«Si può partire subito, avendo già nel cassetto 480 dei 700 milioni aggiuntivi che servirebbero per finanziare il nuovo strumento». Cristiano Gori, docente di politiche sociali alla Cattolica e coordinatore del gruppo di esperti che ha elaborato il piano presentato dalle Acli, ci tiene a sottolineare la fattibilità economica del progetto.
Settecento milioni aggiuntivi l’anno, circa 2,1 miliardi a regime non sono però neppure "spiccioli". A scapito di quali altre voci del bilancio andrebbero individuati?Questa è una risposta che deve dare la politica alla quale spetta la responsabilità dell’allocazione delle risorse e dell’individuazione delle priorità. Noi ci limitiamo a indicare un tema prioritario come quello della povertà assoluta e obiettivi che sono raggiungibili attraverso un impegno tutto sommato limitato rispetto al complesso del bilancio pubblico: lo 0,15% del Pil.
Nel vostro progetto quale sarebbe il ruolo del Terzo settore?Impegnativo in almeno quattro ambiti. Anzitutto funzionare da antenna dei bisogni concreti delle persone. Poi attivo nell’erogazione dei servizi correlati alla nuova social card. Terzo, di programmazione degli interventi sul territorio assieme agli enti locali. Infine, quella che si definisce
advocacy, cioè il controllo e la verifica dell’efficacia degli interventi. Agli enti locali spetterebbe la regia degli interventi, oltre che una parte del finanziamento, mentre allo Stato resterebbe la definizione dei criteri di accesso universalistici.
A questo proposito: la differenziazione per territorio non rischia di apparire come una reintroduzione delle "gabbie" nella lotta alla povertà?No, si tiene semplicemente conto della differenza reale che esiste tra Nord, Sud e Centro, ma anche tra città e campagna. D’altro canto è la stessa definizione di povertà assoluta come incapacità ad acquistare un paniere di beni e servizi a variare a seconda del luogo di residenza. E quindi la nuova social card avrà conseguentemente un valore differenziato.
Quali sono i punti in comune tra la vostra proposta e quanto sta emergendo del piano del governo?Ci sono almeno quattro aspetti: l’allargamento ai senza fissa dimora, il maggior ruolo del terzo settore, il concetto di "presa in carico" dei poveri e la dimensione territoriale. Poi certo siamo in attesa che il governo chiarisca meglio le sue intenzioni a cominciare dalla definizione dei soggetti erogatori e dei criteri di accesso