Il miracolo economico tedesco è nelle cifre: nel terzo trimestre 2010 il Pil è a +3,9%; il tasso di disoccupazione al 6,8%, –0,4% rispetto al 2008, all’alba della crisi. Dati veramente sorprendenti se pensiamo che l’Unione europea a 27 ha rispettivamente +2,1% e 9,6% e l’Italia è a +1% e 8,2%. Come è stato possibile? La risposta è indubbiamente complessa. Le cause sono molteplici. Tutte le variabili economiche sono coinvolte.L’inversione di tendenza del Pil in Germania ha anticipato di un trimestre (secondo 2009) quella del resto dell’Unione. Da quel momento, la disoccupazione ha cominciato a scendere, mentre in Europa continuava a salire nonostante l’incremento del Pil. Quello che colpisce infatti è il basso impatto della crisi sui dati occupazionali. La Germania ha segnato un incremento massimo cumulato della disoccupazione di 0,4 punti percentuali (giugno 2009) rispetto al periodo precrisi, nonostante un peggioramento del Pil del 6,6%, contro un 5,1% della media europea.La Germania è riuscita, innanzitutto, a ridurre l’impatto della crisi sulla occupazione grazie allo strumento del
Kurzarbeitergeld, una misura del tutto simile alla nostra cassa integrazione. Essa si è dimostrata particolarmente efficace nel prevenire i licenziamenti di massa e nel conservare i posti di lavoro. Prima criticata, oggi è addirittura indicata, a livello europeo, come strumento di attuazione della
flexicurity.L’utilizzo della cassa integrazione come strumento di flessibilità interna ha significato per le imprese anche la salvaguardia del loro capitale umano, fondamentale nella fase di ripresa economica. Rilevante, peraltro, a tal fine, la formazione effettuata nei periodi di riduzione dell’orario di lavoro, in parte finanziata con risorse pubbliche dall’Agenzia federale per il lavoro (competente per l’attività di collocamento, ma anche per la gestione della previdenza).Insieme a questa misura, la stessa Cancelliera Merkel indica come interventi efficaci nel far fronte alla crisi le esenzioni e gli aiuti alle famiglie e alle aziende. Sono stati aumentati gli assegni familiari così come l’imponibile esente da imposta per i figli a carico, così da sostenere la domanda.Ugualmente efficace l’introduzione di aiuti, in particolare, per le piccole e medie imprese, come la deducibilità fiscale delle spese per interessi, nonché in alcuni casi delle perdite in caso di conservazione dei posti di lavoro o di investimenti nelle imprese. Inoltre, per garantire la sopravvivenza delle imprese familiari in caso di successione, sono state ridotte le imposte di successione per i fratelli e i nipoti.Accanto a questi interventi di "accelerazione della crescita", non è da dimenticare l’azione delle parti sociali. Sono per esempio stati siglati dei contratti collettivi, sulla base dei quali è possibile per le aziende dello stesso settore "prestarsi" reciprocamente lavoratori. Una sorta di somministrazione di lavoro tra imprese, consentita in Germania in deroga alla stessa legge sulla somministrazione.Inoltre, già prima della crisi, i rinnovi contrattuali, considerando gli elevati livelli retributivi tedeschi, avevano previsto il congelamento dei salari, se non addirittura dei tagli in cambio dell’impegno delle imprese a non delocalizzare o a non licenziare. Questi accordi hanno sicuramente avuto un impatto positivo nel contenimento della crisi.