Le famiglie con domestici possono dormire sonni tranquilli. Non devono pagare nessun ticket per il licenziamento della colf o della badante. Ad ufficializzare l’esclusione, dopo settimane di suspense, è l’Inps nella circolare n. 25/2013. Una notizia che risolleva famiglie e anziani, atteso che il nuovo balzello le avrebbe costrette ad esborsi fino a 1.418 euro. Il ticket esordisce nell’ultima riforma degli ammortizzatori sociali per finanziare la Aspi, la nuova indennità di disoccupazione. Applicabile ai licenziamenti intervenuti dal 1° gennaio 2013, è dovuto nei casi di interruzione di un rapporto a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’Aspi; quindi nei casi di licenziamento e risoluzione consensuale del rapporto e non, invece, nei casi di dimissioni volontarie. La misura è data dal 41% del massimale mensile Aspi per ogni dodici mesi di anzianità aziendale posseduta dal lavoratore da licenziare negli ultimi tre anni. Poiché oggi il massimale è pari a 1.152,90 euro (valore indicato per il 2013 dall’Inps nella circolare n. 12/2013), ne deriva che il ticket annuale, da pagare cioè per ogni dodici mesi di anzianità del lavoratore, per i licenziamenti avvenuti e che possano ancora avvenire tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013, è pari a euro 472,69 (39,39 euro al mese). In presenza della massima anzianità di tre anni (o anche di più), di conseguenza, bisognerà pagare un ticket di 1.418 euro pari a euro 472,69 moltiplicato tre anni.La normativa (articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012) stabilisce che il ticket va pagato in tutti i «casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato». Ciò ha fatto presumere che dovesse essere pagato con riferimento a tutti i «rapporti di lavoro», di qualunque specie, purché non a termine, quindi anche per i domestici. Così, le famiglie si sarebbero dovute accollare il costo di un tassa, una volta che una colf o una badante assunta a tempo indeterminato fosse stata licenziata. Per esempio, per una colf licenziata dopo un anno di lavoro si sarebbe dovuto versare un ticket di 473 euro. Importo unito, da notare, che prescinde dalla retribuzione erogata alla colf: fosse stata pagata 5 euro l’ora, mille euro al mese o diecimila euro al mese, il ticket sarebbe stato sempre e comunque pari a 473 euro. Altro esempio per una badante licenziata dopo due anni di lavoro: il ticket da versare sarebbe stato pari a 945 euro. Oppure colf mandata a casa dopo cinque anni di lavoro: il ticket sarebbe stato pari a 1.418 euro, applicandosi in tal caso la misura massima, cioè il triplo del ticket annuale. Dopo la prima anticipazione di fonte ministeriale (ministero del lavoro), è arrivato l’Inps a mettere la parola fine alla vicenda. Infatti, dopo aver approfondito la questione, i tecnici del ministero del lavoro hanno concluso che il ticket deve essere pagato solo nel caso di licenziamenti fatti delle imprese e che, quindi, le famiglie restano fuori dal campo di applicazione della norma. L’Inps, poi, ha ufficializzato l’esonero precisando nella circolare n.5/2013 che «si ritiene che lo stesso (il ticket, NdR) non sia applicabile al rapporto di lavoro domestico, attese le peculiarità di quest’ultimo». La soluzione preserva non solo famiglie e anziani, ma gli stessi lavoratori. I primi, infatti, è probabile che avrebbero cominciato a guardare diversamente l’assunzione di domestici, valutando alternative di rapporti meno impegnativi finanziariamente (i voucher, ad esempio), se non addirittura il lavoro nero e sommerso. I secondi perché, è altrettanto probabile, che potevano finire per essere ‘esortati’ dai datori di lavoro a dimettersi dal lavoro (per evitare il ticket), pagando tuttavia di persona le conseguenze con la perdita del diritto all’indennità di disoccupazione.