mercoledì 28 giugno 2023
Si torna a parlare di capitale umano. L’obiettivo prioritario del nostro Paese deve essere quello di trattenere e attirare talenti
I rapporti umani in azienda sono fondamentali

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Il futuro del lavoro appartiene (ancora) alle persone. Con buona pace dell’intelligenza artificiale o Ia che dir si voglia. E si torna a parlare di capitale umano e umanesimo. Oltre che di dignità e rispetto del lavoratore. Uno studio Censis-Ugl evidenzia come il mancato incontro tra domanda e offerta generi disoccupazione, precariato, povertà e posizioni scoperte, penalizzando soprattutto i giovani, che sempre di più scelgono di andare all’estero. Allo stesso tempo, le imprese dichiarano di avere difficoltà a rispondere ai loro fabbisogni occupazionali. Perciò l’obiettivo prioritario del nostro Paese deve essere quello di trattenere la forza lavoro e di far coincidere la domanda con l’offerta. Un risultato che può essere raggiunto nonostante i tanti paradossi del mercato. Mentre i giovani diminuiscono, infatti, i pensionati sono 14 milioni e 895mila e nel 2040 saranno più di 17 milioni, con un aumento di due milioni e 246mila pensionati. Il Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza stabilisce che i giovani siano una priorità trasversale a tutti gli interventi e prevede una crescita dell’occupazione dei 15-29enni del 3,2% nel biennio 2024-2026 e dello 0,5% in quelli successivi. Si affaccia sul mercato del lavoro la generazione più scolarizzata di sempre: il 76,8% dei giovani sotto i 34 anni è almeno diplomato (20 anni fa era il 59,3%) e il 28,3% è laureato (venti anni fa il 10,6%). Di qui al 2027 si prevede un fabbisogno di circa tre milioni e 800mila lavoratori tra settore privato (che assorbirà l’80,6% del totale) e pubblica amministrazione. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 34 anni è del 14,4%, mentre quello giovanile in senso stretto (15-24 anni) è al 23,7%, a fronte di un tasso medio dell’8,1%. Il 39,3% dei giovani che lavorano, oltre due milioni in valore assoluto, svolge lavori cosiddetti non standard perché a termine e/o part time, che non garantiscono la retribuzione e la stabilità necessarie ad avere un tenore di vita adeguato e, soprattutto, a fare progetti per il futuro. L’overeducation, vale a dire il mancato allineamento tra il livello di studi raggiunto e la professione svolta, in Italia riguarda un lavoratore su quattro ed è inversamente proporzionale all’età posseduta: è il 37,5% tra i giovani in età compresa tra i 25 e i 34 anni e il 44,3% tra gli under venticinquenni. Il 93,5% degli italiani è convinto che gli stipendi sono troppo bassi. L’Italia è l’unico dei Paesi Ocse che negli ultimi trent’anni ha avuto una riduzione in termini reali delle retribuzioni del 2,9%. Negli ultimi dieci anni oltre un milione di italiani si è trasferito all’estero: uno su quattro era laureato e uno su tre aveva tra i 25 e i 34 anni. Il fenomeno non è destinato ad esaurirsi: il 47,3% degli italiani dichiara che se ne avesse la possibilità se ne andrebbe dall’Italia, con percentuali che raggiungono il 60,6% tra i più giovani. Il 68,1% della popolazione pensa che l’Italia non sia un Paese per i giovani e l’88,5% è convinto che all’estero il lavoro sia pagato meglio e siano più valorizzate le competenze. L’85,9% degli italiani, che sale all’87,5% tra gli occupati, è convinto che la scuola sia distante dal mondo del lavoro. Pochi laureati, ma troppi nelle discipline umanistiche, della formazione e dell’insegnamento, del gruppo psicologico. Il prossimo anno mancheranno all’appello oltre 12mila medici e laureati in professioni sanitarie, oltre 8mila del gruppo economico e statistico, oltre 6mila laureati Stem, oltre 3mila laureati in discipline giuridiche e politico-sociali. Troppi diplomati nei licei, con un esubero di 53mila l’anno, mentre mancheranno 133mila diplomati degli istituti tecnici e professionali e qualificati nel sistema della formazione professionale. In futuro saranno sempre più richieste competenze trasversali. Il 65% dei posti di lavoro avrà bisogno di competenze green connesse al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, e il 56,3% dei nuovi posti avrà bisogno di competenze digitali. Anche Alessandro Rimassa, imprenditore che nel mondo della trasformazione digitale e dell'istruzione ha costruito gran parte della propria carriera, amministratore delegato di Radical Hr, è convinto che a giocare un ruolo decisivo per lo sviluppo delle imprese saranno le risorse umane. A condizione, però, di ripensare completamente il proprio ruolo, ampliando la loro sfera di azione e sviluppando competenze trasversali sempre più ampie in diversi ambiti: design, marketing, learning, technology e wellbeing. Le cinque lenti dell’Hr che Rimassa descrive nel suo libro edito da Egea. Nel saggio, l’autore si rivolge a chi lavora nella funzione risorse umane, a ceo e c-level e a tutti coloro che hanno a cuore il futuro delle imprese: nel periodo di grande cambiamento iniziato con la pandemia, infatti, il valore aggiunto più importante per le aziende si sono rivelate proprio le persone. «Nello scorso decennio - spiega Rimassa - dando vita a quella che oggi è la più importante scuola europea del digitale, la Talent Garden Innovation School, ho più volte sottolineato che "digital is not an option". In questo nuovo decennio di people transformation dico che "people is not an option". Le persone non sono più qualcosa di opzionale, marginale, forse in futuro non necessario. E lo dico da esperto di futuro del lavoro, da imprenditore, da board member e fondatore di diverse aziende. Posso capire che l’affermazione possa apparentemente stridere con un mondo fatto di tecnologia innovativa, in cui l’intelligenza artificiale sembra essere in grado di sostituire l’uomo in moltissimi casi. Pur essendo un promotore e un grande fan dell’intelligenza artificiale, sono anche certo però che l’Ia sostituirà solo quei lavori in cui la straordinaria creatività umana non è per forza necessaria. Ed è qui che sta la nostra sfida». Una rivoluzione profonda come questa deve necessariamente passare dall’avere occhi nuovi con cui guardare la funzione Hr, le aziende e tutte le persone che ne fanno parte. Ed è qui che entrano in gioco le cinque lenti che Rimassa analizza nel saggio: «La lente del “design” consentirà ai professionisti di progettare il prodotto migliore per le esigenze di persone e aziende, trovando soluzioni tailor made a seconda della sfida, dell’individuo, del momento, del contesto, del risultato desiderato. In questo modo, i referenti Hr potranno diventare architetti di luoghi di incontro e di brainstorming, fuori e dentro l’azienda (oggi, d’altronde, l’ufficio è ovunque). Con la lente del “marketing” i responsabili delle risorse umane saranno in grado di creare quelle esperienze uniche che permettono alle persone non solo di restare, ma anche di voler essere i primi testimonial dell’azienda, contribuendo in modo decisivo al branding, alla comunicazione, all’attraction e alla retention di quei talenti che abiliteranno la crescita dell’organizzazione. La lente del “learning” permetterà invece di guidare il processo di apprendimento delle persone, fino a creare quella corporate university che renderà l’impresa sempre pronta ad accogliere e cavalcare il cambiamento. Per ripensare il lavoro, però, bisogna investire su digitalizzazione e accessibilità delle informazioni. È in questo delicato ma necessario processo che entrerà in gioco la lente della “technology”, facendo in modo di sfruttare tutti i benefici che l’innovazione può offrire ma senza dimenticare l’asset fondamentale dell’azienda: la componente umana. Infine, la lente del "wellbeing" aiuterà a costruire ambienti lavorativi in cui le persone stiano bene, siano più soddisfatte e quindi più produttive, trovino una propria dimensione che sia insieme umana e professionale. Sarà proprio questa lente, insomma, a portare a creare un nuovo modo di lavorare che sia produttivo e umano, dove empatia, relazione, collaborazione e ascolto sono la normalità e in cui i nuovi modi di lavorare si fondino non più su comando e controllo, ma su fiducia e trasparenza. Perché la trasformazione si compia, però, le competenze non basteranno: gli Hr, infatti, dovranno smetterla di sentirsi una mera funzione di servizio e acquisire la consapevolezza di essere, al contrario, una funzione di guida. Un driver di cambiamento, insomma, in grado di lavorare a stretto contatto con chi definisce la strategia del business aziendale, contribuendo sempre di più alla sua definizione».

Il luogo ideale di lavoro

Un’analisi condotta dall’Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed su 15mila riflessioni generate da 5mila partecipanti ai percorsi formativi, rivela che il 62% delle persone esprime energia positiva e soddisfazione verso il luogo in cui sta lavorando nei mesi della pandemia. Circa un terzo dei partecipanti (il 29%) esprime invece insoddisfazione, disagio, stanchezza o scarsa energia, un dato più elevato negli over 50 (+18% rispetto agli under 50). Ma le sorprese maggiori arrivano analizzando quali sono i desiderata rispetto al posto in cui si vorrebbe lavorare in futuro. «Dai dati forniti dall’Osservatorio Vita-Lavoro Lifeed - afferma Luca Solari, professore di Organizzazione aziendale e Risorse Umane presso l’Università degli Studi di Milano e membro del comitato scientifico di Lifeed - emerge la necessità di recuperare la dimensioni estetica e del piacere nella progettazione degli spazi, partendo però dal design più sublime, quello della natura. Si pensa in ampiezza, integrando ambienti naturali, elementi antropici. Le nuove parole che devono definire le relazioni di lavoro sono rispetto, libertà, indipendenza ed esprimono in modo non equivoco la maturità acquisita dalle persone». L’energia si manifesta principalmente attraverso: la serenità, il benessere e il senso di libertà (espresse dal 45% dei partecipanti) e il senso di sicurezza e protezione - espresso dal 15% delle persone, in particolare dalle donne (+70% rispetto agli uomini). La sensazione di insoddisfazione e disagio è collegata, in particolare, a senso di chiusura, solitudine e isolamento - anch’esso espresso maggiormente dalle persone over 50 (+19% rispetto agli under 50) – e a senso di incertezza, disorientamento e ansia, espresso dal 10% delle persone. Riccarda Zezza, ceo e fondatrice di Lifeed, con Cuore business. Per una nuova storia d'amore tra persone e lavoro (edito da Il Sole 24 Ore) offre una riflessione sulla ricchezza identitaria di ognuno di noi e su come influenzi il nostro lavoro: «È in corso una crisi nella relazione tra persone e lavoro. Ne vediamo i sintomi nel fenomeno del quiet quitting, nelle numerose e impreviste dimissioni, ma anche nel basso tasso di occupazione femminile e nella mancanza di motivazione dei giovani. Che cosa è successo? È successo che gli esseri umani sono diventati grandi e complessi, e nelle scatole delle vecchie definizioni di lavoro non ci stanno più. Ci entrano "per forza" e ci passano la vita (115.704 ore, 13 anni), ma lasciando fuori qualcosa di importante: quel talento unico che ognuno ha e che, emergendo dal profondo del cuore, farebbe del lavoro un modo di prendersi cura del mondo. Si tratta di una crisi epocale: la crisi di un intero sistema di regole e definizioni, e non basterà la tecnologia a ripristinare la relazione tra persone e lavoro. Il cambiamento dovrà essere culturale e profondamente umano».

Staffetta generazionale e nuova idea di azienda

La staffetta generazionale che per anni ha caratterizzato le pmi è oggi sulla via del tramonto. Si parla infatti di continuità aziendale e il testimone non è necessariamente da passarsi – come si suol dire – di padre in figlio. È quanto emerge da un’indagine realizzata dal Gruppo Giovani di Confimi Industria e da Fondazione Imprendi su di un campione di 200 aziende a conduzione familiare. A essere intervistati, singolarmente e senza interrelazione, due differenti gruppi: i senior, oggi alla guida della propria azienda, e i junior, a loro volta suddivisi tra imprenditori alle prime armi e manager navigati. E se la fiducia del genitore sulle capacità dei figli di dare continuità all’azienda di famiglia è ancora saldamente in cima alle risposte, si fa strada – in un caso su tre – la possibilità che l’azienda prosegua grazie al coinvolgimento dei collaboratori. Nonostante il desiderio è che “tutto resti in famiglia”, gli imprenditori non sembrano avere una ricetta comune sulla formazione della generazione che seguirà: c’è chi avvia la formazione dei propri figli in età da liceo (17%), chi durante gli studi universitari (20%), chi al termine degli studi universitari (11%) ma c’è perfino chi preferisce affrontare il tema del passaggio di consegne a ridosso delle trenta candeline dei figli. Le idee sembrano invece essere più chiare sulle esperienze professionali da maturare: più del 75% ha risposto che la formazione all’imprenditorialità debba essere esterna alla famiglia, con il supporto di professioni terzi alla propria dimensione aziendale. Imprenditori si è per sempre. L’ostacolo più grande, infatti, sembra – per gli imprenditori senior – lasciare totalmente le redini alla nuova generazione. La pianificazione della successione in media si colloca a 58-60 anni, ma raggiunge picchi di 70. Un periodo di continuità e di passaggio di consegne che dura tra i cinque e i dieci anni. Nonostante si parli di nuova o giovane generazione, gli imprenditori credono che i propri figli siano maturi per un passaggio tra i 35 e 40 anni di età. Di certo, la quasi totalità del campione rispondente riconosce nei figli una predisposizione a modelli di business improntati alla sostenibilità e alla transizione digitale. Ma cosa ne pensa davvero la nuova generazione d’imprenditori? Pochi i dubbi in merito, la carriera imprenditoriale piace e molto. Ma non si può intraprendere con la sola scuola della vita in fabbrica: la formazione all’imprenditorialità e managerialità è ritenuta necessaria, così come il coinvolgimento nell’azienda di famiglia è bene che sia pianificato per tempo, ma non necessariamente il prima possibile. L’indagine ha voluto indagare in termini valoriali i principali fattori di realizzazioni di chi si appresta ad essere o è da poco diventato la nuova generazione dell’impresa di famiglia. Sul podio spiccano competenza, integrità e onestà, passione e impegno. Tutti possibilmente impiegati non solo per generare profitto quanto per un benessere collettivo. «Le aziende familiari sono quelle realtà dove il ruolo di imprenditore e quello di manager si confondono e sovrappongono, dove anche i confini tra famiglia e azienda non sempre sono ben delimitati - afferma Michele Ghibellini alla guida del Gruppo Giovani di Confimi Industria -. Conoscere il contesto e analizzarlo è per noi di primaria importanza perché è grazie alle indagini agli associati che possiamo redigere azioni concrete a supporto degli imprenditori, a qualsiasi generazione appartengano, per contribuire a superare con successo uno scoglio a volte percepito come insormontabile. Nostro obiettivo è quello di arrivare alla redazione di un vademecum, anche grazie all’esperienza e alla collaborazione dei professionisti di cui si avvale chi fa impresa - commercialisti, avvocati, notai – per permettere agli imprenditori di essere sempre più parte attiva del variegato tessuto sociale e produttivo italiano». Tra i fattori legati all’impatto personale, infatti, i giovani privilegiano quello di “contribuire a migliorare la società”; mentre tra i fattori legati a lavoro e organizzazione i giovani privilegiano quello di “far parte di un gruppo di lavoro interessante”; in ultimo, tra i fattori economico-sociali i giovani privilegiano quello di “avere sicurezza economica”. Uno sguardo attento anche oltre i cancelli della propria attività: salute e benessere per le persone, istruzione di qualità per tutti, miglioramento delle condizioni di lavoro sono tra i loro obiettivi di impatto.

Le buone pratiche

Vaillant Group Italia ha inaugurato la nuova Torre presso la propria sede di Milano. Un edificio rinnovato negli ambienti e nell’anima, all'insegna del massimo efficientamento energetico e oggi in grado di abbattere di circa il 40% le emissioni di anidride carbonica e del 45% il consumo di energia primaria rispetto al sistema precedentemente installato. Vaillant, protagonista da 148 anni nella tecnologia per il comfort domestico, taglia così il nastro di un ambizioso progetto di sostenibilità con la realizzazione di una nuova casa per collaboratori, clienti, fornitori e partner, ma anche di un'importante iniziativa in ottica di «nuovo umanesimo aziendale», come sostenuto dallo stesso ad Gherardo Magri, che ha dato il via anche a The human society. Inspired by Vaillant - un percorso fatto di azioni concrete per ispirare il cambiamento all’interno delle organizzazioni e al fuori di esse, a beneficio di ambiente e persone. Un percorso che parte dalla realizzazione di una nuova biblioteca aziendale in grado di contenere fino a 3mila volumi. Un approccio orientato agli aspetti umani, che ha visto una riprogettazione degli spazi secondo criteri pragmatici, con l’intento di soddisfare un modo nuovo di lavorare e privilegiare gli aspetti relazionali rispetto a modalità più individuali tipiche del passato. Vaillant, protagonista da 148 anni nella tecnologia per il comfort domestico, taglia così il nastro di un progetto di efficientamento energetico, sostenibilità e cultura umanistica. Un building rinnovato negli ambienti e nell’anima, all’interno del quale progetti aziendali ambiziosi trovano collocazione secondo le più moderne ridefinizioni di impiantistica, human-space planning, luoghi di lavoro e di socialità.

Alla ricerca di personale nel settore amministrativo

Si stima che il fabbisogno per professioni nell’industria e nei servizi sia, per circa la metà di professioni tecniche, ma l’altra metà è rappresentata da profili che appartengono all’Area contabilità e amministrazione. L'Agenzia per il lavoro Nhrg sta ricercando oltre 30 profili appartenenti a questa area. Nello specifico:
• Responsabili amministrativi
• Impiegati amministrativi contabili
• Impiegati logistico amministrativi
• Impiegati amministrativi appartenenti alle categorie protette L68/99
Per tutti sono richiesti:
• Esperienza nella mansione
• Diploma di ragioneria o laurea in ambito economico
• Buon utilizzo dei programmi Office e del pc.
Le sedi di lavoro sono: provincia di Padova, provincia di Vicenza, provincia di Bologna, Roma. Per approfondire i dettagli dei profili ricercati e inviare il proprio cv è sufficiente andare sul sito www.nhrg.it nella sezione offerte di lavoro.





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