Oggi ne manca giusto qualche migliaio per fare cifra tonda, ma già lunedì si arriverà a un risultato a suo modo 'storico': un milione di ragazzi che si sono iscritti alla Garanzia Giovani, il programma europeo varato nel maggio 2014 per dare un’opportunità di lavoro, di formazione od offrire un tirocinio ai cosiddetti Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono in formazione. Per la precisione, secondo l’ultimo report pubblicato ieri dal Ministero del Lavoro, i giovani che si sono registrati sul sito della Garanzia sono 996mila, 8mila più della settimana scorsa e rappresentano oltre il 55% del bacino teorico di 1,7 milioni di Neet disponibili a lavorare, presi a riferimento dal piano italiano, poco meno del 41% dei 2,4 milioni totali di 'nullafacenti' per forza o per scelta, oltre un quarto degli 'under 30' del nostro Paese. Da qui una prima considerazione: quel bacino non è stato prosciugato – resta molto alta sia la dispersione scolastica che l’alimenta sia, per quanto in lieve diminuzione, la percentuale di inattivi scoraggiati che lo caratterizza –, ma mai prima nel nostro Paese una tale massa di ragazzi si era rivolta a un servizio pubblico per essere aiutata a trovare uno sbocco nel mercato del lavoro. Dunque, un primo risultato positivo c’è stato nella mobilitazione dei giovani in un periodo particolarmente critico per la nostra economia. Ma il riscontro da parte dell’amministrazione pubblica a un tale cambiamento è stato all’altezza? Se si esaminano nel dettaglio le cifre dei report e i criteri stabiliti dal programma europeo, la risposta è che le ombre prevalgono ancora sulle luci e l’implementazione del piano rimane deficitaria. Soprattutto in ordine ai tempi di reazione dei servizi pubblici e all’efficacia delle proposte. La situazione è decisamente migliorata negli ultimi mesi, con un tasso di copertura di giovani presi in carico che è passato dal 40% di ottobre 2014 al 74% degli iscritti a marzo, ma solo nel 60% dei casi ciò è avvenuto nei due mesi stabiliti come regola dall’Unione europea. Peggio per la proposta concreta di un contratto di lavoro, un tirocinio, un programma di formazione o un aiuto per l’autoimprenditorialità che, sempre secondo le regole Ue, deve essere 'garantita', appunto, entro 4 mesi dall’iscrizione. Secondo il report del ministero, invece, su 1 milione di iscritti a partire da maggio 2014, ad appena 295mila è stata proposta almeno di queste misure. Si tratta di meno del 30%, il 34% se si considerano le cancellazioni di chi viene escluso o esce volontariamente dal programma. Di questi 295mila, secondo il monitoraggio effettuato dall’Isfol, il 60% circa ha potuto effettuare un tirocinio in un’impresa, il 23% ha usufruito di formazione mirata o di un apprendistato, il 13% è stato assunto grazie a un bonus e il 2% è stato avviato al servizio civile. La 'garanzia' per un giovane di ottenere dai servizi pubblici una proposta concreta per aumentare il proprio grado di occupabilità, così come l’aveva immaginata l’Unione europea, rimane dunque in buona parte disattesa: basti pensare che, teoricamente, su 1 milione di iscritti in 22 mesi complessivi, oggi dovrebbero aver ricevuto risposta tutti i registrati fino all’inizio di novembre 2015, circa 800mila giovani (650mila se si considerano le cancellazioni). Impossibile forse arrivarci con una struttura di servizi per l’impiego del nostro Paese che partiva quasi da zero, inefficienze stratificate e differenze regionali assai marcate. Solo ora e solo in alcune Regioni, ad esempio, stanno partendo i programmi per sviluppare l’autoimprenditorialità e i tassi di presa in carico dei ragazzi variano ancora dal 91% e 87% rispettivamente di Veneto e Sardegna al 52% e 55% di Piemonte e Marche. «Un fenomeno che abbiamo notato negli ultimi mesi, inoltre, è il rallentamento in alcune Regioni delle firme dei patti di servizio con i giovani, per la mancanza di offerte concrete da proporre loro successivamente », spiega Paola Stocco, ricercatrice dell’Isfol. Per evitare che la mancanza di sbocchi finali incida negativamente sulle performance dei diversi centri per l’impiego, infatti, alcuni enti preferiscono rallentare l’intero processo, lasciando più ragazzi nel limbo dell’attesa. Significativo in questo quadro un altro dato: ben il 33% dei giovani presi in carico finisce per trovarsi da solo un contratto di lavoro o uno stage, mentre per troppi mesi attende una risposta dai centri per l’impiego. «Si tratta in gran parte di persone a più basso rischio di restare Neet – dice ancora Paola Stocco – e che era disoccupata, aveva quindi già avuto almeno una prima esperienza di lavoro». Tuttavia, testimonia che, per una parte almeno di questi 'under 30', non mancano né la motivazione né le capacità, che vanno però raccolte, indirizzate e finalizzate nell’incontro con le imprese. E proprio questo resta forse il deficit maggiore di tutto il programma Garanzia giovani. Rimane sostanzialmente chiuso, infatti, il canale di dialogo tra servizi pubblici e aziende, con diffidenze reciproche e scarsa collaborazione. Che in quasi 2 anni, e potendo cumulare più bonus, le assunzioni da Garanzia giovani siano state solo poco più di 30mila, lo testimonia chiaramente. E cosa succederà ora che le imprese dovranno accogliere, per i programmi di alternanza scuola-lavoro, una massa di 1,5 milioni di studenti del triennio delle superiori? Ci sarà ancora spazio in fabbriche e uffici per i tirocini dei giovani Neet?