domenica 27 marzo 2016
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Fra gli economisti italiani Paolo Savona è stato quello che più di tutti ha avversato l’ingresso dell’Italia nell’euro. Sugli stessi parametri di Maastricht, ritenuti troppo rigidi per dare i necessari impulsi all’economia, ha avuto da ridire. Oggi l’ex ministro dell’Industria nel governo Ciampi, con una carriera iniziata in Bankitalia, è - se possibile - ancora più critico verso questa moneta cresciuta «senza avere uno Stato alle spalle». Quali limiti vede in questa Europa? La delega di sovranità all’Europa aveva come presupposto che essa sarebbe stata gestita meglio di quanto l’Italia non avesse mostrato di saper fare fino allora. È accaduto l’opposto, e ci siamo ritrovati con i vincoli e senza maggiori opportunità. E quali fattori economici più la preoccupano? Non abbiamo più strumenti di politica economica da attivare a livello nazionale per correggere i comportamenti interni e internazionali. Come il ricorso a una politica fiscale per rilanciare l’occupazione che, come giustamente ricordato da Fazio, dovrebbe essere l’unico vero obiettivo. Ha anche la terapia da indicare? Noi non abbiamo approfittato della crisi del 2008 per chiedere all’Europa politiche di pieno impiego, né non essendoci state concesse - abbiamo avuto il coraggio di uscire dall’euro. Ora siamo in una trappola. Sarebbe troppo costoso uscire oggi. L’unica alternativa possibile è cedere l’intero patrimonio pubblico per ricondurre il rapporto debito/Pil intorno al 60% e poi rilanciare gli investimenti, anche violando il 3% di deficit. Dovremmo essere coperti dal rischio di un attacco speculativo che il presidente della Bce, Draghi, ha ricordato possibile. Quali aspetti l’hanno più colpita dell’analisi dell’ex governatore Fazio? Che la pensi come me, nonostante l’ostracismo che ho subito in passato da altri per aver sostenuto che l’Italia non era pronta a entrare nell’euro e che l’euro era costruito male, quella che ho chiamato in un pamphlet 'L’Europa dai piedi di argilla'. Oggi in molti lo dicono, ma non traggono le conseguenze che non possiamo accettare questa Europa. Sulla terapia di Fazio concordo. Non a caso veniamo entrambi dalla scuola Bankitalia prima dell’euro. La Germania continua ad avere un forte surplus nella bilancia dei pagamenti: quali i rimedi? Va sanzionata secondo le procedure esistenti ma, soprattutto, andrebbe imposto un tasso negativo elevato sui saldi positivi del Target2 (il conto di compensazione europeo, ndr) finché l’espansione della domanda interna non fa registrare un passivo di bilancia corrente. Altrimenti, chiediamo che siano loro a uscire dall’euro e manteniamo solo il mercato comune, che ha sempre funzionato bene. Ora l’Europa rischia la deflazione. È un pericolo così grave la caduta dei prezzi? La spiegazione di Fazio è perfetta. Da tempo però insisto che la media dei prezzi è fuorviante, perché alcuni prezzi diminuiscono fortemente (come il petrolio), altri aumentano ben oltre il 2% (tra questi, le 'solite' tariffe dei servizi pubblici o, in modo occulto, le tasse messe per coprire le loro perdite). La deflazione ha effetti gravi perché incide direttamente sui profitti e, in molti casi, portando al fallimento le imprese minano la stabilità delle banche. Come giudica la politica della Bce? Ha ben tamponato la crisi ma, nel contempo, ha assolto i governi dal prendere le necessarie decisioni, sostituendosi a essi, ossia giustificandone l’inedia e gli errori di politica fiscale. Avendo sostenuto la politica di austerità è divenuta parte del problema, non la soluzione. Ha curato i sintomi, ma non la ma-lattia, a causa degli errori di diagnosi che solo ora afferma di aver cambiato. E ha tenuto spento il secondo motore dello sviluppo, le costruzioni, seguendo gli interessi della Germania. Quale consiglio darebbe al governo Renzi? Chiedere l’aiuto di chi ha visto giusto per tempo e non affidarsi a ragazzini privi di esperienza teoricopratica o a praticoni. Deve darsi un programma di lungo respiro. Gli italiani capiranno. Quanto è grave il nodo del debito italiano? Gravissimo, ma perché il mercato internazionale lo considera tale. Di fatto modesto, perché i titoli possono essere ancora collocati a tassi oggi ridicoli per il rischio dell’acquirente. Reputa l’euro irreversibile o va predisposto un 'piano B' per un’ipotetica, futura uscita? Non è mai stato irreversibile, se non a chiacchiere. Un sistema mal costruito non può durare a lungo. Prima o dopo deflagra. Se il governo e la Banca d’Italia non hanno un piano B verranno condannati dalla storia, anche se non scoppierà un terremoto monetario. So che l’Abi, ai tempi della presidenza Mussari, aveva predisposto uno schema di piano B fuori dalle istituzioni ufficiali. Non averlo significa ignorare il bene del Paese e continuare a inseguire farfalle (ossia non essere gruppi dirigenti di uno Stato-nazione). © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista DIBATTITO Partendo dall’analisi del già governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, pubblicata in due puntate su Avvenire martedì 22 e mercoledì 23 marzo, iniziamo una serie di interviste sui problemi dell’economia europea e, in tale contesto, sulle sfide per quella italiana. Paolo Savona
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