La formazione può colmare il divario con l'intelligenza artificiale - GoodHabitz
L’Ia-Intelligenza artificiale cresce, ma il suo utilizzo non sfonda ancora tra le imprese italiane. Sebbene in aumento rispetto al 2021 (quando se ne avvaleva il 5,7% delle aziende), nel 2024 l'Ia è entrata a far parte del patrimonio tecnologico solo dell’11,4% delle attività produttive. Che, però, nel frattempo, hanno investito con decisione soprattutto nel Cloud (lo ha fatto il 44,4% delle imprese), nei sistemi di pagamento digitali (41,3%) e nella Cybersicurezza (41,2%). L’analisi, realizzata da Unioncamere e Dintec sulla base dei dati dell’Osservatorio Pid-Punti impresa digitale delle Camere di commercio, fornisce però una bella prospettiva: il sistema produttivo guarda oggi con crescente attenzione all’Ia che, tra le tecnologie strategiche da potenziare tra il 2025 e il 2027, balza al primo posto, con il 18,9% delle imprese che la include tra i propri programmi di investimento.
«Le tecnologie digitali sono strumenti indispensabili per sostenere la crescita e la competitività delle nostre imprese - spiega il presidente di Unioncamere Andrea Prete -. Pensiamo alle enormi potenzialità dell’utilizzo dell’Ia ancora in gran parte tutte da esplorare. In Italia, comunque, sono in decisa crescita gli investimenti in Ia e per questo il sistema camerale intende continuare ad aiutare le imprese a sfruttarne i vantaggi in maniera consapevole. Attraverso i Pid abbiamo già coinvolto 750mila imprese e puntiamo a raggiungerne oltre un milione nel prossimo triennio per sostenere gli imprenditori nei processi di digitalizzazione e di doppia transizione. Anche per questo è necessario rafforzare la partnership con i principali enti di ricerca italiani per poter disporre di una rete di strutture verso cui orientare le imprese in modo mirato, facilitando l’incontro tra domanda e offerta di tecnologia».
I dati mostrano comunque che l'Ia non si sta diffondendo omogeneamente sul territorio nazionale e con una netta preponderanza del Centro-Nord. Tra le imprese che già la utilizzano, il 67,8% è situato in Lombardia, Piemonte, Lazio, Emilia Romagna e Veneto, con Milano, Roma, Torino, Verona e Reggio Emilia tra le prime province. La gran parte delle imprese che utilizzano la IA opera nel settore dei Servizi (75,2%). Seguono Manifatturiero e Commercio, con il 10% circa, e l’Agricoltura e le Altre Industria con meno del 3% delle imprese. Tra i Servizi, questa tecnologia risulta più diffusa tra i Servizi di informazione e comunicazione (34,5% delle imprese), dove viene utilizzata principalmente per la produzione di software e la consulenza informatica.
La formazione per colmare il divario
L’Ia non è più solo una tecnologia d'élite, ma uno strumento indispensabile per professionisti di ogni settore. Secondo una recente analisi di McKinsey, entro il 2030, il 70% delle aziende integrerà sistemi di Ia nei processi quotidiani, con un impatto diretto su oltre il 50% delle mansioni attuali. Nel 2022, con il rilascio di ChatGPT, si è aperto un nuovo capitolo nella storia dell’Ia. La possibilità di interagire con i dati attraverso modelli matematici complessi, senza competenze tecniche avanzate, ha democratizzato l’accesso a strumenti di calcolo e analisi. Tuttavia, l’Ia non è solo tecnologia, ma un movimento culturale che richiede nuove competenze per trasformare questa potenza in opportunità. La necessità di comprendere e collaborare con l’Ia è quindi una priorità per chiunque voglia rimanere competitivo nel mercato del lavoro. Infatti, secondo il report Global workforce of the future 2024 di Adecco Group, chi utilizza l’intelligenza artificiale al lavoro risparmia quasi un’ora di tempo al giorno, ma, dati alla mano, secondo una recente ricerca dell’app di networking professionale Fishbowl, oltre il 43% dei professionisti usufruisce di strumenti Ia senza riferirlo ai propri responsabili ed emerge chiaramente un gap formativo. Infatti, sempre secondo Adecco, solo il 16% dei professionisti ha ricevuto una formazione adeguata ad affrontare la trasformazione digitale e troppi ancora sono i lavoratori italiani preoccupati della propria stabilità occupazionale a lungo termine, minata dal crescente utilizzo dell’Ia.
Ecco i sette modi in cui, secondo Data Masters - tech Academy attiva nella formazione, fondata nel 2022 da Luigi Congedo, Francesco Cipriani e Vincenzo Maritati, con oltre 15mila studenti iscritti - l’Ia valorizzerà le competenze umane nel mondo del lavoro:
● Aumento delle capacità cognitive e decisionali: l’Ia è in grado di analizzare enormi quantità di dati in tempi brevissimi, identificando pattern e fornendo previsioni accurate. Questo consente agli esseri umani di prendere decisioni più informate e basate su dati concreti. Per esempio, in ambito finanziario, i trader possono avvalersi dell’Ia per analizzare i trend di mercato e ottimizzare le strategie di investimento, mentre in ambito medico, i medici possono fare affidamento su diagnosi supportate da AI, migliorando la precisione e velocizzando i processi.
● Automazione dei compiti ripetitivi e a basso valore aggiunto: l'Ia può liberare il tempo delle persone da attività monotone e ripetitive, come l’immissione dei dati, la gestione di email e la pianificazione di appuntamenti. Automatizzando queste attività, i professionisti possono concentrarsi su compiti che richiedono creatività, empatia e intuizione. Nel settore della customer service, ad esempio, chatbot intelligenti possono rispondere automaticamente a domande frequenti, mentre gli operatori umani possono focalizzarsi su problematiche più complesse.
● Supporto alla creatività e innovazione: contrariamente alla visione di un'Ia che sostituisce l'essere umano, la collaborazione tra uomo e macchina stimola la creatività. Strumenti di Ia come i generatori di contenuti, la musica generativa o i software di progettazione assistita sono in grado di fornire spunti e soluzioni innovative che i professionisti possono sviluppare ulteriormente. In questo contesto, l'intelligenza artificiale diventa un compagno creativo che potenzia le capacità umane, anziché sostituirle.
● Miglioramento delle competenze e della formazione continua: con l’evoluzione della tecnologia, nuove competenze sono richieste. L'Ia può essere utilizzata per sviluppare programmi di formazione personalizzati, basati sul profilo e sulle necessità individuali di ciascun lavoratore. L'apprendimento automatico può adattarsi ai progressi dell’individuo, ottimizzando i percorsi educativi e garantendo una formazione più efficiente. Inoltre, l'Ia stessa, come tutor virtuale, può offrire feedback immediato, accelerando il processo di apprendimento.
● Empatia e interazione umana nei contesti Ia-driven: anche se l’Ia è potente nell'automazione di processi analitici e operativi, l’aspetto umano resta fondamentale in molti settori. La capacità di comprendere emozioni e interagire con empatia è una caratteristica che l’Ia non può replicare completamente. In un lavoro ibrido, l'Ia può prendersi carico delle operazioni logistiche o di analisi, mentre gli esseri umani possono focalizzarsi su attività che richiedono interazioni sociali, gestione di conflitti, cura dei dettagli e supporto psicologico (come nel caso della salute mentale, del customer care e dell’educazione).
● Prospettive di lavoro futuro, collaborazione anziché competizione: la visione tradizionale del "conflitto" tra Ia e lavoro umano sta evolvendo. In un lavoro ibrido, la tecnologia non è più vista come una minaccia, ma come un'opportunità per ampliare e migliorare le capacità umane. Le aziende che adottano un approccio collaborativo tra umani e Ia stanno assistendo a una maggiore produttività e innovazione. In futuro, le persone potrebbero essere assunte per "co-creare" con l’Ia, sfruttando il meglio delle due parti per risolvere problemi complessi.
● Flessibilità e work-life balance: un altro aspetto positivo della collaborazione tra umano e Ia nel lavoro è la flessibilità. L’Ia può gestire molti aspetti operativi delle attività professionali, consentendo ai lavoratori di personalizzare il proprio orario di lavoro, ridurre i tempi di spostamento e migliorare l'equilibrio tra lavoro e vita privata. Le tecnologie di intelligenza artificiale possono anche supportare il lavoro remoto, migliorando la comunicazione e la gestione di team distribuiti.
Proprio per contrastare il gap formativo in ambito Ia e formare i professionisti del futuro ad affrontare le sfide e le opportunità del futuro, nasce Intelligenza artificiale per tutti, un corso di formazione innovativo che demistifica e al contempo democratizza l'Ia, rendendola accessibile a tutti, indipendentemente dal background tecnico. Il programma è progettato per fornire competenze pratiche e strategie concrete per integrare l'Ia nelle attività lavorative quotidiane, puntando a migliorare produttività, efficienza e innovazione. L’Academy ha già formato i professionisti che lavorano in aziende del calibro di Amazon, Enel, Kpmg, Microsoft, Accenture e tanti altri. Oltre 100 video lezioni on line, 12 ore di formazione avanzata con docenti ed esperti internazionali per acquisire le competenze più richieste nell’era dell’Ia. Per maggiori dettagli su contenuti, modalità e date, visitare il sito ufficiale: https://datamasters.it/catalogo/corsi/intelligenza-artificiale-per-tutti/.
Le risorse umane al tempo dell'Ia
In questo scenario, GoodHabitz, la piattaforma internazionale per la formazione aziendale, ha individuato sei tendenze chiave che le aziende dovrebbero tenere in considerazione per rimanere competitive nel 2025 e promuovere un ambiente di lavoro positivo e produttivo, incoraggiando lo sviluppo personale e professionale dei dipendenti. La riflessione, che scaturisce dai dati di utilizzo della piattaforma, dai webinar proprietari e dall’esperienza raccolta con oltre 3.500 aziende clienti, abbraccia il punto di vista dei responsabili Risorse Umane che anche quest’anno hanno cercato di elaborare soluzioni di apprendimento più efficaci e coinvolgenti. Dai dati interni della piattaforma, emerge come nel 2024 gli utenti italiani di GoodHabitz abbiano manifestato un notevole interesse per diverse categorie di corsi, dimostrando un impegno crescente nei confronti del proprio sviluppo personale e professionale. Tra i temi più ricercati spicca la Gestione del tempo, fondamentale per migliorare l'efficienza quotidiana, seguito da Sostenibilità, a testimonianza di una crescente consapevolezza ambientale. Anche il corso Stare bene con sé stessi ha registrato un'ampia partecipazione, evidenziando l'importanza del benessere psicologico sul luogo di lavoro. Inoltre, l'interesse per l'Intelligenza artificiale riflette la volontà di comprendere e integrare le nuove tecnologie nella vita lavorativa. Un altro argomento popolare è stato Conta fino a 10! (Gestire le emozioni), che sottolinea l'importanza della corretta gestione dell’emotività nei contesti professionali.
Focus sulle qualità umane in un mondo sempre più automatizzato e digitalizzato
L’impiego massivo dell'uso dell'Ia rende cruciale investire nelle proprie competenze personali per mantenere alto il valore e la qualità del lavoro umano. Non sorprende quindi che la digitalizzazione sia nella top 10 dei corsi di GoodHabitz per quest’anno.
Basti pensare che, secondo una recente ricerca di GoodHabitz condotta sui lavoratori del Regno Unito, il 70% degli intervistati utilizza l'Ia sia per attività personali che professionali, con un'attenzione particolare da parte della Gen Z, di cui il 76% è il principale utilizzatore dell'Ia per scopi sia personali che lavorativi. Tuttavia, nonostante il 79% degli intervistati creda che questa innovazione promuova nuove opportunità di apprendimento, il 67% dei lavoratori non si reputa ancora preparato a lavorare con l'Ia in modo efficace. Non a caso il 76% degli intervistati ritiene che questo strumento potrebbe migliorare significativamente il lavoro, ma solo con una formazione adeguata. Lo confermano anche i trend Hr per il 2025 di Gartner, dove viene riportato che i leader aziendali si aspettano un miglioramento del 23% della produttività funzionale nei prossimi 12-18 mesi grazie all'Ia generativa. È evidente che, sebbene l'Ia offra vantaggi, per distinguersi e mantenere l'importanza del lavoro umano è fondamentale investire nelle competenze personali.
L’importanza del Change Management
Il volume dei cambiamenti annuali a livello aziendale è cresciuto in modo esponenziale in risposta alle trasformazioni culturali, ai mandati di lavoro a distanza e in ufficio e alle nuove tecnologie. Dal gap generazionale all’introduzione di nuovi strumenti tecnologici, dall’attenzione crescente all'inclusione alla ricerca di maggior flessibilità, la gestione del cambiamento è un'importante sfida per le risorse umane, come afferma anche il report di Gartner per il 2025. Lo studio rivela come il 74% degli Hr afferma che i manager non sono ancora attrezzati per guidare tale cambiamento e il 73% concorda sul fatto che i dipendenti sono spesso affaticati dal cambiamento. È in questo scenario che i leader devono essere più che mai pronti ed equipaggiati per guidare l’organizzazione, imparando a gestire la "fatica del cambiamento" tra i dipendenti. In questo, la formazione continua è un catalizzatore fondamentale per supportare le risorse durante le diverse transizioni e per garantire che le trasformazioni siano adottate efficacemente.
Sviluppo continuo della leadership
Strettamente connesso al tema del change management c’è quello della leadership. È, infatti, fondamentale che i leader, in particolare i middle manager, sviluppino competenze umane e comunicative. Investire nella formazione della leadership può migliorare la motivazione del team, semplificare la gestione dei conflitti e potenziare la coesione del gruppo, con un impatto diretto sulle performance aziendali. Proprio il middle management svolge un ruolo fondamentale in ogni azienda poiché funge da punto di contatto tra l’alta direzione e i team operativi. Dalle roundtable organizzate da GoodHabitz, come quella in occasione del Forum delle Risorse Umane di Comunicazione Italiana, è emerso come, in molti contesti, vengano promossi a people leader i cosiddetti “leader tecnici”, ovvero professionisti impeccabili nel loro lavoro, ma che non sempre sono efficaci anche nel guidare con empatia le persone. Di conseguenza, spesso faticano a motivare i propri team, risolvere i conflitti e gestire le prestazioni in modo efficace.
Appare quindi evidente come lo sviluppo dell'intelligenza emotiva sia fondamentale per una gestione più efficace dei conflitti, promuovendo la coesione del team e facilitando una comunicazione chiara e costruttiva. Accanto a ciò, affrontare il cambiamento in modo proattivo, gestendo le resistenze e comunicando le novità con chiarezza, favorisce l'allineamento del team e la sua capacità di adattamento. In questo scenario, un programma di leadership mirato può inoltre stimolare la motivazione, incoraggiare la collaborazione e potenziare le performance del team, mentre una comunicazione strategica ben strutturata aiuta a trasmettere messaggi coerenti e incisivi, in linea con gli obiettivi aziendali, ottimizzando così il funzionamento e il successo dell'organizzazione.
Crescente focus sulla personalizzazione nella formazione
La ricerca inglese di GoodHabitz ha rivelato che per il 62% degli intervistati l’Ia ha aumentato il piacere nel portare avanti i propri percorsi di formazione. L’impiego di un simile tool, infatti, consente di personalizzare i programmi di apprendimento e formazione per soddisfare al meglio le esigenze individuali dei dipendenti. Secondo una ricerca di GoodHabitz, realizzata in collaborazione con YouGov sulle preferenze di carriera degli italiani, era già emerso come l'investimento nella formazione continua e nello sviluppo delle competenze trasversali non solo migliorasse la produttività e l'efficienza dei dipendenti, ma contribuisse anche alla retention dei talenti, promuovendo un ambiente lavorativo dinamico e inclusivo. In uno scenario di carriera sempre più frammentato, in cui il concetto di “carriera tradizionale” sta subendo una trasformazione significativa, le soft skills servono proprio a avere maggiore consapevolezza delle proprie nuove predisposizioni personali (81%), a sviluppare il proprio talento, come afferma il 79% dei rispondenti, e a costruire la propria carriera ideale (74%).
Diversità, equità e inclusione al centro
Un’organizzazione inclusiva consente un accesso equo e imparziale al lavoro, alle possibilità di carriera e di apprendimento e sviluppo, oltre a promuove un senso di connessione e rispetto reciproco attraverso i suoi rapporti con i dipendenti e gli stakeholder. L'implementazione dei principi di inclusione e diversità deve essere integrata nelle politiche e pratiche aziendali in quanto un ambiente di lavoro inclusivo non solo migliora l'accesso alle opportunità, ma promuove anche un senso di appartenenza tra i dipendenti. La norma ISO 30415 del 2021 rappresenta una guida per le organizzazioni e suggerisce metodi pratici per integrare la diversità e l’inclusione nei propri luoghi di lavoro. In linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, definisce anzitutto i prerequisiti fondamentali per implementare questi metodi tra cui: riconoscere le diversità, governare efficacemente, agire in modo eticamente e socialmente responsabile, lavorare e comunicare in modo inclusivo e accessibile, sostenere, promuovere e difendere attivamente la diversità e l'inclusione.
Influenza crescente del benessere aziendale
La salute mentale e il benessere dei dipendenti sono diventati sempre più prioritari per molte aziende. L’ultima ricerca di GoodHabitz, diffusa in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, testimoniava come quasi un dipendente italiano su tre (30%) dichiarasse di aver cambiato o di voler cambiare lavoro a causa di una crescente stanchezza legata alla propria occupazione, con poco più di uno su due (55%) che si definiva soddisfatto del proprio percorso lavorativo. Le aziende possono affrontare queste preoccupazioni investendo in programmi che promuovano le soft skills e la gestione dello stress. Nonostante ciò, sembra che in Italia l’attenzione verso tutte le stesse soft skills non sia ancora pienamente diffusa: i dipendenti italiani di aziende con almeno 10 dipendenti affermano di aver guadagnato maggiormente capacità razionali come problem solving (44%) e team working (33%), piuttosto che competenze emotive, motivazionali o gestionali. Infatti, appena il 23% dichiara di aver sviluppato competenze di gestione dello stress e solo il 10% di gestione dei conflitti, aspetti importanti per la conduzione positiva del proprio lavoro e del rapporto con i colleghi.