Rosario Rasizza, presidente di Assosomm - Enrico Scaringi
L’estate è tempo di vacanze, ma dà anche il via a una serie di lavori stagionali che coinvolgono giovani e meno giovani. Mentre gli imprenditori sono alla ricerca di nuovo personale e spesso fanno fatica a trovarlo. Dal Regno Unito arriva un’interessante classifica che svela quali sono gli impieghi estivi più pagati. Si tratta di lavori indicati principalmente per ragazzi tra i 16 e i 25 anni e per farli non è richiesto un titolo di studio, in alcuni casi è necessario un corso di formazione, in altri nemmeno quello. La ricerca indica l’istruttore di surf come lavoro estivo più pagato. Insegnare a cavalcare le onde può portare a guadagnare oltre 7.200 euro nel periodo estivo. L’estate è anche la stagione dei festival e un assistente al catering in tre mesi porta a casa poco più di 7.100 euro. Sul terzo gradino del podio un lavoro attivo tutto l’anno ma che vede aumentare notevolmente la richiesta in estate, vale a dire la guida turistica con le città d’arte prese d’assalto dai turisti. In questo caso è necessario avere un patentino e aver superato un esame, ma una guida turistica particolarmente attiva in estate può incassare circa 6.700 euro. La top ten dei lavori estivi più pagati prosegue con l’inserviente in spiaggia, l’istruttore di nuoto, il coordinatore di campi estivi, il parcheggiatore, l’estetista, l’assistente in una gelateria e l’host/hostess di eventi. Tutti impieghi che in tre mesi possono far guadagnare una cifra che va dai 7.227 ai 5.667 euro. Soldi che fanno sicuramente comodo a giovani studenti, ma anche a precari che non hanno un lavoro fisso durante l’anno e, al tempo stesso, posti di lavoro fondamentali per gli imprenditori che concentrano i loro affari in estate e hanno indispensabile bisogno di lavoratori. Un esempio di tutto ciò si vede nei numerosi cartelli esposti fuori da negozi e ristoranti delle città turistiche italiane in cui si cerca personale. «L’estate 2023 sarà ricordata per le presenze in Italia di turisti provenienti da tutto il mondo, ma anche per le “assenze” di cuochi, camerieri, bagnini e pasticceri. Ne sta facendo le spese soprattutto il settore del Turismo, in particolare l’Horeca-Hotel, ristoranti, catering, che proprio in queste settimane implementa i propri organici per far fronte ai picchi di domanda di questi mesi». È quanto emerge dalla ricerca realizzata da Assosomm-Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro in collaborazione con il Censis. Assosomm stima che nell’estate 2023 saranno oltre 30mila le figure mancanti al settore turistico, e questa è la classifica delle posizioni aperte in tutta Italia in ordine di “introvabilità”:
Al 1° posto (43% delle selezioni nel comparto) troviamo i “Cuochi e aiuto cuochi”. Sul 2° gradino del podio degli “introvabili” (41%) troviamo “Baristi e addetti alla caffetteria”; seguiti al 3° posto (secondo il 39%) gli “Addetti alla mensa”. Quarti “Camerieri e runner” (38%); seguono quinti i “Lavapiatti” (35%). Al 6° posto (34%) “Receptionist e autisti”. Al 7° (33%) troviamo i “Bagnini”, ma svettano al primo posto di tutte le aziende turistiche del “Comparto Mare”, poiché sono in assoluto la figura impossibile da trovare a tutte le latitudini del Belpaese. 8° posto tra gli “introvabili” (con il 30%) i “Pasticceri”; mentre “barman e barlady” si collocano al 9° posto (27%). Chiudono al 10° posto (26%) i “Sommelier”. Altro fronte sguarnito in estate è quello degli stagionali per la raccolta di frutta e verdura un po’ in tutta Italia. A questi si aggiungono gli addetti dell’industria dolciaria che, proprio in estate, cominciano le fasi legati alle lavorazioni natalizie. Ecco, quindi, alcune stime per i più importanti prodotti del settore ortofrutticolo. Patate: si ricercano 1.400 addetti alla cernita e al confezionamento; ciliegie e pesche: si ricercano 20mila addetti alla cernita e al confezionamento pesche. Capitolo a parte per l’uva: si cercano sin da ora almeno 10mila addetti per la vendemmia, che comincerà in alcune Regioni già a fine luglio. Fragole: ricercano 1.200 addetti al confezionamento; meloni, si cercano 800 addetti alla cernita e al confezionamento. Particolarmente fiorente, infine, l’industria dolciaria in Piemonte, dove, per il distretto delle nocciole e del cacao, si ricercano almeno 1.000 persone in ambito produttivo e oltre 500 panificatori nei laboratori industriali. Secondo quanto riporta la ricerca Censis, il numero di posti vacanti in Italia è in costante aumento già dal 2016. Fino a quella data, e per un decennio, il numero di posti vacanti era rimasto sotto l’1%, dopodiché è andato continuamente aumentando (a eccezione degli anni della pandemia) e oggi è più che raddoppiato, essendo aumentato del 160%. Siamo così passati dallo 0,9% al 2,4% in 7 anni. Tutto questo vuol dire che, ogni 100 posti di lavoro disponibili, 2,4 non sono assegnati. Se solo si tornasse a sette anni fa (l’1% è fisiologico), ci sarebbe lavoro per circa quattro milioni di persone. Quindi il tema della carenza di lavoratori è un problema di lungo periodo, che riguarda un po’ tutti i settori. La stagionalità pesa, ma relativamente: circa 0,3 punti percentuali sono legati ai picchi di lavoro, gli altri 2/2,1 sono ormai strutturali. Il fenomeno attraversa un po’ tutti i settori. In termini di incremento maggiore in questi sette anni, a parte il settore estrattivo e delle cave, in cui i posti vacanti sono aumentati del 330%, il settore delle costruzioni è in forte affanno: +325%, passando da 0,8 al 3,3 (complici i bonus ristrutturazione) e quello del commercio vero e proprio, +150%. La gestione dei rifiuti +220%, settore che prima conosceva la piena occupabilità, ma che ora cerca lavoratori e non li trova. In termini assoluti, vale a dire quelli che a oggi hanno il maggior numero di posti di lavoro “non assegnati” (ma che magari non partivano da una situazione di piena assegnazione), abbiamo ancora le costruzioni con tre posti vuoti ogni 100, ma il vero spazio inoccupato è nel settore della ristorazione e accoglienza, quasi quattro ogni 100 (3,9%). E incredibilmente anche l’intrattenimento (bagnini, operatori di discoteche, attività con i minori), dove mancano all’appello tre lavoratori ogni 100 chiamate. «Il calo in questione è troppo forte per avere una sola causa e sarebbe troppo facile parlare solo di una cultura del lavoro, specie tra i giovani, poco adattabile. Non bisogna, per esempio, dimenticare l’aspetto demografico – conclude Rosario Rasizza, presidente di Assosomm -. I giovani sono numericamente meno, in 20 anni abbiamo perso 1/3 dei giovani che si affacciano al mercato del lavoro, per cui un lavoro che prima poteva essere offerto a 100 giovani, oggi ha solo 66 potenziali lavoratori».