giovedì 22 dicembre 2011
Con gli utili della scuola di piazza di Spagna viene assicurato il doposcuola ai bambini di Scampia, Regalbuto e Monserrato. E per gli immobili affittati i lasalliani pagano 90mila euro di Ici l’anno. I frati: «Se volessimo fare business, qui non ci sarebbe una scuola».
Napoli, Monserrato e Regalbuto: qui si paga l'Ici
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Quando sente parlare di Chiesa che non pagherebbe l’Ici, a fratel Carlo Conti quasi scappa da ridere. Un riso amaro, naturalmente. Perché a chi, come lui, ogni anno versa nelle casse del Comune di Roma circa 90mila euro, in ottemperanza alle norme su quella che un tempo era l’Imposta comunale sugli immobili e ora sta per diventare Imu, quelle false accuse rischiano di aggiungere la classica beffa al “danno”. Fratel Carlo Conti è l’economo della Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane, l’ordine religioso fondato nel 1680 da San Giovanni Battista de La Salle che fin dall’origine opera nel mondo dell’istruzione. E a Roma, più precisamente nella centralissima Piazza di Spagna, i lasalliani hanno una delle loro scuole più prestigiose, l’Istituto De Merode, insieme con altre proprietà. «Naturalmente – spiega il religioso – per l’unità immobiliare che ospita la scuola, attività esente dall’Ici, non paghiamo nulla. Ma per le altre unità osserviamo scrupolosamente la legge».Gli altri immobili sono un piccolo albergo e alcuni locali dati in affitto a uno studio di progettazione ingegneristica di un’impresa edile. Risultato, ai fini dell’Ici, i 90mila euro di cui sopra. «Mi dispiace che chi ha lanciato questa campagna denigratoria contro la Chiesa, parli senza conoscere i fatti – afferma fratel Carlo –. Noi l’Ici la paghiamo secondo quanto stabilito dalle norme vigenti. Se poi c’è qualcuno che, spinto da uno spirito laicista, vuole cambiare le regole, cancellando alcune o addirittura tutte le aree di esenzione oggi esistenti, sappia che questo andrà a discapito dei più poveri».L’affermazione di fratel Conti potrebbe suonare sorprendente, soprattutto considerando che il De Merode viene comunemente etichettato come una «scuola per ricchi» e gli altri immobili si trovano in una delle zone più “in” di Roma. Ma questo è il classico caso in cui bisogna saper andare oltre le apparenze e guardare il quadro nel suo complesso. Con i suoi 800 alunni distribuiti tra elementari, medie, liceo classico liceo scientifico, il De Merode è infatti il capofila economico del sistema scolastico lasalliano, che comprende una quindicina di istituti in tutta Italia. «Gli utili della scuola di piazza di Spagna – sottolinea l’economo – vengono reinvestiti per sostenere l’attività di altre strutture educative, che accolgono allievi provenienti da famiglie disagiate, svolgendo così un servizio sociale di grande utilità».È il caso, ad esempio, della Comunità di inserimento "Casarcobaleno" di Scampia, a Napoli, dove al pomeriggio bambini e ragazzi che altrimenti starebbero per strada (con tutti i pericoli conseguenti) vengono assistiti gratuitamente per fare i compiti. Oppure della scuola materna, elementare e media gestita dai Lasalliani ad Acireale e aperta agli scolari segnalati dal comune o dai centri di assistenza sociale. Ma la mappa completa è molto più ampia e comprende anche una scuola di Pompei, il centro giovanile di Regalbuto in provincia di Enna, la Casa del Fanciullo di Monserrato , nei pressi di Cagliari, e altri istituti. I bambini, gli adolescenti e i giovani che frequentano queste strutture (spesso gratuitamente o pagando rette molto basse) lo possono fare anche perché esiste il De Merode di piazza di Spagna.Ecco perché, sottolinea fratel Conti, l’attacco alla Chiesa sull’Ici rischia di ritorcersi contro i meno abbienti. «Pensate a quali conseguenze porterebbe – afferma infatti il religioso – la chiusura delle nostre scuole. Sarebbe un danno per la società civile, dato che dovremmo licenziare professori e personale non docente, e anche per lo Stato, che dovrebbe assicurare l’istruzione anche agli allievi provenienti dalle scuole chiuse». Così, dunque, le apparenze rivelano la reale sostanza. E fratel Conti aggiunge un’ultima annotazione: «Noi continuiamo a credere nell’educazione. E se davvero volessimo fare business, in piazza di Spagna a Roma non ci faremmo una scuola».
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