giovedì 12 marzo 2009
L'ex numero uno del Nasdaq deve rispondere di 11 capi di imputazione per una maxi-truffa da oltre 50 miliardi di dollari. Il giudice nega la proroga degli arresti domiciliari: subito in carcere.
COMMENTA E CONDIVIDI
Prima tappa, il Metropolitan Correctional Center, sulle orme del faccendiere italiano Raffaello Follieri: undici volte colpevole, il «Grande prestigiatore» di Wall Street Bernard Madoff è passato ieri direttamente dall’aula del palazzo di Giustizia di Pearl Street al vicino penitenziario nella punta sud di Manhattan.Madoff conoscerà il suo destino il 16 giugno e sarà di fatto un destino da ergastolano. «È a rischio di fuga e ha i mezzi per tentarla. La cauzione è revocata»: in attesa della sentenza il giudice Denny Chin ha accettato la richiesta della procura di non prorogare gli arresti domiciliari concessi dopo l’arresto in dicembre all’artefice della più vasta «truffa Ponzi» nella storia di Wall Street: un castello di carte da quasi 65 miliardi di dollari che ha fatto sfumare i risparmi di piccoli risparmiatori e premi Nobel, pensionati ebrei della Florida, campioni dello sport e divi di Hollwyood. L’aula gremita di risparmiatori truffati è scoppiata in un applauso quando Chin ha annunciato la decisione di spedire subito Madoff in prigione anche se alcuni di loro, intervenuti in aula, hanno espresso dissenso perché in questo modo è stato evitato il processo e probabilmente non vedranno mai più i loro soldi. Abito grigio sopra il giubbotto anti-proiettile, Madoff era arrivato in tribunale di prima mattina, seguito dall’alto dagli elicotteri dei network. «Come si dichiara? Colpevole o innocente?», gli ha chiesto il giudice dopo aver letto gli undici capi di imputazione tra cui frode, riciclaggio, spergiuro, furto: «Colpevole», ha risposto sottovoce il 70enne Madoff, consapevole che l’ammissione rischia di costargli tecnicamente fino a 150 anni di prigione, in pratica il carcere a vita, da scontare in un penitenziario di massima sicurezza. Madoff sapeva che il gioco era finito. «Con il passare degli anni ho capito che il mio arresto e questo giorno in tribunale era diventato inevitabile», ha detto quando il giudice gli ha dato facoltà di spiegare i meccanismi della truffa. In apparenza nervoso e contrito – «non ci sono parole per esprimere adeguatamente il mio pentimento» – il finanziere ha raccontato, distogliendo gli occhi dai risparmiatori in aula, di aver cominciato la frode negli anni Novanta, in reazione alla recessione di quel periodo: «Mi limitavo a depositare i soldi dei clienti su un conto della Chase Manhattan Bank», ha detto. E poi: «Pensavo che ne sarei uscito presto, che sarei stato in grado di estricare me e i miei clienti, ma non è stato possibile».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: