mercoledì 8 febbraio 2023
Sono operai, impiegati, infermieri, bancari e manager che devono passare per due volte al giorno il confine tra Italia e Svizzera, ma anche Francia, Austria, Slovenia, Croazia
Un varco riservato ai frontalieri

Un varco riservato ai frontalieri - Archivio

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Dura la vita del frontaliere. Ogni giorno migliaia tra operai, impiegati, infermieri, bancari e manager devono passare per due volte al giorno il confine tra Italia e Svizzera - ma anche Francia, Austria, Slovenia, Croazia, senza dimenticare Città del Vaticano e San Marino - per raggiungere il posto di lavoro e poi tornare al proprio domicilio. Un fenomeno non nuovo, ma in ascesa. Ormai hanno superato le 100mila unità, per oltre i due terzi con destinazione la Confederazione elvetica, in particolare il Canton Ticino. Un grosso aumento si è registrato a partire dagli anni '90, quando si contavano non più di 35mila frontalieri. Oggi sono diventati 84mila e il dato è in continuo aumento, tanto che si stima per il futuro una crescita su base annua del 5%. Parallelamente, si assiste a un fatto nuovo, quello dei distacchi transnazionali, che riguarda tutti quei lavoratori che vanno a lavorare all'estero al seguito della propria azienda italiana, tanto che su circa 17 milioni di lavoratori "mobili" a livello di Unione Europea, si stimano in 1,4 milioni i frontalieri e 2,5 milioni i distaccati. Le motivazioni che spingono a far crescere il numero dei pendolari sono intuibili: stipendio più alto e tassazione più bassa rispetto all'Italia. Il salario medio lordo in Ticino si attesta sui 4.500 franchi, mentre nel nostro Paese non supera i 1.500 euro. E le imposizioni fiscali sono tre volte più basse. Anche se in vista c'è un nuovo accordo fiscale stipulato dagli Stati oggi all'attenzione del Parlamento, integrato per la prima volta da un memorandum d'intesa sindacale, perché il protocollo, tuttora in vigore, risale al 1974. In quasi mezzo secolo, il quadro è profondamente mutato, provocando conflitti fra frontalieri "vecchi" e "nuovi". Nel 2020 si è arrivati alla definizione di un nuovo trattato, che però non è stato ancora ratificato dai singoli Stati. Più in generale, le organizzazioni confederali hanno rivendicato e ottenuto nel testo della legge all'esame del Parlamento la creazione di un tavolo interministeriale con i dicasteri dell'Economia, del Lavoro e degli Esteri, che porti alla definizione di uno statuto dei diritti dei frontalieri, in modo tale da ottenere una normativa specifica per il settore, sulla falsariga di quanto è stato, a suo tempo, ratificato a livello europeo con la direttiva 883/ 2004. Tuttavia manca ancora una legge nazionale che regolamenti l'attività di questi lavoratori in ogni suo aspetto, al cui interno siano specificate le modalità d'esercizio dell'impiego e la parità di trattamento. Oltre alla costituzione di un osservatorio, presso il ministero del Lavoro, con compiti di monitoraggio sul frontalierato. Sempre i sindacati, si sono battuti perché l'approvazione di un nuovo accordo fiscale contro le doppie imposizioni dei frontalieri fra Italia e Svizzera, comprendesse il memorandum d'intesa sottoscritto fra il Mef, i sindacati e i Comuni di frontiera. La principale novità è costituita dall'innalzamento da 7.500 a 10mila euro della franchigia da applicare a tutti i redditi da lavoro dei frontalieri che prestano la propria attività lavorativa nei Paesi confinanti. Franchigia che va poi detratta sulle tasse pagate all'estero. Per la Svizzera c’è un vantaggio relativo alla percentuale di imposizione delle tasse: precedentemente infatti era stabilita una quota di imposizione al 60%, che con il nuovo accordo sale all’80%. Altre questioni irrisolte riguardano l'assegno unico familiare e la doppia affiliazione sindacale.

Una ricerca su nuovi ruoli professionali dei frontalieri

Per studiare il fenomeno è nato perfino Skillmatch Insubria, un progetto di ricerca-azione finalizzato ad approfondire il tema del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro nella regione insubrica, che comprende il Canton Ticino in Svizzera e le province italiane di Varese, Como e Lecco. Partner del progetto sono l’Università Carlo Cattaneo Liuc (capofila), Ptsclas e l’Università dell’Insubria, sul lato italiano; Supsi (capofila) e Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport del Cantone Ticino, sul lato svizzero. Nell’ambito del progetto viene fornita una visione prospettica sull’evoluzione delle caratteristiche della domanda e dell’offerta di lavoro nell’area insubrica e degli eventuali disallineamenti previsti per il quinquennio 2022 al 2026. Inoltre ha analizzato il disallineamento tra i profili ricercati dalle aziende del territorio insubrico e quelli proposti da lavoratori e lavoratrici definendo azioni opportune per riallineare domanda e offerta di lavoro. La fase di ricerca è durata tre anni e mezzo e ha raccolto dati attraverso due questionari rivolti alle aziende in Ticino e in Lombardia e alle interviste al management e ai responsabili delle Risorse umane di circa 150 aziende italiane e svizzere. Da questo lavoro è emerso che vi sono settori e professioni nei quali si riscontra carenza di personale qualificato, mentre in altri ambiti l’offerta di lavoro supera la domanda. Si è rilevata inoltre la nascita di nuovi ruoli professionali sempre più complessi e diversificati e la generalizzata richiesta trasversale di soft skill e competenze digitali. Infine, sono emerse quali caratteristiche importanti la versatilità e la capacità di adattarsi ai cambiamenti sempre più frequenti sul piano socioeconomico, tecnologico e ambientale. Per fare fronte a tali sfide che agiscono sulle possibilità di allineamento tra domanda e offerta di lavoro, è stato realizzato il Masterplan Formazione Insubria 2030. Le indagini hanno evidenziato la presenza di diversi elementi di squilibrio tra settori: ve ne sono alcuni nei quali si regista una cronica mancanza di candidati (per esempio profili tecnici nel settore della meccanica) e altri nei quali l’offerta di lavoro supera di gran lungo la domanda. Si è constatato inoltre l’emergere di nuovi ruoli professionali, caratterizzati da competenze sempre più complesse e variegate: data analyst, esperti di cybersecurity nel settore bancario e nell’informatica, specialisti di Building Information Modeling nelle costruzioni, ma anche profili ibridi e interdisciplinari, tanto nelle piccole aziende dell’informatica quanto in quelle più grandi della meccanica. Vi sono poi figure non nuove ma sempre più scarse e contese, come i periti e gli ingegneri chimici o i medici nel settore farmaceutico, caratterizzato da prodotti sempre più specialistici e di nicchia. In particolare, emerge la pervasività dell’informatica, con un’importanza delle competenze digitali in ogni settore anche per i profili di natura più tecnica, complice la diffusione di apparecchiature a controllo numerico. Ma a caratterizzare la domanda di competenze è sempre più evidente il connubio tra soft e hard skills: la capacità di adattarsi al cambiamento è richiesta come caratteristica fondamentale per i neoassunti in tutta l’area insubrica. Infine, esistono alcuni fattori di squilibrio che minano l’attrattività della regione e aggravano il disallineamento tra domanda e offerta. Questi hanno a che fare con il suo posizionamento complessivo e con il confine. Verso l’esterno, l’Insubria nel suo complesso è posizionata tra due poli attrattivi (Milano a sud e Zurigo a nord); internamente, il Canton Ticino dipende dal drenaggio di risorse umane altamente specializzate oltre frontiera. Se è vero che esistono alcuni fattori di squilibrio domanda-offerta di lavoro e di professionalità nella regione insubrica, è altrettanto vero che vi sono importanti fattori di attrattività, che costituiscono una leva importante per ridurre il disallineamento nel mercato del lavoro: su entrambi i lati della frontiera può vantare aziende innovative e leader nei rispettivi settori, anche su scala globale. Oltre a Università e Centri di ricerca di eccellenza. Dopo la ricerca è stato elaborato il Masterplan Formazione Insubria 2030, per tradurre in ulteriori passi concreti una visione sul futuro del lavoro e della formazione nella regione transfrontaliera. Una visione costruita nel confronto dialettico tra i partner di progetto, partendo dalle sfide comuni che la regione è chiamata ad affrontare e che impongono lo sviluppo continuo e l’implementazione di scelte e di buone pratiche, su cui ragionare collettivamente per arrivare a soluzioni condivise, con una governance sempre più coordinata, pur nel rispetto delle identità delle comunità che la compongono. Molte sono le azioni proposte: iniziative per costruire e diffondere la consapevolezza sul tema del disallineamento delle competenze; attivazione di sistemi di monitoraggio sui due lati del confine che, a partire dalle analisi già avviate per il Progetto, aggiornino con cadenza periodica i dati quantitativi e qualitativi sui profili richiesti dal mercato del lavoro transfrontaliero e alimentino un tavolo permanente di analisi e confronto; creazione di un sistema di orientamento e informazione condiviso a livello transfrontaliero; sperimentazione di percorsi formativi condivisi per la regione transfrontaliera; lotta all’esclusione e all’abbandono scolastico; rafforzamento dei percorsi di formazione sul lavoro. Sulla base delle stime effettuate, si prevede complessivamente nell’area insubrica italiana per il periodo 2022-26 un fabbisogno di quasi 50mila unità. La crescita occupazionale si concentra per oltre l’80% nelle attività del terziario e, tra i singoli comparti, si prevede che risulterà particolarmente rilevante nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, nelle attività collegate alla logistica e in quelle turistiche, compresa la ristorazione. Per quanto riguarda il lato ticinese, si prevede una crescita dell’occupazione che supererà di poco le 15mila unità nel periodo 2022-2026. Per quanto concerne la domanda di lavoro generata prevalentemente dalla necessità di sostituzione di lavoratori anziani che vanno in pensione, con riferimento al lato italiano della regione insubrica si stima che dovranno essere sostituiti nei prossimi cinque anni quasi 74mila lavoratori complessivamente, nel pubblico e nel privato. Il settore dei servizi inciderà per il 64% del totale, con una domanda di oltre 47mila unità, mentre l’industria determinerà circa il 36% della richiesta (pari a circa 26.600 occupati). In Ticino si stima invece che tale componente della domanda si attesti per il prossimo quinquennio a quasi 23.500 unità. La regione insubrica nel suo complesso esprimerà, dunque, una domanda di sostituzione di poco inferiore alle 100mila unità con un rapporto di tre a uno tra la componente di parte italiana (province di Como, Lecco e Varese) e la componente di parte svizzera (Canton Ticino). Per incentivare un comportamento virtuoso a favore dell’apprendimento e della formazione professionale nel territorio dell’Insubria, è stato istituito il Premio Skillmatch Award. Il riconoscimento ha lo scopo di premiare le aziende particolarmente sensibili al tema della formazione.













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