
I due co-founder della start up italiana Jody Saglia e Sara Bellini con il robot Node - Alto Robotics
Ma la robotica può essere accessibile a tutti? A giugno andando in produzione Alto Robotics cercherà di dare la sua risposta concreta a questo interrogativo, con la creazione di Node: un robot in grado di trasportare oggetti, che non sostituisce l’uomo sul lavoro, ma è capace di collaborare e supportare nelle mansioni più ripetitive e a basso valore aggiunto.
L’ideazione di Node da parte della start up italiana è iniziata nel 2022: tutto è iniziato con la costruzione di un carrello di cartone per testare l’idea di base, poi si è passati a un prototipo fatto di legno per sviluppare il concept di prodotto, poi è stato utilizzato un robot telecomandato fino ad arrivare alla creazione di Node, che non è un robot umanoide, bensì di servizio o, meglio, al servizio dei lavoratori. Node ha un design che facilita l’interazione uomo-macchina, ha un’interfaccia sonora e visiva (con solo delle luci che richiamano a un sorriso, ndr), che favorisce la comunicazione con chi dovrà lavorarci assieme. «L’operatore stesso può configurare il nostro robot in autonomia, mappare l'ambiente e definire le missioni in modo semplice e intuitivo. Il robot utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per pianificare il percorso e adattarsi agli ostacoli dinamici» spiega il Ceo di Alto Robotics, Jody Saglia. Questo approccio si discosta dalla tradizionale robotica industriale, dove spesso le macchine sono complesse e richiedono un lungo processo di implementazione e formazione per chi si troverà a utilizzarle sul campo. «La nostra idea – prosegue l’ingegnere meccatronico – era proprio quella di creare una tecnologia che fosse immediatamente usabile e implementabile dagli operatori, senza richiedere competenze tecniche particolari o l’intervento di system integrator esterni».
Saglia che ha un lungo percorso di studi in sviluppo di tecnologie robotiche, tra il Politecnico di Torino, il King’s College di Londra e l’Istituto italiano di Tecnologia di Genova, fa un paragone per rendere più intuitiva la filosofia che sta dietro a Node, citando gli aspirapolveri robot, i roomba, in grado di muoversi in casa in maniera autonoma, una volta inserite le informazioni riguardanti la mappatura della casa. In altre parole, semplice e usabile come un elettrodomestico. Allo stesso modo, «possiamo dire che Node abbia a bordo l’intelligenza per individuare gli ostacoli, anche quelli dinamici, come il muletto che passa o il bancale che non dovrebbe essere lì» continua Saglia che racconta come possa interagire in modo sicuro con operai e ostacoli, grazie all’integrazione di tecnologie avanzate come la mappatura 3D, la navigazione autonoma e i sistemi di pianificazione dinamica. «L’obiettivo è quello di creare un ‘aiutante di fabbrica’ che possa svolgere compiti a basso valore aggiunto, permettendo agli operatori di concentrarsi su attività più qualificate» e alle aziende di gestire e ottimizzare i tempi di lavoro in modo più efficiente.
E le applicazioni in ambito lavorativo? Sono le più diversificate: si va dal controllo qualità dei pezzi prodotti al trasporto dei materiali all’interno delle aziende. Va detto che a differenza di altre start up che, più spesso, partono dalla ricerca per poi trovare un’applicazione reale, Alto Robotics si è concentrata su un modello di “venture building”, identificando prima i bisogni del mercato, in particolare nel comparto della manifattura, e poi sviluppando la tecnologia per rispondere a tali bisogni. «Abbiamo validato le nostre applicazioni attraverso test e progetti pilota con diverse aziende manifatturiere, riscontrando un forte interesse da parte del mercato per questo tipo di soluzioni. Le aziende, anche di piccole dimensioni, riconoscono il valore aggiunto del robot come strumento per migliorare l’efficienza e la flessibilità dei processi produttivi». Secondo Saglia, la robotica in Italia è un settore capital intensive, che richiede molte risorse e competenze in diversi ambiti e questo rende difficile la creazione di aziende competitive che possano coprire tutti gli aspetti della produzione robotica. A questo si aggiunge la mancanza di una cultura nel “fare sistema” tra le aziende, i centri di ricerca e gli investitori che pure ostacola lo sviluppo e la crescita delle iniziative nel settore della robotica.
Eppure ci sono imprenditori che credono nel potenziale della robotica: «Noi siamo finanziati da Cysero che è un fondo specializzato in startup e aziende tecnologiche che operano nel settore della robotica e della cyber security. È promosso da imprenditori industriali italiani, principalmente del Nord Italia, tra cui figure di spicco come Bombassei (Brembo), il gruppo Radici, il gruppo Feralpi, Fassi e Le Master. Questi imprenditori hanno una forte sensibilità per le aziende che producono oggetti fisici e non solo servizi e software. Anche CDP (Cassa Depositi e Prestiti) si trova all’interno del fondo Cysero, il che significa che anche il sistema Paese contribuisce a questo tipo di iniziative».
In un contesto povero di capitali com’è quello dell’innovazione italiana, Alto Robotics si è adeguato esplorando anche sinergie con aziende industriali che possano offrire un vantaggio in termini di prodotto, tecnologia o accesso al mercato. Concretamente l’esito della scommessa di Alto Robotics la si vedrà solo il prossimo giugno quando la produzione di Node sarà stata avviata, e in quel momento sarà possibile constatare se le aziende manifatturiere italiane, anche di piccole o medie dimensioni, siano effettivamente attratte da quello che non è una soluzione futuristiche, ma un progetto di robotica di servizio, facilmente implementabile, capace di rispondere a problemi reali.