sabato 6 giugno 2020
Il 92,3% sta lavorando da remoto, per l’88% è un’esperienza positiva, per il 61,1% la nuova cultura di flessibilità e cooperazione prevarrà anche finita l’emergenza
Gianni Dominici, direttore generale di Fpa

Gianni Dominici, direttore generale di Fpa - Archivio

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Divenuto obbligatorio a partire da febbraio 2020 con le direttive per il contenimento dell’emergenza sanitaria, il lavoro agile è stato una novità assoluta per oltre 1/3 delle amministrazioni pubbliche italiane. E ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, come emerge da un’indagine di Fpa (società del gruppo Digital360) a cui hanno risposto oltre 4mila dipendenti pubblici. Oggi, infatti, il 92,3% di questi dipendenti della Pa sta lavorando in modalità “smart” e per l’87,7% di loro si tratta di un’esperienza completamente nuova, per cui hanno dovuto utilizzare in maggioranza pc, cellulari e connessioni internet personali, spesso condividendo lo spazio in cui lavorano con altri membri della famiglia, e senza ricevere una formazione specifica sul lavoro da remoto. Eppure, il bilancio dello smart working “forzato” nella Pa è assolutamente positivo: l’88% dei dipendenti giudica l’esperienza di successo e il 61,1% ritiene che questa nuova cultura, basata sulla flessibilità e sulla cooperazione all’interno degli enti, fra gli enti e nei rapporti con i cittadini e le imprese, prevarrà anche una volta finita la fase di emergenza.

Lo smart working ha permesso al 69,5% del personale della Pa di “organizzare e programmare meglio il proprio lavoro”, al 45,7% di “avere più tempo per sé e per la propria famiglia”, al 34,9% di “lavorare in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione”. In 7 casi su 10 è stata assicurata totale continuità al lavoro, per il 41,3% dei lavoratori l’efficacia è persino migliorata (per un altro 40,9% è rimasta analoga). Per oltre il 50% la relazione con i colleghi è invariata, per il 20% addirittura migliorata. E se - come ha sottolineato la ministra della Pa Fabiana Dadone - una volta tornati alla normalità almeno il 40% dei dipendenti pubblici dovrà adottare una modalità di lavoro agile, questi si dicono pronti: il 93,6% vorrebbe continuare a lavorare in smart working. Ma per la maggior parte (il 66%) il lavoro da casa deve essere integrato con dei rientri in ufficio organizzati e funzionali.

L’indagine, intitolata Strategie individuali e organizzative di risposta all’emergenza, è stata condotta da Fpa tra il 17 aprile e il 15 maggio 2020. Hanno partecipato in totale oltre 5.200 persone, di cui l’81% (4.262) dipendenti della pubblica amministrazione. «L’emergenza Covid19 ha portato un’adozione massiva e rapida dello smart working nella Pa, che può essere il punto di partenza per ridisegnare il futuro del lavoro pubblico - spiega Gianni Dominici, direttore generale di Fpa -. Le amministrazioni che già stavano sperimentando il lavoro agile hanno saputo reagire meglio all’emergenza, riuscendo a mettere in poco tempo in smart working tutti i dipendenti e superando le difficoltà, tecnologiche e organizzative, causate inevitabilmente da questa introduzione forzata. Questa esperienza, tuttavia, sta dimostrando che anche nella Pa è possibile lavorare in modo flessibile e per obiettivi invece che guardando solo agli orari e al cartellino, con effetti positivi sia per l’attività che per la vita personale. Perché lo smart working diventi effettivamente una nuova modalità di organizzazione del lavoro nella Pubblica Amministrazione ora è necessario ripensare i processi di lavoro, definire puntualmente obiettivi e risultati individuali e fare formazione specifica sull’uso delle tecnologie e degli strumenti di comunicazione, come consigliano gli stessi dipendenti pubblici. A questo scopo, approfondiremo e commenteremo i risultati della ricerca durante Forum Pa 2020, che vuole contribuire a una diversa visione di sviluppo anche sul tema del lavoro pubblico».

«Pur se avvenuta in modo spesso improvvisato, l’applicazione dello smart working per la Pa nella prima fase dell’emergenza ha dimostrato un’efficacia da molti inaspettata, infrangendo stereotipi e pregiudizi e dimostrando che un diverso modo di lavorare nella Pa non solo è possibile, ma può portare grandi benefici per le amministrazioni, i lavoratori e la società nel suo insieme - afferma Mariano Corso, presidente di P4I, la società di Advisory del gruppo Digital360 e responsabile dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano -. La gestione della Fase 2 può oggi rappresentare l’occasione per rendere più efficaci le nuove modalità di lavoro, dimostrandone i benefici. In questo modo la fine dell’emergenza non sarà per la Pa un ritorno al passato, ma piuttosto un nuovo inizio da affrontare con modelli di lavoro più flessibili, efficienti e sostenibili».

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