Se lavorate in smart working, se siete soliti mandare email, se guardate film in streaming o se archiviate foto online, a cosa serve il cloud computing, quella cosa che vi ha cambiato così tanto la vita, dovreste saperlo già. Anche se, magari, non siete abituati a dedicarci ogni giorno un pensiero, o addirittura un grazie. Sono attività che, semplicemente, svolgete ormai ogni giorno, tanto da non ricordarvi più nemmeno da quanto. Una data, però, c’è. E quella data è esattamente oggi, 25 anni fa.
Ventisei ottobre 1997, l’anno del debutto delle Tv a schermo piatto, alba di Internet in cui Netscape era il browser più utilizzato, in cui i Dvd mandavano in soffitta i Vhs e ci si scambiava per la prima volta, o quasi, gli auguri via Sms. Ramnath Chellappa, professore d’informatica, pronuncia per la prima volta in ambito scientifico le parole “cloud computing” durante una conferenza a Dallas sui mercati dell’elettronica, parlando di “un nuovo paradigma informatico in cui i confini saranno determinati dalla logica economica piuttosto che dai limiti tecnologici”. Un quarto di secolo dopo, il cloud computing ha permesso a milioni di aziende di alleggerirsi dall’acquisto e dal mantenimento di data center e server fisici, spostando nella nuvola digitale tutte le funzioni operative. Ma ha fatto di più, offrendo anche ai consumatori, cioè tutti noi, la possibilità di usufruire di servizi tramite la Rete e i server remoti, magari in cambio di piani di abbonamento mensili o annuali. Oppure, ancora, ci ha permesso di lavorare comodamente da casa nostra, cambiando abitudini e ritmi familiari, semplicemente collegandoci via Internet e desktop remoti alle reti aziendali. Secondo Eurostat, oggi il 60% delle imprese italiane utilizza il cloud (al 5° posto in Europa) per un mercato che globalmente vale 484 miliardi di euro con un giro d’affari previsto per il 2030 superiore ai 1.500 miliardi di euro (+15,7% di crescita annua).
Cosa fare con il cloud computing (sì, anche guardare Netflix)
Intanto, il termine cloud (nuvola, in inglese) è stato scelto per indicare una massa, apparentemente impalpabile ed eterea come una nuvola, ubicata in una dimensione lontana, come le masse di dati contenute nei server dei provider. Un esempio classico di servizio di Cloud Computing è il servizio di posta elettronica offerto dal provider Google (Gmail) con il suo Drive sui cui si possono immagazzinare dati, aprire fogli di lavoro e condividerli da remoto con i propri colleghi di lavoro. Esistono, peraltro, molte altre aziende che offrono servizi simili, da Microsoft a Cisco a Dropbox. Possiamo anche usare il Cloud per adoperare aree di lavoro virtuali come quelle offerte da Slack. Oppure per archiviare una grande mole di dati ed eseguire un backup per il ripristino delle informazioni, elemento da non sottovalutare all’interno di un’azienda nell’epoca dei ransomware, i programmi che possono infettare i nostri pc bloccandone il contenuto.
Con il cloud computing possiamo inoltre ospitare siti web o blog e trasmettere dei servizi in streaming, sia audio che video. E’ il cloud, ad esempio, che ci consente di guardare un film su Netflix, che si avvale, come provider, di Amazon web services. (Notizia bonus: prima dell’avvento del cloud, alla fine degli anni Novanta Netflix si limitava a noleggiare dvd agli americani via posta, drenando il business di Blockbuster. Questa, giocatevela con gli amici).
Caratteristiche dei cloud:
• il provider, che si occupa di fornire l’hosting su cloud, acquista e gestisce hardware e software, affinché gli utenti non siano costretti ad investire sul loro acquisto e sviluppo.
• l’interfaccia permette all’utente di servirsi da solo;
• si paga, solitamente, solo ciò che si decide di usare;
• il servizio è flessibile e si adatta alle esigenze del cliente, che possono cambiare nel tempo.
Esistono varie tipologie di cloud:
• Cloud privati/cloud aziendali: l’uso è esclusivo di una azienda/organizzazione.
• Cloud pubblici: accessibile a chiunque previo pagamento.
• Cloud community: creati per gruppi che condividono esigenze informatiche simili, come ad esempio le amministrazioni locali.
Con il cloud risparmi per le imprese (e un po' di dati)
Per le piccole e medie imprese, il cloud si traduce soprattutto in bassi costi di gestione: non è più necessario (o indispensabile) acquistare costosi programmi software o hardware, e non servono neppure grandi server per la memorizzazione dei dati (server che andrebbero tenuti accessi 24 ore su 24 con grosse spese di energia elettrica, e che andrebbero gestiti dal personale dedicato). “Il cloud ha permesso di ripensare radicalmente tutti i processi di digitalizzazione: risparmio, personalizzazione e ottimizzazione delle risorse sono elementi indispensabili per chi fa impresa”, sottolinea Federico Soncini Sessa, ceo della tech company Mia-Platform.
Secondo Eurostat, il 79% delle aziende utilizza il cloud per la posta elettronica (l’Italia è prima in questa classifica con il 96%), il 68% per la conservazione di dati e il 58% per gli applicativi sulla sicurezza. Numeri importanti ma inferiori per quanto riguarda le applicazioni software per finalità più avanzate, come finanza/contabilità (48%), la gestione delle relazioni con i clienti (27%) e la pianificazione delle risorse aziendali (24%). C’è spazio, insomma, per far crescere quella nuvola ancora.