Avvenire.
Nel Paese sempre più logorato dalla crisi non ci sono dati ufficiali sulle aziende non profit: «A differenza dell’Italia, non c’è una normativa specifica che identifichi le aziende sociali come tali», rileva Fernanda. «Ci sono solo vari studi non rappresentativi, e una proposta legislativa per quelle ibride, a triplice impatto so-ciale, ambientale ed economico ». Lei, che da coordinatrice dell’Osservatorio Latinoamericano di Finanziamento a Imprenditori ha partecipato a una 'mappatura', stima che siano «almeno 150». E che siano «la chiave per costruire una nuova realtà centrata sul bene comune, sulla solidarietà, la professionalità e l’integrazione». Formata in gestione d’impresa, con laurea in Commercio internazionale, Fernanda ha scoperto presto il valore dell’azione in prima persona. «Mi resi conto che quello che studiavo non rispondeva alla mia vocazione sociale, per cui decisi di fare una tesi sul commercio giusto», ricorda. Dopo la laurea, abbandonò l’idea di dedicarsi al management ben retribuito, «perché compresi che formare i futuri gestori poteva essere il mio contributo». Il master in Governo delle organizzazioni, all’Istituto Impresa e Umanismo dell’Università di Navarra, le è servito per «sapere dell’esistenza di forme differenti di business, in funzione di un’economia civile, rigenerativa e distributiva, non estrattiva delle risorse della società e dell’ambiente ». Un processo che l’ha portata a sommare esperienze rilevanti, compaginate con l’impegno di «mamma a tempo pieno di una piccola di 4 anni».
E con l’adesione alla comunità dell’Economia di Francesco, dove la docente coordina la folta pattuglia di esperti in sviluppo sostenibile, economisti e giovani imprenditori argentini, che parteciperanno all’evento globale ad Assisi dal 22 al 24 settembre, intorno al villaggio "Imprese in transizione". «L’incontro, due anni fa con EoF è stato molto arricchente », ricorda Fernanda. «L’opportunità di collegarsi con persone mosse dalla stessa aspirazione a superare schemi che perpetuano l’iniquità, a scambiare idee e progetti, per iniziare assieme un cammino verso una nuova concezione dello sviluppo economico, sociale e ambientale. Anche l’occasione di formarsi con economisti come Jeffrey Sachs, solo per fare un nome. E di sentirsi parte di un "patto" per trasformare l’economia dalla realtà, che dà più forza al lavoro quotidiano svolto da ognuno di noi», aggiunge. In Argentina sono numerosi, oltre un centinaio, i giovani che aderiscono a Eof. E proprio grazie al network, Fernanda ha conosciuto una collega della stessa Università Australe, con la quale ha avviato un diploma universitario in Innovazione per l’economia circolare. «È pensato per accompagnare le piccole e medie imprese nella transizione tecnologica. L’idea è portare la teoria alla prassi ed estendere le buone pratiche sul territorio», spiega ancora la docente. Ricorda che «l’impegno cui ha fatto appello papa Francesco con l’enciclica "Laudato si'" è concreto ed è strettamente legato al rapporto con la propria terra». «Come latinoamericani – osserva – significa avere cura della regione con la più grande biodiversità del mondo, ma anche con le maggiori diseguaglianze e la popolazione più giovane del continente, costretta a partire per mancanza di futuro».
«La sfida – rimarca Fernanda Figueroa – non è solo in termini di crescita, ma porre fine alla povertà che colpisce oltre il 50% della popolazione, con un’inflazione che sarà a fine anno del 100% – secondo le stime dell’Observatorio de la Deuda Social dell’Università Cattolica – e che ha già fatto evaporare il potere d’acquisto della classe media». La dottoranda è cosciente che la crisi strutturale argentina «ha a che vedere non solo con gli indicatori economici, ma con la corruzione e con una profonda perdita di fiducia nei confronti della dirigenza oficialista al governo e di quella all’opposizione ». Due blocchi che sembrano sempre più irriconciliabili e incapaci di dare risposte ai problemi collettivi. «La mancanza di fiducia si riflette nell’economia. Per questo – conclude – un approccio della cura e business sostenibili sono ancora più importanti per uscire dalla spirale. Così com’è necessario ripensare il modello delle esportazioni, basato ancora sull’estrattivismo, che ha depauperato il Paese».
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