giovedì 9 novembre 2023
I sindacati chiedono chiarezza al governo e parlano di rischio eutanasia. L'ad Morselli nei giorni scorsi ha chiesto altri 320 milioni di cassa per andare avanti
Sul futuro dell'ex Ilva è nebbia fitta: i sindacati proclamo un altro sciopero

Ansa

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Un incontro disastroso, con tutte le decisioni importanti rinviate a dopo l'assemblea dei soci del 23 novembre. I sindacati dei metalmeccanici convocati a palazzo Chigi per l'ennesimo tavolo di confronto sull'ex Ilva hanno deciso di proclamare un altro sciopero di otto ore in tutti gli stabilimenti. "È andato malissimo anche rispetto alle aspettative che erano minime. Subordinano ogni decisione dall'assemblea dei soci prevista per il 23 novembre", dice il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, lì si capirà se il socio intende restare in Italia. "ArcelorMittal non può tenere in ostaggio il Paese", dice il segretario generale della Fiom, Michele De Palma. Il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia aggiunge che il governo promette comunque che "lo stabilimento non chiuderà".

I sindacati continuano a sollecitare il passaggio dello Stato nella maggioranza del capitale di Acciaierie d'Italia (passaggio che in teoria doveva avvenire la prossima primavera ma al momento è stato accantonato) e chiedono chiarezza sul Memorandum of understanding sottoscritto dal governo con Arcerol Mittal, il socio privato che possiede il 62% delle Acciaierie l'11 settembre scorso. "Siamo al punto finale" avevano detto prima dell'incontro. Eppure le condizioni per il rilancio ci sono, perché l'ex Ilva è un punto di riferimento della siderurgia in Europa. Con questa situazione di stallo insomma, è il grido d'allarme dei sindacati, si rischia l'eutanasia di un gruppo storico e di fondamentale importanza per l'industria italiana.

Intanto ieri si è svolto il cda di Acciaierie d'Italia che ha individuato due date che potrebbero segnare una svolta. Il 15 si terrà una nuova seduta del cda, il 23 novembre l'assemblea della stessa Holding. Ma mentre le volte precedenti il cda, restando tecnicamente aperto, aveva solo aggiornato i lavori, stavolta ha anche calendarizzato l'assemblea, segno che si punta ad intervenire sui nodi più urgenti che riguardano Acciaierie e cioe' la liquidita' che serve all'azienda per andare avanti e non spegnere gli impianti e la prosecuzione del rapporto tra il socio privato Arcelor Mittal, e quello pubblico Invitalia (Mef), partner di minoranza. Questioni sul tappeto da tempo, ma ora divenute emergenziali, mentre l'azienda si avvia a chiudere un altro anno con una produzione di acciaio decisamente inferiore agli obiettivi annunciati: appena 3 milioni di tonnellate contro i 4 milioni previsti e i 10 dell'epoca d'oro.

A ciò si aggiungano le dimissioni annunciate ma mai formalizzate di Franco Bernabé da presidente della Holding. Se sciogliere il nodo delle risorse e' importante (l'ad di Acciaierie, Lucia Morselli, chiede altri 320 milioni per andare avanti, ma il socio Invitalia rivendica chiarezza e trasparenza sia su questo fabbisogno che sulla situazione di cassa, attuale e prospettica), ancora più importante è capire se e come proseguirà la coesistenza tra i due soci. E soprattutto se ci saranno il rilancio, il ritorno al lavoro (oggi nel gruppo ci sono 3mila in cassa integrazione), gli investimenti, la decarbonizzazione della produzione per ridurre le emissioni e quindi tutelare salute e ambiente.

Sempre ieri si è tenuta la prima udienza al Tar della Lombardia sull'impugnazione da parte di Acciaierie del blocco immediato della fornitura di gas agli impianti, fornitura che attualmente avviene in regime di default. Il Tar ha già dato a fine ottobre la sospensiva ed ora si attende l'ulteriore provvedimento.

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