sabato 28 settembre 2024
Ogni italiano butta in media 35 chili di cibo all'anno. A Bologna e Pavia due progetti di economia circolare per sensbilizzare i cittadini e aiutare chi si trova in difficoltà
Lo spreco alimentare si combatte in mensa, a scuola come in azienda
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In Italia si butta sempre più cibo: due milioni di tonnellate all’anno. Nel 2024 lo spreco alimentare è cresciuto del 45,6%. Ogni settimana finiscono nel bidone della spazzatura quasi 700 grammi di cibo pro-capite che diventano 35 chili in un anno. Un “tragico paradosso" se si considera che solo in Italia, secondo Coldiretti, "sono ben 3,1milioni i cittadini costretti a chiedere aiuto per mangiare".

I dati allarmanti arrivano dall’ultimo report sugli sprechi alimentari nei paesi del G7, realizzato dall’osservatorio internazionale Waste Watcher in occasione della Giornata della consapevolezza sullo spreco alimentare in programma domani 29 settembre. Non va meglio nel resto del mondo, dove i numeri evidenziano una tendenza ancora peggiore. Continuando così, avverte l’Onu, sarà impossibile rispettare gli obiettivi che impongono di dimezzare lo spreco entro il 2030. «Per questo rinnoviamo con forza l’appello ai ministri dell’Agricoltura ad affrontare la questione, adottando politiche di prevenzione, interventi mirati a ridurre la povertà e programmi di educazione» ha sottolineato il direttore scientifico della ricerca Andrea Segrè.

Nel nostro Paese lo spreco alimentare è una cattiva abitudine dura a morire, anche in tempi di inflazione e prezzi alti. Le ragioni, nonostante non esistano metodi scientifici di rilevazione dello spreco, sembrano essere poche ed essenziali: la mancata programmazione dei pasti e la scarsa qualità dei cibi freschi acquistati. Per contrastare il fenomeno, in Senato sono state anche presentate proposte di legge ad hoc (come l’obbligo di donare le eccedenze), rivolte soprattutto alle imprese della grande distribuzione. Ma soltanto strategie educative potranno portare a risultati duraturi e significativi. Non mancano alcune esperienze “pilota” che potrebbero fare da apripista.

L’azienda bolognese di ristorazione scolastica e aziendale Camst insieme all’organizzazione di recupero alimentare Last Minute Market ha ideato e introdotto in alcune scuole italiane la campagna Spreco Zero. Per i prossimi tre anni, la società proporrà agli istituti serviti l’utilizzo dell’applicazione gratuita “Sprecometro”, messa a punto proprio da LMM in collaborazione con l’Università di Bologna. Gli insegnanti potranno iscrivere le proprie classi nella sezione dedicata dell’app e monitorare gli sprechi, anche in termini di impatto ambientale, impronta idrica e carbonica. In base ai risultati, Camst fornirà alle classi materiali informativi per sensibilizzare i ragazzi. I primi risultati positivi iniziano ad arrivare, come mostra il rapporto di sostenibilità realizzato nel 2023 dalla stessa Camst: grazie allo Sprecometro, l’anno scorso 36 tonnellate di cibo non sono state buttate, ma consegnate ad associazioni e onlus caritatevoli nei territori in cui il programma è attivo. Last Minute Market, che ha coadiuvato la leader emiliana dei servizi ambientali Hera nello sviluppo di un progetto regionale per la lotta agli sprechi. “Cibo Amico”, nel primo semestre del 2024 ha permesso di recuperare circa 8mila pasti delle mense aziendali rimasti intonsi, per un valore di circa 34mila euro. Nato nel 2009, raccoglie gli avanzi di otto sedi fra Bologna e Rimini e sino ad oggi ha aiutato oltre 200 persone in difficoltà, in una logica di economia circolare.

Più recente e complesso è invece l’esperimento condotto dalla start up italiana Plan Eat insieme all’Università di Pavia, su un campione di 100 famiglie italiane, che ha prodotto un risparmio finale di 3 tonnellate di cibo, milioni di litri d’acqua, Co2 e metri quadri di terreno. Mettendo in luce come il cambiamento debba partire soprattutto dai consumatori. Il campione ha fatto la spesa per sei mesi sulla piattaforma produttrice di kit alimentari pronti. Il cibo, già diviso in porzioni individuali, non veniva sprecato perché acquistato e prodotto nella quantità giusta, senza eccedenza di materie prime. Pianificazione e attenzione allo spreco, oltre a ridurre le perdite, incentivano il risparmio. Meno costi di produzione, infatti, equivalgono a un prezzo finale più basso.

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