Più controlli degli ispettori nel 2023 - Archivio
Non è solo questione di lavoro sommerso o minorile. Valgono oltre 17,4 miliardi di euro le attività illegali (attraverso il traffico di droga, contrabbando di sigarette e prostituzione). Il nostro Pil nazionale “assorbe” altri 157 miliardi di euro: di cui 79,7 sono “nascosti” dalla sottodichiarazione, 62,4 miliardi dal lavoro irregolare e 15,2 miliardi dalla voce Altro (ovvero mance, affitti in nero eccetera). I 174,4 miliardi di euro complessivi compongono la cosiddetta economia non osservata che è interamente conteggiata nel nostro Pil nazionale. Ancorché non sia possibile quantificarne la dimensione, è evidente che anche una parte importante di questo stock (157 miliardi) sia riconducibile alle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Allo stesso tempo, però, continuano ad affinarsi i controlli dell’Inl-Ispettorato nazionale del lavoro. Oltre un miliardo di euro i contributi e i premi recuperati a seguito delle ispezioni in circa 100mila aziende, con un incremento del 22% degli accessi per verificare il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza. Mentre le linee della programmazione della vigilanza per il 2023 vedono edilizia, agricoltura, logistica e trasporti come i settori principali verso cui indirizzare i controlli. «Obiettivo prioritario della programmazione – ha spiegato Paolo Pennesi, direttore dell'Inl - sarà il contrasto al lavoro sommerso, alle esternalizzazioni illecite, al caporalato, alle forme patologiche che caratterizzano il lavoro autonomo e parasubordinato, alle discriminazioni connesse al lavoro attraverso piattaforme digitali. Inl è chiamato a orientare l’attività di vigilanza verso tutti i fenomeni illeciti di particolare disvalore socio-economico, garantendo una piena tutela dei diritti del lavoro. A tal fine, saranno valorizzate le sinergie con gli altri organi di controllo e con le parti sociali sindacali, mentre sul piano internazionale resterà fermo l’impegno a rafforzare la collaborazione con l’Autorità europea del lavoro, al fine di contrastare i fenomeni illeciti con aspetti transfrontalieri». Molteplici i risultati conseguiti nel 2022, a partire dalla maggiore capacità di intervenire su realtà aziendali a maggior rischio di irregolarità (tasso di irregolarità pari al 72%, con un incremento di tre punti percentuali rispetto all’anno precedente). Il personale ispettivo ha recuperato, a tutela dei lavoratori interessati, 1.153.324.990 euro di contributi e premi evasi, con un incremento pari al 3,75% e con un recupero previdenziale per ogni azienda ispezionata di 14.034 euro (13.127 nel 2021: incremento di quasi il 7%). In salita il numero di accessi per profili di salute e sicurezza sul lavoro (17.035 nel 2022 a fronte di 13.924 nel 2021), ma anche delle violazioni contestate (+44%, dalle 17.643 del 2021 alle 25.481 nel 2022). Notevole l’incremento registrato anche in tema di provvedimenti di sospensione delle attività imprenditoriali, pari a 8.210 a fronte dei 3.971 dell’anno precedente, di cui circa il 35% (2.814) determinati da gravi violazioni in materia di sicurezza. Nel corso del 2022, il personale ispettivo ha maggiormente fatto ricorso anche ai poteri di conciliazione monocratica e di diffida accertativa (con incrementi del 6% e del 13% rispetto al 2021), in un’ottica di snellimento dei tempi e delle modalità procedurali di intervento a tutela dei crediti vantati dai lavoratori. Intanto ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Unicef Italia hanno firmato un protocollo d'intesa per promuovere la cultura e la sicurezza sul lavoro e rafforzare il sistema di protezione sociale e di sostegno attivo per tutelare i diritti dei minorenni sanciti dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Con durata triennale, il protocollo impegna le parti a realizzare proposte progettuali congiunte finalizzate alla sensibilizzazione e alla formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, demandando a un Comitato di coordinamento di prossima istituzione la pianificazione, la programmazione e l’organizzazione generale dei piani di attività sotto l’egida della Direzione generale del dicastero competente per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il ministero, inoltre, sarà chiamato a svolgere l’attività di sensibilizzazione anche nell’ambito delle attività rivolte ai minorenni inserite nel Programma nazionale di inclusione 2021-2027. A tal fine si impegna a richiamare i contenuti del protocollo all’interno delle linee guida sui servizi per l’inclusione sociale, l’accompagnamento educativo e all’autonomia di preadolescenti e adolescenti di prossima emanazione.
Il peso dell'economia criminale
L'economia gestita dalle organizzazioni mafiose conta un volume d’affari annuo stimato in 40 miliardi di euro, pari a oltre il 2% del nostro Pil. Sono dati certamente sottostimati, in quanto non è possibile dimensionare anche i proventi ascrivibili all’infiltrazione di queste organizzazioni malavitose nell’economia legale. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia. Se a parole tutti siamo contro le mafie, nelle azioni concrete non sempre è così. Infatti, è quanto meno “imbarazzante” che dal 2014, l’Unione Europea, con apposito provvedimento legislativo, consenta a tutti i Paesi membri di conteggiare nel Pil alcune attività economiche illegali: come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando di sigarette. “Grazie” a questa opportunità, nel 2020 (ultimo dato disponibile) abbiamo “gonfiato” la nostra ricchezza nazionale di 17,4 miliardi di euro (quasi un punto di Pil). Una decisione eticamente inaccettabile: da un lato lo Stato combatte e contrasta le mafie, dall’altro riconosce a queste organizzazioni criminali un ruolo attivo di “portatori di benessere economico”. A livello territoriale la presenza più diffusa delle organizzazioni economiche criminali si registra nel Mezzogiorno, anche se ormai molte evidenze altrettanto inquietanti segnalano la presenza di queste realtà illegali nelle aree economicamente più avanzate del Centro-Nord. La letteratura specializzata evidenzia che, storicamente, i territori dove l’economia locale è fortemente condizionata dalla spesa pubblica e il livello di corruzione della pubblica amministrazione è molto elevato sono più vulnerabili dal potere corruttivo delle mafie. Induttivamente è possibile riconoscere un’area geografica più a rischio di un’altra, anche dal riscontro di una elevata presenza di reati spia. Nei territori dove il numero di denunce all’autorità giudiziaria per estorsione/racket, usura, contraffazione, lavoro nero, gestione illecita del ciclo dei rifiuti, scommesse clandestine, gioco d’azzardo è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni criminali di stampo mafioso è molto elevata. Secondo la Banca d’Italia, infatti, la penetrazione territoriale della criminalità non riguarda solo il Sud; purtroppo presentano un indice di presenza mafiosa molto preoccupante anche realtà del Centro-Nord, in particolar modo le province di Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna. Meno colpite delle precedenti, ma comunque con forti criticità si segnalano, sempre nella ripartizione centrosettentrionale, anche le provincie di Torino, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Varese, Milano, Lodi, Brescia, Savona, La Spezia, Bologna, Ferrara, Rimini, Pistoia, Prato, Firenze, Livorno, Arezzo, Viterbo, Ancona e Macerata. Meno investite da questo triste fenomeno sarebbero, invece, le province del Triveneto (con leggeri segnali in controtendenza a Venezia, Padova, Trento e, in particolar modo, Trieste). Anche la Valle d’Aosta e l’Umbria presentano un livello di rischio molto basso. Nel Mezzogiorno, infine, secondo i ricercatori di via Nazionale gli unici territori completamente “immuni” dalla presenza del fenomeno mafioso sarebbero le province di Matera, Chieti, Campobasso e le realtà sarde di Olbia-Tempio, Sassari e Oristano.