Il carcere di Rebibbia a Roma - Archivio
Il lavoro nobilita e in carcere è davvero un'occasione di riscatto. Stanno infatti crescendo i numeri di uomini e donne che da dietro le sbarre frequentano corsi di formazione, imparano un mestiere o addirittura già lavorano (in alcuni casi anche all'esterno). Su un totale di 54.841 detenuti, i lavoranti sono complessivamente (il dato è al 30 giugno 2022) 18.654. Di questi 16.181 sono alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, mentre i lavoranti non alle dipendenze dell’amministrazione sono 2.471. Il quadro generale parla di un mondo “parallelo” che conta, distribuite in 26 categorie, 247 attività svolte (110 delle quali a carico dell’amministrazione penitenziaria) in cui si spazia dall’assemblaggio e riparazione componenti elettronici alla calzoleria, continuando con data entry e dematerializzazione documenti, dalla falegnameria per arrivare al lanificio tessitoria con 333 occupati. Secondo una stima del ministero della Giustizia, i detenuti potenzialmente pronti per un nuovo lavoro anche all’esterno del carcere sono oltre 2.300. Un segnale che fa ben sperare: se la recidiva per i detenuti non lavoratori, infatti, si aggira intorno al 70%, per coloro che invece in carcere hanno appreso un lavoro, imparando ad avere fiducia in sé stessi, la recidiva scende drasticamente intorno al 2%. A delineare questo scenario in cui la pena si unisce all’attività lavorativa, i protocolli siglati negli ultimi mesi volti all'inclusione lavorativa. A giugno scorso, per esempio, il mondo delle telecomunicazioni ha varcato i cancelli delle carceri a valle del Memorandum d’intesa del programma Lavoro carcerario siglato dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia e l’allora ministro dell’Innovazione tecnologica Vittorio Colao e in collaborazione con gli operatori delle telecomunicazioni. Due le strade seguite in quest’ambito e nove le aziende coinvolte. Nello specifico si tratta di Fastweb, Linkem, Tiscali, Sky, Telecom Italia, Vodafone e Windtre. Le aziende porteranno avanti attività di rigenerazione degli apparati terminali di rete tramite laboratori dedicati all’interno delle carceri. Dovrebbero venir coinvolte fino a 200 persone tra gli istituti di Lecce, Roma Rebibbia, Torino e Uta (Cagliari). C’è poi anche l’attività all’esterno, cui hanno aderito Open Fiber, Sielte e Sirti per la realizzazione delle reti di accesso. Questa iniziativa prevede che i detenuti possano lavorare anche all’esterno del carcere, per realizzare la posa e giunzione delle reti in fibra ottica. Su questo fronte sono stati individuati complessivamente 2.326 detenuti con i requisiti potenziali personali e di legge in grado di lavorare anche all’esterno. La prima fase del progetto avrà carattere di sperimentazione su tre istituti che saranno in grado di formare circa 100 detenuti in sei settimane. Proprio in questo ambito, recentemente, il gruppo Sirti e Open Fiber hanno definito il programma di Lavoro Carcerario nella struttura penitenziaria di Rebibbia, che il 14 dicembre ha visto l’ufficializzazione dell’assunzione di sette detenuti. Si tratta di persone che dopo il completamento del percorso formativo, «entreranno nelle squadre di Sirti e del consorzio Open Fiber Network Solutions (Ofns) come addetti per le attività di giunzione di fibra ottica per le infrastrutture di rete in Italia». Una partecipazione che, come spiega Ivan Rebernik, direttore del Personale, Organizzazione e Servizi di Open Fiber «offre ai detenuti una nuova opportunità potenziando la funzione rieducativa della pena». In viaggio anche il protocollo del 19 ottobre, siglato tra commissario straordinario per il sisma, la Cei, l’Ance e l’Anci con cui si prevede che i detenuti di dieci province delle regioni Abruzzo, Lazio, Molise, Marche e Umbria possano avere l’occasione di lavorare nei cantieri di oltre 5mila opere di ricostruzione pubblica e in quelli di 2.500 chiese danneggiate dal terremoto 2016. Un’occasione, come sottolineato dal vicepresidente dell’Ance Piero Petrucco, anche per le imprese «di formare nuova manodopera in opere importanti per la rinascita di un territorio ferito dal terremoto». A guardare positivamente l’introduzione del lavoro in carcere i rappresentanti del volontariato che si occupa di detenuti e strutture penitenziarie. «Si tratta senza dubbio di attività di alto valore e molto importanti - commenta Andrea Scandurra, responsabile dell'Osservatorio carceri dell’associazione Antigone - con un lavoro vero e proprio che va oltre quello che si può compiere dentro che, molto spesso viene svolto a rotazione ed è una sorta di welfare interno». A favorire l’attività imprenditoriale in carcere i benefici della legge Smuraglia. Complessivamente sono 349 le aziende che, per un ammontare complessivo di 9.399.892,94 euro sono state ammesse alle agevolazioni per il 2022. «Uno dei vantaggi per le aziende che decidono di intervenire riguarda i costi - aggiunge Scandurra - che, nella maggior parte dei casi non sono a carico delle imprese». E poi gli sgravi fiscali. Le aziende che assumono detenuti o internati degli istituti penitenziari o lavoranti all’esterno, possono giovarsi di un credito d’imposta per ogni lavoratore assunto di 520 euro mensili. Una cifra che scende a 300 euro mensili se gli assunti sono semi liberi.
A Milano Opera il nuovo servizio per il reinserimento
A Milano Opera è stato attivato un nuovo servizio per il reinserimento dei detenuti. Un’occasione per riscattarsi e costruire un percorso anche per quando si lascia il carcere. È lo sportello dedicato ai servizi del lavoro per i detenuti della casa circondariale. Una realtà nata dalla collaborazione di Galdus, scuola di formazione, con Afol Metropolitana e Regione Lombardia. Lo sportello rappresenta un nuovo modello integrato realizzato in linea con il programma Gol-Garanzia occupabilità dei lavoratori. «Nasce per introdurre le persone recluse all’interno della struttura di Opera in un percorso di accompagnamento volto al reinserimento lavorativo - dichiara il presidente di Galdus Diego Montrone -. Un servizio di cui gode già tutta la cittadinanza che grazie al Gol abbiamo garantito ai cittadini detenuti. Si tratta di un percorso che contribuisce alla ricostruzione della persona da inserire nel mondo del lavoro laddove c’è carenza di personale e forte richiesta di lavoratori. E quindi recuperiamo professionalità utili alle imprese da chi sta scontando una pena. Con questi partner si può avviare un servizio che in maniera continuativa possa promuovere azioni per il reinserimento lavorativo». «Questo servizio nella casa di reclusione di Opera - aggiunge Simone Cerlini, dirigente della Divisione Lavoro di Afol Metropolitana - rientra a pieno titolo nel ruolo pubblico di Afolmet di accompagnare le persone in condizioni di svantaggio sociale al reinserimento lavorativo e quindi anche le persone che sono sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. La collaborazione con gli operatori privati che già hanno esperienza all’interno degli istituti penitenziari in area trattamentale è necessaria per garantire l’efficacia del servizio».
La Pasticceria Giotto ai Due Palazzi di Padova
Da segnalare la Pasticceria Giotto. Dal 2005 il laboratorio è ospitato nel carcere dei Due Palazzi di Padova. Fino a oggi più di 200 detenuti sono stati guidati in un percorso formativo e professionalizzante nell’arte pasticcera e non solo. Il laboratorio è affiancato dal reparto di confezionamento e logistica, dove i dolci vengono vestiti e preparati per la spedizione. A rendere possibile tutto questo è il lavoro di professionisti del settore che hanno scelto di svolgere le loro attività dietro le sbarre. Il Consorzio Giotto è una realtà composta da cooperative sociali impegnate principalmente nell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e occupa centinaia di persone tra detenuti, disabili e persone cosiddette “normali”. La pasticceria, la gelateria e la cioccolateria sono solo alcune delle attività attraverso cui il Consorzio avvia al lavoro i detenuti: presente nel carcere Due Palazzi a partire dal 1991 con alcuni corsi di giardinaggio, il consorzio svolge per conto di aziende esterne attività di call center, valigeria, digitalizzazione di documenti.
Corsi per la ricerca attiva di lavoro a Roma Rebibbia
Unindustria, attraverso la sezione Consulenza, Attività professionali e Formazione, porta avanti dal 2018 a Roma Rebibbia progetti di formazione dedicati alla riqualificazione professionale dei detenuti a fine pena in vista di una loro occupabilità futura. «Il progetto di formazione per sostenere la reintegrazione delle persone detenute - precisa Roberto Santori, presidente della sezione Consulenza di Unindustria - rappresenta un esempio concreto ed esemplare di impegno e responsabilità sociale, riconosciuto e apprezzato dalle istituzioni e dalla società. La legge italiana prevede bonus contributivi e fiscali per le aziende pubbliche o private e le cooperative sociali che organizzano attività di servizio o produttive all’interno degli istituti penitenziari impiegando lavoratori detenuti. Sono previsti inoltre contributi per aziende che impiegano con contratti di lavoro subordinato di durata di almeno 30 giorni, detenuti ammessi al lavoro all’esterno, in semilibertà ed ex detenuti». I detenuti che hanno partecipato alla formazione – 50 ore di lezione – sostengono un incontro finale con le aziende che hanno aderito all’iniziativa. Sette persone del primo corso hanno potuto sostenere colloqui di lavoro con imprenditori e responsabili del reclutamento di Bridgestone, Orienta, Bat (British American Tobacco), Abbvie e Fassi per farsi conoscere e per consentire alle aziende di valutare le loro competenze. L’obiettivo è il reinserimento nel mondo del lavoro. In caso di riscontro positivo verrebbero attivati dei canali per permettere ai detenuti di muovere i primi passi in un mondo con cui hanno perso i contatti (o che non hanno mai conosciuto). «Il tutto è nato alcuni anni fa, quando sono stato invitato a parlare in carcere durante una giornata di formazione – racconta Santori –. Sono rimasto molto colpito dal vedere i detenuti così affranti e ho compreso l’importanza di agire». Da lì, la ricerca dei fondi che hanno permesso l’avvio del corso-pilota. Durante la formazione i detenuti hanno appreso come relazionarsi sul posto di lavoro e scrivere un curriculum per valorizzare le proprie competenze. La missione è creare un ponte tra il penitenziario e le industrie, per far sì che si riduca il rischio della recidiva da parte dei detenuti e per consentire alle aziende di guardare a queste persone in maniera più razionale, usufruendo anche delle agevolazioni fiscali previste. «Quello di Rebibbia è un esempio virtuoso – conclude Santori – e il nostro sogno è portarlo anche a livello nazionale. Lamentarsi non serve, il mondo del lavoro non è facile per nessuno. Tutti hanno dei punti di forza: è su questo che bisogna lavorare». Insomma un'iniziativa da lodare. Che davvero nobilita e diventa occasione di riscatto. Tanto che perfino i detenuti hanno ringraziato con una lettera per l'opportunità che gli è stata offerta della formazione e dei colloqui in vista di un'inclusione lavorativa: «Ci sentiamo come non mai al centro di un'attenzione mai vista prima. I componenti del gruppo esprimono il profondo ringraziamento dell'offerta e del trattamento ricevuto, con la speranza di poter dimostrare con il lavoro la riconoscenza doverosa per la possibilità ricevuta».